La tragedia è il filo conduttore della storia umana, il tema che ne scandisce l'evoluzione nel tempo, ad ogni possibile latitudine. Tutti conosciamo le tragedie che hanno segnato la Storia, quelle ferite profonde che non potranno mai guarire, ma a volte basta guardarsi intorno per scorgere altri drammi, ingiustizie e situazioni che sfociano nell'orrore, anche a pochi passi da noi ed in tempi recenti. In Svizzera, per esempio, e non più tardi del secolo scorso.
Documentarista già affermata, con quattro progetti all'attivo tra il 2009 ed il 2013, Valentina Pedicini si è imbattuta in questa storia drammatica, per lo più sconosciuta, quella di un piccolo genocidio che si è verificato tra il 1926 ed il 1986 causando 2000 vittime tra bambini jenisch con l'obiettivo di frenare il nomadismo. A differenza del passato, però, la regista è ricorsa ad una forma per lei inusuale per raccontarcela, un film di finzione dal titolo Dove cadono le ombre che segna il suo esordio nel campo. E lo fa partendo dal personaggio di Anna.
Storia di una sopravvissuta
Siamo in un ex orfanotrofio, ora istituto per anziani, in cui la protagonista lavora come infermiera, accompagnata dall'assistente Hans. La loro vita è tutta lì, tra quelle stanze, perché Anna e Hans sono stati bambini in quello stesso edificio, vivendo un passato drammatico che torna ad emergere con l'arrivo di una nuova ospite, Gertrud, donna anziana dai modi gentili che guidava il progetto di eugenetica che la stessa Anna e tanti altri bambini jenisch avevano subito dopo essere stati sottratti alle famiglie. Un passato doloroso che si sovrappone e alterna al presente mentre la protagonista riprende le ricerche della cara amica Franziska, di cui ha perso le tracce da tempo.
Tra passato e presente
In Quando cadono le ombre, la Pedicini ci accompagna in un percorso complesso, fatto di evocazioni, riflessi e fantasmi di un passato lasciato alle spalle. L'arrivo di Gertrud e l'inversione di ruoli con Anna da carceriera a vittima fa emergere tutta la sofferenza di un passato che si incastra al presente in un gioco di montaggio alternato, tra passato e presente, tra flashback e quotidianità. L'istituto per anziani e l'orfanotrofio diventano una cosa sola, l'uno il riflesso dell'altro, in una struttura che ha quasi di labirintico, dalla quale è impossibile fuggire e che ma Pedicini fotografa con una ricerca formale eccessiva, che scivola in asettica freddezza.
La freddezza del male
Tutto è lontano e distaccato in Quando cadono le ombre, a cominciare dalle performance delle due protagoniste Elena Cotta e Federica Rossellini, due figure femminili forti ma con le quali risulta difficile empatizzare. Alle loro interpretazioni fa eco una costruzione eccessiva della messa in scena, ricercata e ragionata, alla quale manca sembra mancare una visione d'insieme organica, capace di rendere compatto e potente il film e la sua storia: più di una sequenza è impreziosita da un'idea di regia capace di colpire, ma questi spunti appaiono slegati e non parte di un'estetica sviluppata in modo organico. Da ambizioso, il film della Pedicini finisce per risultare pretenzioso e non rendere giustizia al tema, importante e delicato, che ha il merito di aver messo in evidenza in una manifestazione di portata internazionale come la Mostra del Cinema di Venezia.