Mitchell, Lisa e Hunter sono amici da quando le rispettive figlie si sono conosciute il primo giorno di scuola. Passano gli anni, e la fine del liceo è dietro l'angolo. Lisa e Mitchell scoprono per caso, grazie a un computer lasciato acceso, che le ragazze intendono perdere la verginità al ballo di fine anno, e Hunter si unisce a loro per tentare di impedire al trio di compiere una scelta potenzialmente disastrosa. Inizia così una lunga notte a base di inseguimenti, fraintendimenti e umiliazioni...
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Evoluzioni generazionali
Sono passati quasi vent'anni dall'uscita nelle sale americane di American Pie, datato 9 luglio 1999. Il film di Paul Weitz e Chris Weitz, versione più spinta delle commedie liceali che andavano di moda in quel periodo e oggi un po' datato per la sua rappresentazione dei personaggi femminili (difficilmente, nel 2018, verrebbe approvata una battuta come quella del sequel, dove Michelle descrive la sua notte di sesso con Jim nel primo film come una molestia). Per aggiustare il tiro esiste quindi un lungometraggio come Giù le mani dalle nostre figlie, traduzione italiana poco elegante ma inevitabile dell'intraducibile Blockers (preceduto nei credits originali dall'immagine di un gallo per formare la parola cockblockers, letteralmente "bloccacazzi"), esordio dietro la macchina da presa della fortunata sceneggiatrice Kay Cannon (30 Rock, New Girl, Voices). Il film, prodotto da Seth Rogen, inverte la premessa di American Pie: questa volta a fare il patto per perdere la verginità sono tre ragazze anziché un gruppo di ragazzi, e i genitori, invece di rimanere in disparte, sono i veri "eroi" della storia.
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Inevitabilmente viene sottolineata l'ipocrisia di una certa mentalità patriarcale (ma anche genitoriale in generale): i maschi sono liberi di fare quello che vogliono, le femmine no. Un concetto che Cannon esplora con tutte le sfumature del caso, restituendoci un ritratto completo delle due generazioni a confronto ed esibendo una grande empatia nei confronti di tutti, senza scivolare in stereotipi facili. L'esempio emblematico è l'arco narrativo legato a Hunter (Ike Barinholtz), ostracizzato dal gruppo per aver tradito l'ex-moglie e desideroso di mantenere un rapporto vero con la figlia, la quale a sua volta non sa come svelare alle amiche la propria omosessualità. Un passo avanti notevole rispetto a commedie simili di stampo maschile, dove il concetto di un amico gay e/o un genitore fedifrago il più delle volte era oggetto di scherno, spesso con toni neanche velatamente offensivi (vedi le ripetute accuse di omofobia nei confronti dei film di Kevin Smith). C'è una tenerezza di fondo che rimane inscalfibile, anche nei momenti più estremi, merito forse anche della partecipazione di Rogen (precedentemente autore di SuxBad - 3 menti sopra il pelo).
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Famiglia universale
Giù le mani dalle nostre figlie è legato ad American Pie anche per la comune appartenenza alla scuderia Universal, anello di congiunzione tra la maggior parte dei nomi più importanti davanti e dietro la macchina da presa: Kay Cannon è l'autrice di Pitch Perfect, mentre Rogen e Leslie Mann sono veterani del cinema di Judd Apatow, e in un momento di cross-promotion viene tirato in ballo il franchise di Fast & Furious. Ma soprattutto è lo studio hollywoodiano che ha permesso a John Cena di trasformarsi, passando da ruoli action di spessore infimo a una carriera comica di tutto rispetto, prima come comprimario in Un disastro di ragazza e Le sorelle perfette e ora come vero e proprio protagonista, focalizzandosi su un tipo di personaggio non sveglissimo ma comunque ben intenzionato e simpatico, una figura paterna imbranata ma riconoscibile, così come i suoi colleghi, lontani anni luce da qualsiasi luogo comune. In mano a Cannon sono tutti umani, anche negli obbligatori momenti goliardici come una gara di bevute molto insolita (l'alcool va assunto per via rettale) o un inevitabile equivoco a sfondo sessuale (dove, per par condicio, il nudo full frontal è maschile e non femminile).
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Ma sono soprattutto le figlie del titolo italiano a rendere Blockers qualcosa di più di un semplice remake di American Pie con l'inversione dei sessi: personaggi a tutto tondo, ciascuna con una propria personalità ma senza caratteristiche dal contorno macchiettistico, il che è al contempo un pregio e, per la Universal sul piano commerciale, un difetto, poiché difficilmente le avventure di Julie, Kayla e Sam genereranno infiniti sequel e spin-off, come accaduto ai tempi con Jim e i suoi amici. Non c'è bisogno di vederle alle prese con università, matrimonio, figli, crisi di mezz'età e quant'altro, così come non sarà necessario vedere Mitchell, Lisa e Hunter reagire a queste situazioni (difatti l'idea di un seguito è oggetto di una gag autoironica). La storia dei "bloccacazzi" è, in teoria, destinata a rimanere uno spassosissimo unicum, a dimostrazione del fatto che non tutto a Hollywood deve durare in eterno, per quanto sia piacevole trascorrere un'oretta e mezza in compagnia di questi bellissimi personaggi.
Movieplayer.it
4.0/5