Presentato nella sezione Giornate degli Autori alla 73esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Indivisibili ha fatto parlare di sé in questi giorni perché considerato da molti ingiustamente escluso dal concorso del Festival di Venezia prima, e dalla corsa agli Oscar poi, soprattutto perché Paolo Sorrentino lo ha sostenuto a spada tratta, affermando che il film fosse la scelta giusta per rappresentare l'Italia per l'Academy Award al Miglior Film Straniero, preferendolo al vincitore, Fuocoammare di Francesco Rosi. Passato tutto il rumore di fondo, Indivisibili è effettivamente una pellicola preziosa: l'opera terza di Edoardo De Angelis è un racconto che gioca col genere e allo stesso tempo lo mette da parte, per concentrarsi soprattutto sulle sue splendide protagoniste, le gemelle siamesi Daisy e Viola, trattate come freak dal mondo esterno ma adolescenti piene di sogni come qualsiasi loro coetanea.
In difesa dei valori di purezza e bellezza interiore
"Daisy e Viola sono due, ma sono come due aspetti di una stessa identità" ci ha detto De Angelis a Roma, all'anteprima stampa del film, nelle sale italiane dal 29 settembre, continuando: "I loro sforzi sono indirizzati proprio a conquistare la propria identità. Le gemelle sono un simbolo di purezza e bellezza, soprattutto interiore, valori mortificati, perché chi sta attorno a queste ragazze pretende di usarle soltanto per il loro aspetto più evidente, la loro menomazione, le usa come fenomeni da baraccone. Non è una cosa nuova: il Circo Barnum dell'800 non era tanto diverso dai reality show di oggi, dove molto spesso i difetti di una persona vengono messi in mostra a dispetto della sua identità. Queste due ragazze mi piacciono, perché scappano dal reality, vogliono eclissarsi, vogliono essere normali: e io faccio il tifo per loro. Non so se questo desiderio di soffocare questa punta valoriale così eccellente sia soltanto un effetto del nostro tempo: ritengo che sia un aspetto che appartiene a ogni epoca, così come il loro desiderio di libertà e ribellione. Quindi oggi, come sempre, faccio il tifo per loro".
Il futuro del cinema di genere italiano
L'idea del film è stata suggerita a De Angelis da Nicola Guaglianone, già sceneggiatore di Lo chiamavano Jeeg Robot, il film rivelazione della stagione appena passata, facendo di Indivisibili un nuovo brillante tassello nella ricostruzione del cinema di genere italiano: "A me del genere non me ne frega niente, nel senso che non mi sta particolarmente a cuore la sorte del cinema di genere. Al tempo stesso il genere mi sta molto a cuore: i generi sono una cassetta degli attrezzi preziosissima, dalla quale attingere ogni volta" ci ha detto il regista, proseguendo: "Ma non possono rappresentare una gabbia per il racconto e per le storie. Mi interessa molto di più il futuro del cinema italiano: il cinema deve riaffermare la sua importanza, il suo valore di testimonianza. Testimonianza di un'epoca, delle sue contraddizioni, e, in questo momento, anche di un desiderio di ricostruzione di un sistema morale. Il cinema può fare questo, può ritornare ad avere una valenza politica: ci sono voci molto interessanti in questo momento, interessanti, variegate e libere. È un momento in cui anche i distributori cominciano a capire che è importante puntare sulla libertà degli autori, perché è questo - al di là di discorsi poco interessanti di solipsismo di alcuni - è un discorso che mira a incontrare maggiormente il pubblico. Gli autori che si assumono la responsabilità di parlare non a se stessi ma agli altri sono quelli che possono elevare questo discorso: a noi non basta più fare film, vogliamo fare una cinematografia. Perché questo avvenga c'è bisogno di voci libere e coraggiose".