La conferenza stampa del nuovo film di Ficarra e Picone si è aperta con l'apparizione a sorpresa di un pimpante Pippo Baudo, giunto al cinema Adriano per vedere l'opera dei conterranei e porgere un veloce saluto a tutti i presenti, prima di correre via verso altri impegni. La matassa, oltre alla benedizione del Pippo nazionale, ha peraltro incassato il gradimento di gran parte dei giornalisti ivi convenuti, segnalandosi come una delle commediole più riuscite della stagione cinematografica in corso.
Il clima disteso subito creatosi tra stampa ed autori ha senz'altro facilitato il confronto, in cui sono stati man mano coinvolti il co-regista del film, Giambattista Avellino, lo sceneggiatore Francesco Bruni e parte del cast.
Come nasce l'idea di un film che ci ha sorpreso per la freschezza delle trovate, tra tutte la scena dei "pizzini"?
Salvatore Ficarra: Grazie per aver apprezzato, quanto a La matassa nasce da una constatazione: in Nati stanchi eravamo amici per la pelle, mentre nel film successivo, Il 7 e l'8, eravamo due sconosciuti legati da uno scambio di culle alla nascita. Perché non provare ora ad essere parenti?
Così è uscita fuori la storia dei due cugini, costretti inizialmente a tenere le distanze per l'inimicizia sorta molto tempo prima tra i rispettivi genitori. Abbiamo poi scoperto che questa vicenda, simile a tante dispute famigliari, faceva breccia facilmente presso la gente che collabora con noi o con cui abbiamo contatti, sembra quasi che siano le liti in famiglia ad unire gli italiani!
Come si lega la comicità di Ficarra e Picone, fondata anche sull'improvvisazione, con sceneggiature che specialmente in questo caso hanno una struttura solida, non così distante dalla miglior tradizione della commedia all'italiana?
Francesco Bruni: Io che con loro due, col regista Giambattista Avellino e con l'assente Fabrizio Testini sono autore della sceneggiatura, posso dire semplicemente questo, che al secondo film realizzato insieme ha trovato conferma la volontà degli amici Ficarra e Picone di lavorare in sintonia con altri professionisti, così da avere una sceneggiatura forte. Poi è naturale che loro abbiano il più possibile mano libera sui dialoghi, ma è anche vero che entrambi non vogliono un collage di gag, cercano semmai di lavorare su un racconto dall'impianto solido.
Giambattista Avellino: Verissimo, si cerca proprio di coniugare l'improvvisazione con la struttura, ma stavolta abbiamo voluto regalare anche qualche emozione in più allo spettatore, spingendo attraverso scene di una intensità verso la commozione.
Pino Caruso: Come attore che ha lavorato spesso con loro, anzi, come "persona informata sui fatti" volendo dare un tono al mio ruolo di testimone diretto, posso solo confermare che Ficarra e Picone meditano a lungo su come impostare le singole scene, favorendo un dialogo proficuo e creativo con gli altri interpreti.
In più sembra che Ficarra e Picone stiano lanciando tanti caratteristi siciliani nuovi. Come vengono scoperti personaggi come Giuseppe Butera, il divertentissimo "pizza boy" che appare verso la fine?
Salvatore Ficarra: Tu che hai fatto la domanda sei per caso parente di Giuseppe Butera? In realtà, battute a parte, noi possiamo solamente ringraziare lui e gli altri attori che hanno collaborato con noi, perché da loro è arrivato un contributo essenziale, associato a grandissimo impegno.
Di recente Marco Amenta, regista de La siciliana ribelle, ha messo in guardia da una rappresentazione troppo soffice della mafia e dei suoi esponenti. Voi cosa pensate a riguardo?
Valentino Picone: Qui si tocca un argomento delicato, noi come comici abbiamo sempre preso in giro noi stessi, i potenti, la politica. In uno dei film precedenti, per esempio, ci siamo inventati un partito come Forza Noi, che arrivava a promettere neve per tutti in Sicilia, aggiungendo che appena si fosse sciolta, in primavera, si sarebbe risolto pure il problema della siccità!
In realtà qualsiasi fenomeno sociale, compresa la mafia, può essere affrontato con l'ausilio dell'ironia, tant'è che in questo caso abbiamo preso di mira rivolti molto attuali come la storia dei "pizzini", uscita fuori in tempi recenti.
