Mezzogiorno e mezza di un tiepido sabato di fine ottobre. Fissiamo l'intervista l'indomani della presentazione ufficiale del film alla Festa del Cinema di Roma. Arrivati con qualche minuto in anticipo, aspettiamo Dolores Fonzi nel giardino di un albergo a pochi passi da Piazza del Popolo. L'attrice, all'opera seconda da regista, ha diretto Belén, un solido e convincente legal drama ispirato alla storia vera di una donna ingiustamente imprigionata per aver abortito illegalmente. Nella pellicola, candidata argentina agli Oscar e in arrivo su Prime Video, Fonzi interpreta l'avvocato Soledad Deza, che segue il caso della protagonista Belén, con il volto di Camila Plaate.
Non appena la regista scende dalla sua camera ordiniamo un caffè e dell'acqua, facendole i complimenti per l'ottimo italiano sfoggiato in Nonostante di Valerio Mastandrea (in cui era splendida co-protagonista). E il primo punto dell'intervista non poteva che riguardare il tema di stringente attualità. "Belén è un film personale, ma anche politico", spiega Dolores Fonzi, toccandosi i capelli ancora umidi. "Perciò, è fondamentale mostrare la realtà".
Belén: intervista a Dolores Fonzi
Dolores, quanto è importate oggi fare film politici?
"Essere donna, sin dall'inizio dei tempi, significhi essere un'entità politica. Far parte delle minoranze, è qualcosa di politico. Se fai un film politico, stai facendo politica. Se non fai un film politico, stai comunque facendo politica. Quindi è impossibile non mostrare una parte della realtà. Anche se scegli di non mostrarla è un modo di fare politica. La storia dietro al film è vera, ma volevo provare a renderla personale. Se si racconta una storia personale diventerà universale. Tuttavia, il mio scopo era fare un buon film. Si può essere politici, ma se poi fai un film brutto nessuno lo vedrà".
In Belén si parla di empatia e di Leggi. Cosa è più importante?
"Sono la stessa cosa. Se la Legge fosse solo la Legge e tutti si impegnassero a rispettarla l'empatia sarebbe un sentimento. Ma al giorno d'oggi l'empatia è uno strumento di lotta. Se provi empatia per qualcuno è perché, ovviamente, forse quella persona ha meno opportunità o si trova in una situazione di squilibrio. Ma la Legge è qualcosa che tutti dobbiamo cercare di rispettare. Se non ci fosse, ci sarebbe il caos. E con la nostra empatia si può combattere il caos, credo".
Un film intimo e universale
Come ha fatto a bilanciare ritmo e tensione del film?
"Nel montaggio, partendo dalla sceneggiatura. Se hai una buona sceneggiatura hai quasi finito il lavoro. Il montaggio è un momento magico in cui ricostruisci ciò che hai. Era una questione di sensazioni. Per me era molto importante mostrare l'umanità del mio personaggio, l'avvocato. Grazie a piccoli gesti chiunque può cambiare la vita di qualcuno. In questo caso Soledad cambia una società intera".
Camila Plaate è molto brava. Come ha lavorato con lei?
"Ha un intuito straordinario e lo mette in pratica. Capisce quello che dici, ci prova, propone e supera le aspettative. È unica nel suo genere. L'ho vista in un documentario, nel quale recitava in una parte di finzione con la sorella. Sono venute a Buenos Aires per il casting".
Ho apprezzato molto l'accompagnamento musicale del film. In che modo avete ideato lo score?
"Il mio primo film da regista, Blondi, non aveva la musica a fine produzione. Sapevo che per il secondo dovevo avere almeno un'idea musicale. Ho chiamato Marilina Bertoldi. Lei e Mercedes Sosa, che canta la canzone finale, sono le uniche due donne argentine ad aver vinto un premio molto importante in Argentina, il Gardel de Oro. Mercedes Sosa è una leggenda".
Il retaggio religioso
Pensando alla fine del film, ha fiducia nella nuove generazioni?
"Certo. Credo che le vecchie generazioni, man mano che invecchiano, diventino sempre più fasciste. Noi e le vecchie generazioni dobbiamo farci da parte e lasciare che i giovani facciano ciò che devono, lasciando a loro questo mondo. Conosco TikTok, ho un figlio di 16 anni e un figlia di 14. E so che loro hanno una visione diversa della vita, del femminismo, dell'uguaglianza e dell'equilibrio. Nessuno dei due pensa di dover essere escluso da qualcosa. Si sentono parte della rete. E la rete ora è ovunque. Nonostante questa estrema destra che sta arrivando, confido nelle giovani generazioni".
In Italia, come in Argentina, c'è un retaggio cattolico. Pensa che sia un'ombra ingombrante?
"La religione è una specie di capanno nel mondo. Ma la mia religione è il cinema. Provengo da una famiglia molto cattolica. Ero praticante, ma non l'ho trasmesso ai miei figli. Li ho lasciati liberi da questi rituali. Loro sono liberi da queste convinzioni, ed è bello vedere come non siano necessarie. Certo, quando devo prendere l'aereo prego sempre. E quando ho bisogno di qualcosa, prego e chiedo a mia nonna, sento la natura e percepisco in me quelle credenze che sono state segnate dal fuoco di quando ero giovane. Uso la preghiera come strumento per me stessa. Ma i miei figli hanno trovato altri modi per credere in loro. Anzi, il peggio di ciò che sta accadendo nel mondo è legato alla religione. Quindi non posso che detestarle in questo momento".