Francesca Inaudi risponde al primo squillo. Mezz'ora al telefono, parlando con lei di cinema, certo, ma anche e soprattutto di attualità. Alla fine, ci salutiamo ringraziandoci a vicenda: l'attrice apprezza le nostre domande, e noi abbiamo apprezzato le sue risposte. Una volta tanto, come si dice, risposte fuori dai denti. Non è scontato, soprattutto oggi. "Vogliono in qualche modo sterilizzarci umanamente", ci dice, a proposito di quanto sia ormai radicata la tendenza del pensiero unico.

Del resto l'occasione è ricca di spunti: Francesca Inaudi è protagonista di Eyes Everywhere, un interessante film ibrido (tra documentario e finzione, in sala dal 17 marzo) diretto da Simona Calo e incentrato su alcuni temi di impellente contemporaneità (le nuove tecnologie, il rapporto della società rispetto alle innovazioni digitali, nonché le minacce provenienti dall'intelligenza artificiale), ed è anche nel cast di Sconfort Zone, serie Prime Video ideata e interpretata da un Maccio Capatonda mai così intimo, smarrito e profondo.
Francesca Inaudi: la nostra intervista
Eyes Everywhere ci porta a riflettere sui cambiamenti in atto. Però oggi non abbiamo tempo per pensare, per questo ci sentiamo cosi smarriti?
Non so se questa risposta esula la domanda, ma la società va sempre più verso il subire e il reagire, e non verso l'agire. La tecnologia, ma penso banalmente anche alla consegna a domicilio, alimenta una forma di passività nella quale ci adagiamo. Sembra semplifichi la vita, e invece ci blocca nelle nostre scelte. Stupidamente, a scuola quando facevi le ricerche dovevi valutare cosa scrivere, sviluppando il senso critico. Oggi la tecnologia ti toglie la possibilità di scegliere. Non sono contraria, ma devono essere solo uno strumento di accompagnamento.

Siamo troppo distratti?
Abbiamo un'attenzione limitata, è vero. Pensa, ho comprato la televisione da poco. Con mio figlio guardiamo i film insieme, poi però ne parliamo, ci ragioniamo. Il punto è: consumiamo tutto alla stessa velocità, ci aspettiamo di essere intrattenuti al cinema con grandi effetti, poi a ben guardare i film che colpiscono sono quelli capaci di toccare l'anima di una persona. Penso che a diseducarci siamo stati noi per primi, facendo troppe cose insieme. In questo l'AI è più intelligente di noi: svolge un solo compito alla volta...
Come si fa a stare dietro a tutto?
Uno soccombe davanti a tutto questo... Penso ai follower... io sono solo un'interprete, di qualcosa che hanno scritto gli altri. Voglio fare questo, non voglio promuovermi, voglio fare il mio lavoro e farlo bene. Se questo diventa secondario, che senso ha? Il nostro lavoro esiste da Secoli: aiutiamo le persone a processare le emozioni, altrimenti restano intrappolate nella testa. Attraverso la visione bisogna avere il tempo per processare le sensazioni. Oggi ci nutriamo senza cura delle cose, una sovrabbondanza di stimoli, e difficilmente ci chiediamo il perché delle cose.
Uscire dalla zona di confort

Questo mi fa pensare alla serie di Maccio, che si ritrova senza ispirazione. Dovremmo uscire anche noi dalle zone di confort?
Siamo noi, in quanto individui, a poter cambiare le cose. Marcello Macchia è una persona estremamente profonda, e per questo è stato un dono scoprire la sua intelligenza, la sua stratificazione comica, avendo all'inizio una considerazione superficiale della sua comicità. Però dico: la rivoluzione parte internamente da noi. Viviamo in una società che ci priva di elaborare il concetto di umanità.
Ovvero?
Vogliamo sterilizzarci rispetto alle emozioni che proviamo, e anche rispetto alla nostra fisiologia. Le donne sono sempre più finte, così come gli uomini. Andiamo verso la macchina, e mi chiedo: dov'è l'umanità? La sconfort zone è guardarsi dentro, il corpo non può trattenere il nostro malessere. Domani la merce più rara sarà l'autenticità delle persone. E chi rimane autentico sarà visto come una minaccia.
Eyes Everywhere ragiona su quanto il nostro benessere sia la somma di diversi fattori. Lavoro, ambiente, cultura. Peccato che oggi siano assenti...
Nella società Occidentale non c'è nulla di tutto questo. Mio zio ha lavorato in Cina per anni, prima di andarsene... Mi raccontava di quanto lì avessero cura di tutto. Anche i giapponesi. In Asia hanno una certa lungimiranza, integrano natura e uomo, al netto delle forti zone d'ombra dovute agli abusi industriali. E noi su questo ci facciamo fregare.
In che modo?
Ti faccio un esempio: ero al parco con mio figlio, abbiamo intrattenuto gli altri avendo portato solo un aquilone. Una roba semplicissima. Tante volte ci complichiamo la vita inutilmente. Le cose non colmano il buco, perché il buco è interno: il potere lo abbiamo noi, non le nostre cose. Non è l'iPhone a renderci potenti.
Alla ricerca dell'umanità perduta
Il documentario tra l'altro mette sul tavolo il tema della fiducia verso le Istituzioni.
L'istituzione ha un unico compito: controllare. Detta le regole, l'istituzione è un limite. Noi siamo illimitati invece. E questo è il più grande dono della società americana: il sogno americano non è il diventare miliardario, ma il concetto di libertà interna. Se hai un'idea puoi trovare il modo di realizzarlo. Adesso però ci sono tante istituzioni, dall'Impero alla Religione, dandoci dei confini.
Come potremmo tornare ad una dimensione più umana?
Sai, qualche sera fa vedevo Hook con mio figlio. L'immaginazione è tutto, crescendo perdi consapevolezza di poter creare qualsiasi cosa. Chi se ne va dall'Italia, è perché non riesce più ad immaginare.
Francesca, un'ultima cosa: che rapporto ha con l'intelligenza artificiale?
L'AI pagherà nella quotidianità, ma anche nel mio lavoro. Però l'autenticità è la moneta più preziosa, anche perché le monete cambieranno. Quello che arriva da Hollywood ha sempre una componente di verità. Poi potranno sostituire me, ma non sostituiranno il gusto delle persone. C'è chi sostiene che entro il 2030 ci saranno gli ultimi umani, poi ci sarà un ibrido... guarda Musk cosa fa, tra chip e cose varie. Uso ChatGPT, lo ammetto, velocizza la società, mi aiuta, ma non ha mai l'ultima parola.