Salvatore Ficarra: In più vorrei dire che le pur condivisibili dichiarazioni di Amenta erano riferite principalmente ad altri contesti cinematografici, di natura drammatica, se si inserissero forzatamente certi discorsi in un film comico si rischierebbe una certa retorica.
E cosa ne pensa Claudio Gioè, che di film drammatici sulla mafia ne ha interpretati diversi?
Claudio Gioè: Oh, sono perfettamente d'accordo, per me l'ironia è uno strumento utile per afferrare qualsiasi problema, quindi anche la mafia.
Essendo il vostro film una commedia sulle liti famigliari, viene da chiedersi se sul set abbiate litigato o no, magari su come girare determinate scene.
Salvatore Ficarra: Senza dubbio! Giambattista, fai vedere le cicatrici, anche quella della coltellata...
Valentino Picone: No, piuttosto facciamo rispondere Giambattista Avellino su come abbiamo risolto situazioni complicate, come la sequenza in cui c'è la piazzetta con le tre chiese e diverse cerimonie in corso.
Giambattista Avellino: Che dire, in realtà pur avendo tre temperamenti diversi lavoriamo benissimo, c'è Valentino che è più pacato, Salvatore che tende invece a scadarsi, io col mio carattere, ma alla fine c'è sempre un clima divertente sul set. Non ci siamo riempiti di botte, insomma... almeno in pubblico!
Salvatore Ficarra: Può succedere, come nella già citata scena delle tre chiese, che ognuno abbia la sua visione, che dalle tre idee ne escano fuori a cascata un'ottantina, ma poi ci aiuta il nostro bravissimo montatore, Claudio Di Mauro, a mettere ordine.
Giambattista Avellino: Certo, è così che riesco sempre a far credere a Salvatore e Valentino che in montaggio abbiamo scelto una delle loro versioni! Scherzo, la verità è che siamo tutti e tre molto passionali, combattivi, ma sappiamo anche confrontarci apertamente, senza alleanze precostituite, e alla soluzione dei problemi si arriva con una certa facilità perché la partitura del film risulta, persino a livello di scrittura visiva, molto rigida.
Salvatore Ficarra: E poi da noi si dice che il culo aiuta chi c'ha la fortuna, non ce lo dimentichiamo!
Pino Caruso: Tornando invece al discorso sull'improvvisazione cui si accennava poco fa, io credo che si faccia spesso in Italia l'errore di confonderla con la cialtronaggine, con l'andare allo sbaraglio, mentre quella che caratterizza i grandi come Totò è tutta un'altra cosa. Anche in Ficarra e Picone vi è una cura maniacale di ogni dettaglio, sicché la spontaneità che traspare poi sul grande schermo non è frutto di ciò che si intende da noi per improvvisazione, ma di un'attenzione meticolosa per ogni movimento o battuta.
E quali sono i vostri modelli cinematografici?
Valentino Picone: Come abbiamo dichiarato più volte amiamo Chaplin, Stanlio e Ollio, Totò e Peppino, non dimentichiamoci poi di Peter Sellers, ma in fondo sono tanti gli autori con cui è piacevole confrontarsi.
Giambattista Avellino: Senza dimenticare però che i due ragionano molto di pancia, perciò al di là dei possibili modelli contano molto le intuizioni del momento, nel loro fare cinema.
C'è stata inoltre una maturazione che ci ha spinto, ne La matassa, ad osare cose come il piano sequenza finale, dove abbiamo cercato di mescolare il piano della comicità con temi di maggior spessore, legati al trascorrere del tempo, alla famiglia e alle sue dinamiche interne, come anche alla sicilianità.
Ficarra e Picone, vi sentite cambiati dopo il successo che avete avuto al cinema e sul piccolo schermo con Striscia?
Valentino Picone: Beh, è andata a finire che mi sono dovuto comprare una giacca nuova, per poter fare le foto stamattina senza rischiare brutte figure!
Salvatore Ficarra: A me è andata meglio, la giacca me l'hanno regalata, ma soprattutto c'è l'amministratore di condominio che se ora mi incontra sulle scale mi riconosce, il problema è che vuole anche i biglietti omaggio per il cinema!