Recensione Dear Lemon Lima (2009)

A conquistare del film è la capacità della regista di non scivolare nello stereotipo, grazie anche all'intelligenza, non sempre riscontrabile in questo genere di pellicole rivolte a un target giovane, di operare scelte coraggiose in termini di snodi narrativi e caratterizzazione dei personaggi.

Diario dell'alienazione adolescenziale

Un diario dai colori pastello, infarcito di coniglietti e arcobaleni, a cui una sognatrice adolescente affida i suoi pensieri, che esprimono i sospiri del primo amore e i tormenti di un rifiuto difficile da ingoiare. Si presenta così Dear Lemon Lima, commedia indie presentata in concorso nella sezione Alice nella città, della quarta edizione del Festival del film di Roma, che trascina fuori dall'angolo l'adolescenza disadattata, quella già ad un passo dalla sconfitta, concedendogli un riscatto che non vuol dire felicità. A dirigerlo è Suzi Yoonessi, già produttrice del gioiellino Me and You and Everyone We Know di Miranda July, al quale si ispira in maniera evidente mutuandone l'inclinazione ad esaltare le piccole cose. A far da sfondo all'elaborazione del primo lutto amoroso (vale a dire un cuore acerbo ma già infranto) dell'eschimese Vanessa Lemor, interpretata dalla mezza-Yup'ik Savanah Wiltfong capace di incarnare bene la figura del loser, è l'Alaska, sebbene il film sia stato girato a Seattle per motivi di budget. Ma del più esteso tra gli stati americani, il film recupera panorami gelidi, rituali, giochi tradizionali, elementi e riferimenti alla sua cultura indigena.

Grazie all'immaginario della protagonista, si viene a creare con lo spettatore un'intima e tenera complicità, e alla sensibilità di chi guarda è lasciata la facoltà di lasciarsi incantare o meno dalla purezza di un sentimento bambinescamente romantico che si ripete all'infinito sulle pareti della cameretta di Vanessa, nel trionfo di cuoricini dai messaggi carichi di speranza che addobbano i suoi spazi. In realtà, ci mette poco tutto questo a risultare tremendamente stucchevole, eppure il film sa aprirsi i suoi varchi all'interno di chi ha la pazienza di lasciarlo esprimere, attraverso un ammirevole equilibrio dei toni che, pur mantenendosi nel territorio della commedia, vanno via via acquistando una certa malinconia che poi esplode in vera e propria tristezza di fronte a un episodio tragico. Non siamo certo dalle parti della geniale cattiveria di Fuga dalla scuola media di Todd Solondz, ma la semplicità con cui viene descritta la vita privata e scolastica di questa adolescente è onesta e ben rappresentativa di quegli outsider che faticano a trovare il proprio posto nel mondo.
Sviando l'ipocrisia dell'happy ending decerebrato, l'amore romantico si trova improvvisamente a implodere, mentre l'amicizia e i valori che le proprie radici esprimono trovano la loro squisita esaltazione. A conquistare di Dear Lemon Lima è proprio la capacità della regista di non scivolare nello stereotipo, grazie anche all'intelligenza, non sempre riscontrabile in questo genere di pellicole rivolte a un target giovane, di operare scelte coraggiose in termini di snodi narrativi e caratterizzazione dei personaggi. Pur mettendo insieme un campionario di oggettini e discorsi puerili che stuccano con fin troppa rapidita, il film riesce comunque a esprimere piuttosto bene i tormenti dell'adolescente alienato che non si riconosce nei suoi coetanei più superficiali. C'è una certa propensione alla malinconoia in queste figure di giovani già emarginati, uno scollamento anticipato dalla massa nel quale però possono riconoscersi e trovare uno stimolo per stringersi l'uno all'altro. E alla fine il messaggio più bello del film è proprio questo, che se anche ci si sente diversi dagli altri non si è soli, ed insieme si può trovare il modo di prendersi le proprie soddisfazioni, dando una lezione a chi si crede superiore.