Frankenstein di Guillermo del Toro: le differenze con la creatura immortale nata dalla penna di Mary Shelley

Abbiamo cercato di individuare le differenze principali tra il romanzo di Mary Shelley e il Frankenstein di Guillermo del Toro, adattamento più che riuscito presentato alla Mostra del Cinema di Venezia.

Una scena del film

Guillermo del Toro ha sempre dimostrato di amare alla follia i mostri del cinema e della letteratura. "I believe in monsters" aveva infatti orgogliosamente dichiarato quando a Venezia The Shape of Water - La forma dell'acqua vinceva il leone d'oro con un plebiscito di critica. Quelli che poi, spesso etichettiamo come mostri nelle storie altro non sono che anime in pena, mezzi narrativi per raccontare i frutti delle miserie umane ed è esattamente quello che fa anche Mary Shelley in un romanzo nato per gioco e che si è rivelato caposaldo della letteratura gotica poiché ricco di significato. Frankenstein è un gioiello di valore inestimabile, e ancora oggi, seppur con alcune limitazioni, contemporaneo, in grado di scuotere le coscienze fin nel profondo. Non ci siamo stupiti, infatti, quando del Toro ne ha annunciato il suo adattamento, anzi lo avevamo profondamente sperato ritenendo l'estetica e lo stile del cineasta messicano perfetto per questo tipo di storia.

Frankenstein Oscar Isaac
Oscar Isaac interpreta Victor Frankenstein

Abbiamo fatto bene a desiderarlo: del Toro non ci ha deluso, anzi ha rielaborato il romanzo per renderlo adatto al suo cinema e alle tematiche a lui care, senza snaturarne lo spirito ma piuttosto trasformandolo in una creatura ibrida con un'anima oscura e allo stesso tempo cristallina. Ci siamo quindi divertiti a cercare le differenze tra l'opera letteraria e quella cinematografica, cercando di comprendere le motivazioni dietro ad ogni cambiamento. Attenzione però, se siete avversi agli spoiler sappiate che questo articolo per necessità ne contiene, non ovviamente sul romanzo, che ormai è ben noto a tutti, ma sulle scelte divergenti operate nel film prodotto da Netflix.

La figura del padre padrone

Prima grande differenza che salta agli occhi di chi guarda il Frankenstein di del Toro riguarda la figura del padre. Il concetto di paternità che nell'opera letteraria risultava più marginale qui assume assoluta importanza. Victor rimane da giovanissimo con un solo genitore: suo padre, un'uomo austero e materialista gestisce i rapporti familiari con autorità e violenza e questo forma profondamente il Frankenstein cinematografico che introietta quella violenza perpetrando l'ideale malato e distorto di autorità paterna.

Frankenstein Charles Dance Christian Convery
Il barone Frankenstein e suo figlio

Al contrario nel libro questo non accade, la figura del padre è più morbida e affettuosa, un uomo sì di altri tempi (dopotutto siamo nel Diciannovesimo secolo) ma più affettuoso e partecipe della vita del figlio, pronto ad intervenire qualora lui ne avesse bisogno. Tra le pagine la madre di Victor muore per malattia e suo padre, più anziano, si prende effettivamente cura della prole rimanendo una figura importante ma comunque marginale nello sviluppo emotivo del figlio.

Il rapporto con la creatura

Frankenstein Jacob Elordi
La creatura prende vita

L'archetipo del padre padrone è servito però a Del Toro per approfondire in modo differente e più cinematografico il ruolo tra Victor e la sua creatura. Nel romanzo l'uomo di scienza si rende subito conto della follia del suo gesto e, quando la creatura si avvicina al suo letto, ne ha subito paura e rifiuto fuggendo per le vie di Ingolstadt in preda un terrore dal quale non si riprenderà mai.

