Una famiglia scombinata, la genitorialità moderna, la maternità surrogata, la fluidità del mondo contemporaneo dove i vecchi ruoli si fanno da parte per fare spazio a figure nuove, ibride, mutanti. C'è tutto questo in Dove osano le cicogne, il film che costringe Angelo Pintus a uscire dalla comfort zone del palcoscenico per testare il territorio sconosciuto del cinema. L'occasione arriva dall'incontro con Fausto Brizzi, che lo dirige e insieme a lui, Herbert Simone Paragnani e Gianluca Belardi scrive la sceneggiatura.
L'idea originaria è dello stesso Pintus, sue sono state anche le indicazioni di cast, un gruppo di comici brillanti che qui rappresenta un valore aggiunto. Realizzata in collaborazione con Netflix e distribuita da PiperFilm, la commedia arriva in sala l'1 gennaio con anteprime dal 31 dicembre andando ad occupare un posto nella lunga tradizione di film natalizi che inaugureranno l'anno che verrà.
Il potere sovversivo della comicità
Dove osano le cicogne conosce bene la grammatica del comico e la usa per sovvertire l'ordine costituito. Tra il politicamente scorretto e la favola sociale, la risata decostruisce ruoli e luoghi comuni e sfrutta gli stereotipi (compresi quelli di genere). La storia è semplice: Angelo (Angelo Pintus) è un maestro elementare, i suoi alunni lo amano perché lo trovano divertentissimo, il preside lo odia perché lo considera un pericolo per l'ordine scolastico. È sposato con Marta (Marta Zoboli) e sarebbero una coppia felice se solo riuscissero ad avere un bambino: le hanno provate tutte, ma niente da fare.
Almeno fino a quando non decideranno di seguire il suggerimento di Andrea (Andrea Perroni), il miglior amico di Angelo che fa l'infermiere: andare in Spagna e affidarsi alle cure di un luminare. La diagnosi però non lascia speranze: l'utero di Marta è "incompatibile con la gravidanza", l'alternativa quindi è usare quello di un'altra donne. A portare in grembo il loro embrione sarà una giovane spagnola, la vulcanica Luce (Beatrice Arnera), accanita tifosa del Barcellona e con un segreto nascosto gelosamente. Quando rientreranno in Italia, dove la maternità surrogata è considerata reato universale e quindi punibile dalla legge, tutti e tre dovranno mettere in scena una finzione perfetta che giustifichi la presenza di Luce a casa loro fino alla nascita del bambino.
Un altro mondo è possibile
Tra bambini petulanti che "scippano schiaffi", modelli educativi opinabili ("è educazione alla vecchia maniera, non bullismo"), ovuli che scadono, spermatozoi depressi, rigide finestre temporali di fecondazione da rispettare e parti naturisti, il tema della gestazione per altri diventa commedia. E dimostra che la società civile è molto più avanti della classe politica del nostro paese, che lo scorso 16 ottobre ha reso la maternità surrogata reato universale, sanzionabile e punibile quindi per legge. Per i protagonisti di Dove osano le cicogne invece è solo "un atto di carità", che in questo rocambolesco racconto sulla famiglia (davvero poco tradizionale) innesca una serie di catastrofici eventi.
Certo suona un po' paradossale che un film sulla maternità sia stato scritto da quattro uomini. Il rischio evitato solo a metà è di riproporre cliché della più elementare cultura maschilista (su tutti l'infantilizzazione e gli sbalzi d'umore della donna incinta): il ridicolo è dietro l'angolo. Funziona invece la chimica tra gli interpreti, ognuno a suo modo maestro di comicità; si ride, a tratti ci si commuove, in attesa di un inevitabile lieto fine.
Pintus è la vera rivelazione: abbandonata la fortezza del monologo si ritrova a dover dividere la scena con altri comici, alcuni compagni di una vita come Andre Perroni, e ci riesce senza troppa fatica. Il resto è un godibile tiro al bersaglio sui principali luoghi comuni del mondo in cui viviamo, la risata liberatoria ci trasporta invece nella dimensione di una contemporaneità liquida dove un altro mondo è possibile, rispetto a quello imposto da una rinvigorita visione conservatrice della vita.
Conclusioni
Dove osano le cicogne nel complesso risulta una commedia dal ritmo serrato, che unisce comicità scorretta e critica sociale, senza risparmiare nessuno, bambini compresi. Il maggior pregio è quello di saper affrontare con leggerezza un tema spinoso come la maternità surrogata. Una commedia che oltre a rivelare il talento comico di Pintus al cinema, apre una riflessione su un nuovo modello di famiglia.
Perché ci piace
- Una commedia liberamente scorretta sulla maternità surrogata.
- La libertà di giocare sugli stereotipi del mondo contemporaneo, senza paura di essere cattivi.
- Un cast che funziona alla perfezione.
Cosa non va
- L’improbabilità di alcune situazioni.
- Il racconto resta spesso superficiale rischiando di banalizzare i temi affrontati.