Partenza subito forte per la quinta stagione di Dr House: Medical Division in perfetto accordo con la drammaticità del finale della quarta (andato in onda lo scorso maggio) che, ricordiamo, era stato segnato dalla morte di Amber (Anne Dudek), uno dei personaggi inseriti ad inizio anno, vicenda che complica ulteriormente i già difficili rapporti ta House e l'amico Wilson, compagno appunto della giovane. L'incidente occorso ad Amber, benchè non provocato direttamente da House, pone comunque i personaggi sotto una luce diversa e li sviluppa secondo modalità che, pur avendo posto le loro premesse nelle stagioni precedenti, hanno tutta l'intenzione di generare mutazioni profonde. La frase chiave dell'episodio, pronunciata da Greg sul finire, è proprio: "la morte cambia tutto". Ma a questo ci arriveremo per gradi.
Come sempre in House l'azione si sviluppa su due livelli: il caso clinico affrontato nell'episodio e i rapporti tra i vari personaggi della serie che in questa puntata si articolano in un dualismo abbastanza netto (uomini contro donne, dare ordini in opposizione all'eseguirli, lo stesso House contro Wilson).
Si comincia con una donna di successo, responsabile legale di un'associazione femminista, che sta intentando causa ad una società accusata di molestare sessualmente le proprie dipendenti di sesso femminile e rappresentata da un consiglio di soli uomini. L'attenzione però si sposta subito sull'assistente della donna, perchè è proprio lei, la gregaria e non la manager, la protagonista della vicenda.
Allucinazioni, formiche che le camminano lungo tutto il corpo e urla isteriche di panico; questi sono i sintomi che conducono la giovane direttamente al Princeton Plainsboro dove ad aspettarla trova un House stranamente poco interessato al suo caso.
La stranezza dell'episodio è proprio il vedere come House, solitamente abituato ad anteporre sempre l'interesse del paziente ai problemi privati, si disinteressi via via sempre di più del caso per affidarlo completamente nelle mani dei suoi assistenti (Taub, Kutner e Thirteen) impegnati quindi non solo a salvare la vita alla donna, ma anche a dimostrare a se stessi e al resto dello staff di essere in grado di pensare ed agire come House.
Una volta tanto il dramma personale tiene, quindi, House lontano dalla clinica e nello stesso tempo l'abbandono della paziente rappresenta anche la carta giocata, come ricatto morale, nei confronti di Wilson se questi non cambierà idea sulle proprie dimissioni.
Nell'ufficio di House, però, si dibatte sulle condizioni della paziente e la prima diagnosi si basa sull'ipotesi che la vita sregolata della donna, sempre in giro per il mondo al seguito del suo capo, possa aver influito sulla sua alimentazione generando delle carenze vitaminiche, ma la realtà dei fatti è ben diversa. Tra i tanti test di routine viene effettuato anche quello di gravidanza che risulta essere positivo e il successivo riscontro ecografico rivela, inoltre, che il feto non si è insediato in utero, ma al suo esterno e poggia sulla parete intestinale. L'unica soluzione è intervenire chirurgicamente praticando un aborto risolutivo, operazione rischiosa, ma a cui la paziente non esita di acconsentire.
La decisione scatena però la reazione di Thirteen, che dopo essersi sottoposta (sempre nel finale di stagione passato) al test per il morbo di Huntington appare cambiata nei modi e negli atteggiamenti. La giovane, infatti, si stupisce di come la paziente possa voler consapevolmente rinunciare ad ogni aspettativa di vita migliore accontentandosi di fare da semplice assistente ad una donna di successo.
La risposta della donna è semplice: "non tutti sono nati per avere successo" e la frase colpisce nel segno perchè Thirteen, effettivamente colpita dalla Huntington (cosa che svelerà proprio alla paziente durante un successivo colloquio) ha tutta l'intenzione di dimostrare di non essere una semplice gregaria di House.
Il delicato intervento chirurgico però non migliora il quadro clinico, che al contrario tende a peggiorare e gli assistenti tentano di contattare House, costantemente impegnato sul "fronte Wilson" che insiste a non voler ritirare le dimissioni.
Anche l'intervento della Cuddy non sortisce l'effetto sperato; la dirigente dopo aver tentato la via di far ammettere ad House di sentirsi in colpa per la morte di Amber (ricordiamo che la ragazza era sull'autobus al momento dell'incidente stradale perchè corsa in aiuto di Greg ubriaco in un bar), gioca la carta della "terapia di coppia" e convoca i due amici nel suo ufficio per costringerli a parlare e a chiarire. Ma l'atteggiamento di House è sempre il medesimo, incapace di scusarsi e di ammettere le proprie responsabilità e quindi ogni tentativo di dialogo fallisce miseramente.
La cosa che più colpisce è l'effettiva mancanza di dimestichezza di House con i rapporti umani e sociali, perchè si evince benissimo dal comportamento del medico quale sia il sentimento che prova nei confronti dell'amico Wilson, ma tutto ciò non si traduce nelle parole che lo stesso Wilson avrebbe bisogno di ascoltare.
Sul versante umano invece la situazione non è affatto semplice, perchè nel colloquio tra House e Wilson che chiude l'episodio, nonostante il mutato atteggiamento di Greg che finalmente si assume le proprie responsabilità su quanto è accaduto ad Amber, Wilson, pur discolpandolo di tutto, afferma di aver tenuto un comportamento sbagliato nei confronti dell'amico nel corso di tutti gli anni che hanno passato insieme e dichiara di non aver alcuna intenzione di restare in ospedale al suo fianco perchè la loro amicizia è definitivamente arrivata al termine.
L'episodio si chiude, quindi, con l'oncologo che abbandona l'ufficio lasciando da solo un House costretto a pensare, almeno questa è l'impressione che si ha guardando l'epilogo, a come effettivamente la morte possa cambiare le cose in modo irreparabile.