Gabriella Pession, un'italiana tra Le tredici rose di Spagna

L'attrice, nata in Florida ma italiana a tutti gli effetti, racconta a Movieplayer.it la sua esperienza sul set spagnolo de 'Le tredici rose', in uscita in Italia il 28 agosto. L'atrocità della storia stimola in lei riflessioni desolanti sulla natura umana, ma non le ruba la speranza. Nei suoi progetti futuri si torna però alla commedia.

"Se l'uomo avesse imparato dai suoi errori non vivremmo in un mondo come quello di oggi", parola di Gabriella Pession. La bella attrice italiana è tra i protagonisti de Le tredici rose, produzione italo-spagnola che racconta il dramma di un gruppo di adolescenti nella Spagna franchista, arrestate con l'accusa di aver aiutato la ribellione, processate e infine condannate a morte senza un reale motivo. Nel nostro paese arriverà il 28 agosto, due anni dopo l'uscita nella sale spagnole, ma non si tratta dell'unico ritardo relativo al film. Come denunciato nella conferenza stampa dello scorso giugno, infatti, per trovare la via del cinema Le tredici rose ha dovuto superare gli ostacoli posti da chi aveva interesse nell'insabbiare la vicenda, nel far cadere nell'oblio l'ennesima atrocità compiuta dall'uomo. Perché gli uomini non sembrano proprio imparare nulla dalla sofferenza consumata in passato e tendono a rimuoverla dalla memoria, come ci conferma Gabriella Pession durante la nostra intervista.

Dopo aver raggiunto la popolarità grazie a fiction di successo quali Orgoglio, Capri e il più recente Lo smemorato di Collegno, l'attrice torna al suo primo amore, il cinema, cimentandosi con un film in spagnolo e in costume, che ci riporta alla fine degli anni Trenta in una Madrid appena uscita dalla Guerra Civile. Una bella sfida per un'attrice desiderosa di imparare e di migliorare, che ha poi avuto l'occasione di girare un altro film in terra iberica, Mejor que nunca, e che vedremo presto in due nuove produzioni italiane che la riconsegneranno alla commedia: Oggi sposi di Luca Lucini e Mannaggia alla miseria che fa ritrovare dieci anni dopo Ferdinando e Carolina la coppia Pession e Sergio Assisi, ancora una volta sotto la direzione di Lina Wertmüller. L'attrice nata in Florida, dove ha vissuto per i primi sette anni d'età per poi trasferirsi in Italia, ci racconta l'esperienza sul set spagnolo e le emozioni che suscitato in lei una storia così dura.

Gabriella Pession, qual è stata la sua prima reazione quando ha letto il copione de Le tredici rose?

Gabriella Pession: Ovviamente rabbia, schifo e incredulità. Vedere ripetersi in maniera ciclica le ingiustizie, gli atti più aberranti che può fare l'essere umano non dà mai pace. E' una storia che mi ha fatto profondamente arrabbiare e mi è piaciuto molto interpretare questo film perché come dicevo prima è stato un modo per poter dar voce a queste ragazze che sono state fucilate. Hanno cercato di insabbiare questa storia per cui sarebbero state dimenticate e in questo senso il cinema ha anche un valore sociale. Attraverso di esso si rende giustizia a tredici bambine uccise in questa maniera.

Com'è riuscita a calarsi in questo ruolo di adolescente innocente?

Gabriella Pession: Mentalmente sento di avere ancora quindici anni e l'età adulta rappresenta tutto quello che non mi piace. Sono innamorata al contrario di quel che riguarda l'infanzia e l'adolescenza. Preferisco sempre avvicinarmi ai toni legati al bambino che ognuno di noi ha dentro, piuttosto che fare una donna matura, stabile. E' un colore che a me piace, non ho fatto nessuna fatica, perché non mi giudico una donna, non so neanche cosa voglia dire.

Quanto l'ha arricchita questa esperienza in termini umani e professionali?

Gabriella Pession: In termini umani mi ha dato tanto, perché ho conosciuto tante persone in Spagna che mi hanno accolta con grande generosità e mi hanno aiutato con la lingua. Ho avuto un gruppo che mi ha supportato molto, non mi sono sentita l'elemento estraneo ad un gruppo. Anzi, mi sono sentita l'elemento di divertimento, perché facevano la gara a chi mi insegnava più parole, sono stata davvero coccolata dalle mie compagne. Dal punto di vista professionale, sicuramente ho imparato una lingua, perché ho vissuto per quattro mesi a Madrid, imparando lo spagnolo. Ho poi girato un altro film in Spagna, una commedia con Victoria Abril, e spero presto di girarne anche un terzo.

