Recensione Salvatore - Questa è la vita (2006)

Col suo continuo ricordarci che un bambino dovrebbe avere sempre il diritto di andare a scuola, Salvatore sembra più uno spot-fiume del Ministero dell'Istruzione che una favola educativa con morale importante.

E' davvero questa la vita?

La Buena Vista produce e distribuisce il suo primo film tutto italiano, scegliendo di affidarlo a Gian Paolo Cugno, un regista/sceneggiatore esordiente, per impacchettare, nel modo più anonimo ed edulcorato possibile, una pallida storia di perdita e di rivincita dal sapore tipicamente meridionale, con il sole, il mare e il dialetto che dà calore, e con l'etichetta-cassaforte "ispirato a una storia vera" che racimola sempre qualche spettatore e un paio di lacrime in più. Ne viene fuori un film, nello stile Disney più buonista e superato, per famiglie che hanno bisogno di crogiolarsi nell'invincibilità dei buoni sentimenti e di convincere i più piccoli che, in fondo, anche tra mille difficoltà, tutto è destinato ad andar bene. Salvatore - Questa è la vita è la storia di un piccolo ometto siciliano, orfano dei genitori e con nonna brontolona, sorellina zuccherosa e un milione di responsabilità da grandi sulle spalle. Perso il tempo di frequentare la scuola, Salvatore si ritrova ad affrontare le sfide quotidiane che il duro lavoro di coltivazione dei pomodori e le pressioni del temibile boss del mercato ortofrutticolo gli presentano. Il suo unico alleato, nella battaglia con la vita e gli assistenti sociali, sarà un affettuoso maestro ostinato a riportarlo a scuola e a restituirgli il suo giusto posto nell'infanzia.

Ebbene, la trama del film è proprio così scontata e insulsa come sembrerebbe al primo impatto, con detestabili personaggi stereotipati che compiono inevitabili azioni stereotipate. Ed ecco allora l'ennesimo ragazzino di Sicilia (ma la vita dei bambini del Nord Italia è davvero così felice e noiosa da non meritare una storiella?) che gli eventi tragici della vita hanno reso troppo in fretta un uomo, il professore buono che si affeziona al bambino e vuole salvarlo a tutti i costi, anche come riscatto personale da una vita insoddisfatta, i soliti terribili assistenti sociali che sembrano godere sadicamente nel separare famiglie già dissestate. Ed ecco ancora Enrico Lo Verso nel suo ennesimo ruolo positivo dalla parte dei bambini, Giancarlo Giannini che gioca a fare il boss cattivo col cuore di pasta frolla, Lucia Sardo conciata come una vecchia befana, caricata come una macchietta improponibile, piuttosto che come una nonnina rompiscatole, ma adorabile. In fondo, così combinata chi non l'avrebbe fatta internare subito? Col suo continuo ricordarci che un bambino dovrebbe avere sempre il diritto di andare a scuola, Salvatore sembra più uno spot-fiume del Ministero dell'Istruzione che una favola educativa con morale importante. Come se non bastasse ad aprire e chiudere il film c'è una svenevole Laura Pausini che canta Come il sole all'improvviso, cover di un vecchio brano di Gino Paoli e Zucchero. Che cosa abbiamo fatto per meritare anche questo? Un film che può solo far male al cinema italiano.