È stata la mano di Dio è la storia del diciassettenne Fabietto Schietta, un adolescente alla ricerca del proprio posto nel mondo circondato dall'amore di una famiglia presente e piena di vita. Ma è anche uno spaccato del vissuto del regista Paolo Sorrentino che in questo film, per la prima volta, porta sullo schermo un momento estremamente drammatico della sua vita, raccontando quegli anni, come li ricorda e come li ha sentiti. A fare da sfondo alla narrazione, la Napoli ricca di contrasti della metà degli anni '80 e l'entusiasmo generale per l'approdo di Maradona al club partenopeo.
Il momento giusto
"A un certo punto si fanno dei bilanci." Una frase che racchiude tutto il senso dietro alla scelta di Paolo Sorrentino di portare sullo schermo un film così privato che racconta, seppure con una buona dose di finzione, un momento tanto drammatico della sua adolescenza. "Mi sono reso conto che c'era stata una grande parte d'amore nella mia vita da ragazzo ma anche una parte molto dolorosa, e ho pensato che questa potesse essere declinata in forma cinematografica. L'ho fatto adesso perché ho l'età giusta per farlo, penso di essere abbastanza maturo per affrontare un film personale". Toni Servillo, che nel film interpreta il padre, ha ricordato durante la conferenza stampa del film: "Nel corso della nostra lunga e felice collaborazione, è capitato che Paolo dicesse che prima o poi avrebbe raccontato questo momento drammatico della sua vita, dicendo che io avrei interpretato suo padre. È emozionante ricevere una proposta per un ruolo del genere."
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Un film diverso e coraggioso
È stata la mano di Dio è sicuramente un lavoro profondamente diverso da quelli a cui ci ha abituato il regista nel corso della sua carriera, "un film semplice ed essenziale dove si cerca di fare a meno di tutto per far parlare i sentimenti". Ma anche un film che dimostra un grande coraggio nel modo in cui rivela uno spaccato di vita così intimo e doloroso. "La verità è che il coraggio è stato più nello scrivere il film che nel farlo" ha detto Sorrentino rispondendo alle domande durante la conferenza stampa. "Le mie paure sono quasi del tutto svanite nella quotidianità", quando la scelta delle inquadrature e delle luci prendeva il sopravvento sui sentimenti che riaffioravano. "Solita determinazione, preparazione e lucidità" è il modo in cui, infatti, Toni Servillo ha descritto il lavoro del regista durante le riprese del film.
Tra finzione e realtà
Nonostante il carattere così personale del suo ultimo lavoro, Paolo Sorrentino ci tiene a mantenere un certo riserbo sul confine tra la verità dei fatti e la finzione cinematografica. Ugualmente, non ha voluto condizionare gli attori del film nella costruzione dei loro personaggi. "Paolo non ci ha mai chiesto di essere esattamente ciò che era conservato nella sua memoria" ha detto Toni Servillo. Allo stesso modo, il giovane protagonista Filippo Scotti ha affermato che la sua preparazione è stata più "passare le mie serate a Napoli, guardando dei film che sarebbero potuti piacere a Fabietto, ascoltando musica e andando alla ricerca di quella malinconia che solo l'estate riesce a trasmettere". Per rispettare la privacy del regista, Luisa Ranieri non ha mai chiesto a Sorrentino se la zia da lei interpretata fosse un personaggio reale: "quando ho letto la sceneggiatura mi sono resa conto che del personaggio di Patrizia c'era già tutto ciò che dovevo sapere". E Maradona? Che ruolo ha in questo film? Il titolo è ovviamente un omaggio al soprannome Mano de Dios che il calciatore si guadagnò durante i quarti di finale dei mondiali del 1986 in Messico, segnando di mano. "È una bellissima frase, paradossale perché detta da un giocatore di calcio... mi sembrava una bellissima metafora, un titolo che è in relazione al caso o a chi crede all'esistenza di potere soprannaturali. Io credo in un potere semi divino di Maradona". Peccato solo che El Pibe de Oro non potrà mai vedere il film.
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