Quanto invece le ha tolto in termini di speranza e fiducia nell'uomo questa storia?

Gabriella Pession: Nulla può togliermi la speranza, perché penso che valga la pena per un uomo solo salvare il mondo. Purtroppo, penso che fondamentalmente la natura umana non sia buona. Ci sono aspetti buoni in ognuno di noi e credo che questa sia la cosa che vada salvata e sia il motivo per il quale bisogna continuare a credere nell'operato dell'uomo. Però esistono delle aberrazioni che neanche nel mondo animale sono così cattive. Forse è per questo che l'essere umano è così interessante, perché è una contraddizione vivente, però togliermi speranza mai. Sarei una donna morta!

Nonostante la solarità del suo personaggio, Le tredici rose è un film pieno di lacrime e di dolore. L'uomo non impara proprio mai da tutta questa sofferenza?

Gabriella Pession: Purtroppo no. Penso che la storia dell'umanità e delle azioni dell'uomo sia ciclica. Se l'uomo avesse imparato non vivremmo in un mondo come quello di oggi, pieno di cose atroci che vediamo accadere tutti i giorni. Se pensiamo per esempio a quello che avviene oggi in Iran, mi pare proprio che l'uomo non impari nulla dai suoi errori. Noi andiamo avanti a ricordarlo, ognuno di noi cerca di fare nel suo piccolo qualcosa che serva, ma non riesco a credere in maniera utopica che il mondo diventi tutto buono.

Il cinema rispetto a questa situazione può servire per la diffusione della conoscenza, come memoria, o per sensibilizzare?

Gabriella Pession: Penso che il cinema serva a ricordare, a raccontare a chi verrà quello che è stato il nostro passato e anche a sensibilizzare. Il cinema è un'arma potentissima di comunicazione, perché ha la recitazione, gli attori, i colori, le immagini, la musica, il montaggio. E' una forma d'arte completa. Il cinema ha una funzione anche educativa, di spinta di ideali, di sogni. Delle volte si esce dal cinema e si ha il cuore più aperto, ci si sente anche più buoni, mentre altre si è più arrabbiati. Deve comunque stimolare, deve suscitare qualcosa. Se si esce dal cinema come quando si entrati è inutile andarci.

Quale delle altre 'dodici rose' l'ha colpita particolarmente?

Gabriella Pession: A me è piaciuto molto il ruolo di Carmen, la ragazzina più piccola che poi alla fine è l'unica che sopravvive. Trovo inoltre che Nadia de Santiago, che la interpreta, sia un'attrice di grande forza pur avendo solo quattordici anni. Mi è piaciuto poi il personaggio di Blanca, interpretato da Pilar López de Ayala.

Lei ha cominciato la sua carriera col cinema, poi è diventata molto popolare grazie alla fiction, e ora torna sul grande schermo con una co-produzione europea. Che differenze ci sono in questi diversi ambiti?

Gabriella Pession: Le differenze sono nel modo in cui viene preparato un film. Nel cinema si ha più tempo, c'è un budget mediamente più alto rispetto a un prodotto televisivo, per cui c'è più cura per alcune cose: più tempo per studiare, meno scene da girare durante una giornata. Altra differenza è l'interesse da parte della stampa che spesso denigra la televisione, la relega in un posto di serie B. Io metto la stessa passione, energia, professionalità e amore nel cinema, nel teatro e nella televisione.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Gabriella Pession: Il 20 ottobre uscirà un film che ho girato per Cattleya, con la regia di Luca Lucini, col quale torno a lavorare per la seconda volta dopo L'uomo perfetto. Si intitola Oggi sposi ed è una commedia nella quale interpreto un ruolo totalmente differente da me, probabilmente quello che mi ha divertito di più in assoluto tra quelli che ho fatto nella mia carrierra. E' un po' un azzardo nel cinema italiano perché è una vera commedia. Uscirà presto anche Mannaggia alla miseria, un film che ho girato con Lina Wertmüller insieme a Sergio Assisi e Tommaso Ramenghi. E' una commedia prodotta da Titania insieme a RaiFiction e RaiCinema e racconta la storia di tre studenti di economia e commercio che in un viaggio scoprono l'innovazione di Yunus e cercano di applicare il suo sistema di microcredito a Napoli.