Senza un attimo di fiato, dritto al centro dell'azione. Gabriele Muccino, con Fino alla fine (ispirato liberamente all'ottimo Victoria, del 2015), dirige quello che potremmo definire il suo primo film d'azione. Una dimostrazione pratica della sua visione registica, capace in fase di sceneggiatura di ribaltare il sintomo principale delle sue opere: la famiglia. Al centro, una famiglia per così dire... Casuale. La protagonista, infatti, è Sophie (Elena Kampouris), che arrivata a Palermo per una veloce vacanza, conosce Giulio (Saul Nanni) e i suoi amici (Lorenzo Richelmy, Enrico Inserra, Francesco Garilli), venendo trascinata in una notte dai risvolti decisamente movimentati. Per lei, sarà una sorte di liberazione.
Fino alla fine: intervista a Saul Nanni, Lorenzo Richelmy ed Elena Kampouris
Fino alla fine, arrivato al cinema dopo l'anteprima alla Festa del Cinema di Roma, per Saul Nanni è effettivamente un film che parla di libertà. "Sì, è un film sulla ibertà delle scelte, e sulle conseguenze che ne derivano", ci spiega l'attore, durante la nostra intervista. Insieme a lui, proprio Lorenzo Richelmy ed Elena Kampouris.
Per Richelmy, "Qui parliamo di scelte, e della libertà di fare scelte che però le persone si negano. Abbiamo sempre la libertà di scelta". Continua invece l'attrice americana "Il mio personaggio ha sofferto tanto, e ora vuole vivere senza inibizione, volendo recuperare il tempo perduto. Si realizzano conseguenze tragiche a causa di questa liberazione tardiva".
Gabriele Muccino, l'intervista: "Fino alla fine, il mio action tra libertà e caos"
L'improvvisazione sul set
Ritmo forsennato per Fino alla fine, con una domanda: gli attori, quanto sono stati liberi di improvvisare? Il primo a rispondere è Lorenzo Richelmy, "C'è grande differenza tra i set italiani e quelli internazionali. Nei set italiani è tutto già pronto, il set, la luce, tutto impostato. Sui set internazionali gli attori prima provano, poi si illumina la scena. Muccino ha fatto una crasi tra queste due gestioni. Prima di girare abbiamo fatto due settimane di prove a Palermo. Muccino è un regista forte, pochi sono così. L'improvvisazione, nonostante la sceneggiatura fosse solida, c'era. Mi sono sentito libero di improvvisare. L'improvvisazione, per un attore, è necessaria per volare".
Saul Nanni, invece, spiega che: "Ci sono state delle improvvisazioni all'interno di uno schema che ben conoscevamo, avendo poi girato il film sia in inglese che in italiano. Muccino, il film nella sua testa, l'aveva già fatto e visto. Per questo abbiamo seguito la sceneggiatura".
La famiglia secondo Muccino
Se il tema della famiglia è, da sempre, centrale nel cinema di Gabriele Muccino, in Fino alla fine il paradigma cambia, pur mantenendo la tipica identità del regista: "Un nucleo diverso da una famiglia, ma figli di una situazione pregressa", ci dice Saul Nanni. "Ognuno ha una storia, che respiriamo nel film. Un modo diverso di raccontare la famiglia". Per Richelmy è essenziale la cornice, che lega il gruppo protagonista: "Nel film c'è una famiglia putativa, una famiglia di amici, quelli che ti scegli. Anche una famiglia figlia del caso, con una Palermo protagonista, sia di giorno che di notte. Un nucleo famigliare aperto che aggiunge un'americana, aliena, capace di rivoluzionare il gruppo dall'interno. Muccino parla di amore, e anche Fino alla fine parla di amore, pur con mezzi diversi, poco sperimentati dal regista". Chiude Elena Kampouris, tracciando un parallelo: "Siamo la manifestazione dei sogni infranti, in qualche modo simbolo di un futuro nuovo".