Nel film la reazione del personaggio è completamente diversa: Frankenstein non ha immediato timore di ciò a cui ha infuso la vita ma piuttosto la tratta come un esperimento: la incatena, studia i suoi comportamenti e cerca di porre fine a tutto quando comprende di non poter gestire più la sua impresa. Nel lungometraggio di del Toro Victor è uno scienziato che si è perso nell'inseguire un risultato, preso da quell'ossessione che lo accomuna al suo omonimo cartaceo ma che gestisce spinto da quella violenza appresa da quel padre che non riesce ad amare ciò che ha generato.

La questione religiosa

Frankenstein Oscar Isaac Scena
Una scena di Frankenstein

Per dare forse maggiore enfasi alla questione etica, tratteggiando con maggiore incisività le ossessione di Victor Frankenstein, nel film Netflix si è scelto di rendere lo scienziato in qualche modo devoto ad un'entità angelica, una figura di per sé inquietante che lui prega costantemente dall'infanzia fino all'età adulta. Un dialogo con un divino dal quale cerca protezione o accettazione, un modo per tacitare quella coscienza che, in altro modo avrebbe fatto troppo rumore ma che poi si rivela un angelo della morte che lo perseguita nei sogni. Una trovata interessante visto che nulla di tutto ciò è menzionato nel romanzo ma che aiuta a dare a Victor Frankenstein i connotati della follia di una mente che vacilla, che su carde cade preda dei propri nervi e che qui cede ad una violenza che prova goffamente a giustificare.

L'antimilitarismo di Del Toro

Altro importante cambiamento è stata poi l'introduzione del personaggio interpretato da Christoph Waltz. Il Dottor Pretorius, anch'egli assente nell'opera originale, incarna l'orrore della guerra, la brama di potere, l'illusione di una vita eterna e un'ambizione che consuma e manda a morire centinaia di persone, carne da macello, corpi da sacrificare sull'altare dell'interesse.

Frankenstein Christophe Waltz
Il personaggio di Christoph Waltz

La creatura finisce così per essere il frutto di quella morte e di quei crimini, non più quindi solo l'orrore nato dall'ossessione di un singolo uomo ma dalla brama di uomini di potere che sognano un eterno guadagno attraverso lo sfruttamento di un eterno conflitto. Un elemento importante che rende questo adattamento profondamente intriso del cinema di del Toro e del suo convinto antimilitarismo, precedentemente espresso con forza ed efficacia nel suo film animato di Pinocchio, così come ne Il labirinto del Fauno e in tante altre sue opere significative .

Elizabeth, un personaggio più moderno

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Mia Goth nei panni di Elizabeth

A cambiare è anche il personaggio di Elizabeth qui interpretato da una sognante Mia Goth. Quella che nel romanzo è cugina e promessa sposa di Victor, angelo del focolare, essere delicato e sensibile, qui è la nipote Dottor Pretorius. Da donna desiderata diviene donna che desidera, un groviglio di sogni e malinconie che nascono dalla sua condizione femminile. Se nelle pagine del libro accudiva l'intera famiglia con amorevole istinto materno qui si interessa alle scienze, all'etica e alla politica, esprimendo, per quanto possibile, le sue opinioni anche se impopolari. Conosce la creatura e prova sincero affetto per lei, due anime che non riescono ad essere accettate per ciò che sono veramente e che quindi, in qualche modo simili, si vedono negare la vita che vorrebbero.

L'amore per il mostro

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Una struggente scena del film

Al netto di questi e dei tanti altri piccoli e grandi cambiamenti apportati alla storia originale per renderla più cinematografica e adatta al suo cinema, Guillermo del Toro sembra avere sempre un solo obiettivo: quello di ribadire il suo amore per quel mostruoso che tale non è. A fare il mostro non un aspetto non conforme o grottesco ma bensì sono gli intenti a renderci tali. Tutti i personaggi su schermo in un modo o nell'altro dichiarano i loro intenti, si mostrano prima o poi per ciò che sono, guardando le conseguenze devastanti e dolorose delle proprie azioni. Nel poster promozionale la frase "Solo i mostri giocano a fare Dio" riassume alla fine tutti gli intenti del Frankenstein di Del Toro. Il regista vuole che lo spettatore si interroghi costantemente su chi sia il più riprovevole e la risposta è tutt'altro che scontata.