Nell'epoca dei live-action era quasi improbabile che non ne venisse realizzato un film con protagonista la bambina esploratrice con il caschetto corto e la frangetta. In questa recensione di Dora e la città perduta vedremo come è stato realizzato il primo prodotto audiovisivo per il grande schermo con protagonista una delle bambine più amate degli ultimi anni: Dora Marquez.
Prodotta da Nickelodeon e trasmessa in America a partire dal 2000 (mentre da noi è arrivata cinque anni più tardi), Dora l'esploratrice ha rivoluzionato il concetto di intrattenimento del piccolo schermo rivolto ai giovanissimi grazie alla sua interazione con il pubblico. L'abbattimento della quarta parete riusciva a rendere gli spettatori più coinvolti nella serie animata, grazie alle continue domande da parte della protagonista che aspettava diversi secondi affinché i bambini potessero ragionare e dare la risposta corretta.
Anche se teenager il concetto non cambia: Dora rimane un'esploratrice
In Dora e la città perduta avviene un cambiamento anagrafico: se nella serie animata la bambina tutta capelli e zainetto aveva un'età che si aggirava tra i sette e gli otto anni, in questo film - a parte una piccola parentesi - la bambina diventa una teenager energica e frizzante, sempre con la voglia di esplorare il mondo e con un unico motto: "esploratrice sì, cercatrice no".
Il film di James Bobin (I Muppet, Alice attraverso lo specchio) segue la giovane Dora che, da bambina a teenager, continua a inseguire un unico sogno: trovare Parapata, una città inca perduta che i suoi genitori stanno cercando da tempo. Ma quando diventa una ragazzina le cose cambiano e i genitori la mandano a studiare ad un liceo della California già frequentato da suo cugino Diego. Tuttavia, Dora avrà modo di tornare nella foresta amazzonica con suo cugino e con due compagni di scuola, Sammy e Andy.
Quando il live action snatura il prodotto audiovisivo di partenza
Come già accennato, in questo live action di James Bobin la protagonista appare per la prima volta sullo schermo da bambina, per poi diventare ben presto un'adolescente. Ma perché tutto questo? La domanda è legittima e la risposta più probabile potrebbe essere che il pensiero di base era proprio quello di rivolgersi a quello stesso pubblico che un tempo seguiva la serie animata in televisione.
Tuttavia, questa operazione snatura completamente il progetto originario dal quale il film deriva, perdendo in maniera esponenziale la magia e il coinvolgimento caratteristico della serie e che, nella pellicola, si palesa solo quando Dora è ancora bambina. Certo, rimane la briosità e l'energia della giovane protagonista, ma quello che ne esce è un film per ragazze che, però, parla a un pubblico anagraficamente più piccolo.
Mano a mano che Dora e i suoi co-protagonisti si addentrano nell'avventura, tutte le fondamenta basilari si sgretolano come delle vecchie rovine scosse da un terremoto. Viene meno lo scopo educativo rivolto ai più piccoli, mentre il target di riferimento è totalmente decentrato, tanto da non capire quale esso sia. Dora e la città perduta è un film che, pur godendo di buone interpretazioni - tra cui si citano quelle di Isabela Moner, Michael Peña, Eva Longoria ed Eugenio Derbez - trascende i suoi capisaldi nel tentativo di raggiungere un pubblico più ampio possibile ma senza riferirsi a nessuna parte dello stesso, creando solo un trambusto di idee, concetti ed obiettivi.
Conclusioni
Al termine della recensione di Dora e la città perduta non possiamo che ribadire che questo non sia un esperimento riuscito fino in fondo: la magia della seria animata scema mano a mano che procede il film per dare spazio ad un'avventura dalle premesse eccitanti ma, di fatto, ben poco coinvolgenti.
Perché ci piace
- La volontà di rischiare e mettersi in gioco per realizzare un progetto di intrattenimento con un buon potenziale.
- Un cast ben amalgamato e fisicamente corrispondente ai personaggi animati.
Cosa non va
- La magia della serie animata si perde progressivamente.
- Non c'è un preciso target di riferimento.