Sono probabilmente tra le "coppie" più attese e prestigiose di questa sessantesima edizione della Berlinale, gli inossidabili Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio, che proseguono il loro sodalizio con Shutter Island, uno degli eventi di punta di questo Festival. Tratto dal bestseller di Dennis Lehane, il film segue le indagini dell'agente federale Teddy Daniels nei meandri di una minacciosa isola adibita a manicomio criminale, dove è misteriosamente scomparsa una paziente. Shutter Island è un thriller psicologico, in cui le cupe e gotiche ambientazioni naturali fungono da rappresentazione degli intrichi escheriani della mente del protagonista. Il regista si avvale, come al solito, di un parterre hollywoodiano d'eccezione, riunito quasi al completo in conferenza stampa: oltre a DiCaprio, presenti anche Ben Kingsley, Mark Ruffalo e Michelle Williams, assieme ai produttori Arnold W. Messer, Mike Medavoy e Bradley Fisher. In una sala stampa asserragliata (per potersi accaparrare i richiestissimi posti è stato necessario attendere in fila almeno un'ora), con i fotografi e gli operatori letteralmente abbarbicati gli uni sugli altri, ciascuno dei membri del cast ha rivelato il suo personale punto di vista nei confronti del film.
Prima di tutto, vorrei iniziare con una domanda rivolta al produttore Bradley J. Fisher, che ha reso questo film possibile. Senza di lui oggi non saremmo qui. Come ha fatto a realizzare tutto questo?
Signor DiCaprio, lei e Martin Scorsese siete tornati con questo film a lavorare nuovamente insieme. Cosa c'è di speciale nel vostro sodalizio?
Leonardo DiCaprio: Semplicemente credo che ogni attore muoia dalla voglia di lavorare con colui il quale è considerato il regista per antonomasia. Ma oltre alla stima professionale per un maestro come Scorsese, ritengo che ormai dopo parecchi anni si sia consolidato un rapporto di stima reciproca. Ci fidiamo l'uno dell'altro e condividiamo le stesse sensazioni nei confronti dei film.
Martin Scorsese: Pur appartenendo a generazioni differenti penso che condividiamo lo stesso approccio nei confronti del cinema. Sono ormai dieci anni che lavoriamo insieme e nel corso del tempo il nostro rapporto si è evoluto sempre di più. Per me è stato straordinario vedere crescere Leonardo non solo professionalmente (non che non fosse un grande attore sin dall'inizio) ma anche umanamente. Penso che la chiave del nostro sodalizio sia soprattutto la fiducia che ci lega l'uno all'altro, assieme a un'atmosfera di cameratismo che si è venuta pian piano a creare.
DiCaprio, vorrebbe ancora realizzare nuovi progetti con Scorsese?
Leonardo DiCaprio: Al momento sto valutando diversi progetti, ma qualunque altra proposta arriverà in futuro da Martin la considererei sempre come un altro dono piovuto dal cielo. Lui mi ha insegnato l'amore per il cinema e per la storia del cinema, e per questo gliene sarò sempre grato.
Quale pensa che sia stato il personaggio più difficile da interpretare?
Leonardo DiCaprio: Sicuramente impersonare l'agente Teddy Daniels è stata una sfida davvero dura, anche dal punto di vista tecnico: in molte scene dovevamo girare immersi nella pioggia e circondati da potentissimi ventilatori e non riuscivamo nemmeno a sentirci a vicenda. Inoltre si tratta di uno dei personaggi più ambigui e più psicologicamente complessi che ho mai interpretato. Ma devo rispondere che il ruolo più difficile per me rimane ancora quello in The Aviator, perché è la prima volta che ho lavorato in stretta collaborazione con Martin e che mi sono misurato con grande responsabilità su di un personaggio. Se potessi, tornerei indietro a quei tempi.
Guardando Shutter Island mi è sembrato di rivedere scorrere sullo schermo i classici noir degli anni Trenta e Quaranta, e film come Il corridoio della paura.
Martin Scorsese: Avevo circa dieci anni nel periodo in cui è ambientato il film, e ho vissuto sulla mia pelle l'esperienza della Guerra fredda e la sindrome della paranoia comunista, anche attraverso le opere cinematografiche dell'epoca, come L'invasione degli ultracorpi. I film noir che ha citato, come Vertigine, e molti altri, sono stati un riferimento costante. Il motivo principale per cui ho deciso di girare Shutter Island è stata proprio la volontà di tornare indietro a quell'immaginario della mia infanzia. Ho tentato di tradurre visivamente il romanzo prendendo in prestito il vocabolario della storia del cinema, in particolare del genere noir.
Come dirige gli attori Martin Scorsese?
Mark Ruffalo: Condivido quanto già detto da Leonardo e da Ben. Non è cosa facile avere l'onore di lavorare con qualcuno che è universalmente definito un maestro del cinema.
Michelle Williams: Ho dovuto entrare a far parte di una compagnia che ancora non conoscevo, ma devo dire che in quanto nuova arrivata mi hanno messo subito a mio agio. Non è stato proprio un lavoro divertente - vista l'oscurità e la crudezza di alcune scene - anzi è stato molto impegnativo, intenso e stancante. Mi ha fatto piacere tornare a lavorare con Ben, che ho conosciuto sul set quando ero ancora bambina e che allora si dimostrò molto dolce con me.
Shutter Island, come pure Howl visto ieri al Festival, è ambientato negli anni Cinquanta dominati dalla Guerra fredda e dalla paranoia nei confronti della minaccia comunista. Pensa che ci siano delle somiglianze con quanto stiamo attualmente vivendo dopo l'undici settembre?
Martin Scorsese: Con il mio film non intendevo fare riferimento esplicito al contesto politico in cui viviamo oggi. Come ho già detto mi interessava riproporre l'ambientazione storica che ho vissuto personalmente durante l'infanzia e che mi sembra perfetta per rappresentare i traumi psichici del protagonista. Detto questo, è indubbio che ci siano similitudini con la situazione attuale.
Mike Medavoy: Il film è soprattutto un'opera di intrattenimento, anche se penso che la situazione descritta in Shutter Island non è molto distante dalle paranoie terroristiche che stanno attualmente dominando il governo americano.
Signor DiCaprio, in una scena del film lei recita in tedesco. Complimenti per la sua pronuncia, qui in Germania siamo orgogliosi di lei! Può dirci qualche altra parola?
Leonardo DiCaprio:
Signor Scorsese, amo i suoi film di gangster (letteralmente mafioso movies). Ha intensione di girarne altri? Mi piacerebbe un seguito di Quei bravi ragazzi.
Martin Scorsese: Beh, Casinò in qualche modo era già un seguito di Quei bravi ragazzi. Non so se Robert De Niro sarebbe disposto a calarsi di nuovo in quei panni, comunque penso che se realizzerò in futuro un altro film di gangster sarà molto diverso dalle cose fatte prima. Ormai quei tempi sono passati...