Iniziamo la chiacchierata con Gianluca Manzetti parlando di hater, di social, di tossicità e di cattiveria gratuita. Conosciamo - e stimiamo - il regista fin dal suo esordio, Roma Blues, e sappiamo quanto la sua professionalità sia mossa da passione e competenza. Lo spunto arriva dai commenti velenosi lasciati dagli utenti sotto il trailer della sua opera seconda, Dedalus, arrivata al cinema. Un argomento che si lega perfettamente con il film, in quanto ha per protagonisti sei influencer/creator chiamati a partecipare ad un contest esclusivo, rivelandosi però un enorme piano vendicativo.

In mezzo, appunto, le dinamiche da social, spesso tossiche e pericolose "Quello dell'odio è un tema complesso, di certo non risolvibili", ci dice il regista. "È un odio che attraversa la Storia, non la contemporaneità. Il leone da tastiera ha diverse analisi degne di nota. Banalmente, sei nascosto dietro un computer, e sei libero di dire la tua. Attaccano per fare male, senza essere costruttivi. Sono persone arrabbiate e frustrate. Certo, io sono mosso dall'amore verso gli altri, e certi commenti non mi feriscono. Aggiungo: mi dispiace che certe persone vivano così, in preda alla sofferenza. Non credo alla cattiveria che nasce dal nulla, e anzi un po' mi angoscia immaginarli nell'oscurità delle loro stanze".
Dedalus: intervista al regista Gianluca Manzetti

Dedalus, spiega Gianluca Manzetti, ha un approccio pop al tema, e si aggancia anche ad una identità tutta italiana, pur debitore di un immaginario internazionale. "La produzione mi conosceva fin da Dampyr, dove facevo parte della seconda unità. Avevano bisogno di un regista che puntasse al grottesco, prima di cambiare tono nella seconda parte. Siamo partiti dai personaggi, e rispetto a ciò che succede nel film ho raccontato la versione dark del tipico sognatore, se ripenso alla purezza del protagonista di Roma Blues. Tra l'altro nel 2012 avevo girato un corto, Sexy Boy, in cui trattavamo il discorso dei like", e prosegue, "Dedalus ha un setting ambizioso, con una commistione di generi. Dare l'identità nazionale era importante, e ci tenevo che i personaggi rappresentassero parte del Paese. Per esempio abbiamo mantenuto le inflessioni dialettali. Volevamo fare una Squid Game all'italiana, non Squid Game in Italia".

La materia principale di Dedalus sono gli influencer e i content creator, figure che oggi sembrano diventare archetipi - anche negativi - nel cinema e nella serialità. "Non reputo che gli influencer abbiano una aurea negativa, o che siano persone superficiali", spiega il regista. "Faccio un esempio, ho avuto modo di conoscere Elisa Maino (3 milioni di follower, ndr.), una ragazza molto sensibile. Spesso la rappresentazione dell'influencer è apocalittica e forse un po' boomer. Non vivono solo in funzione del telefono. I personaggi di Dedalus sono una parte di questa categoria. Quando lavoro ad un film non penso di raccontare un mondo intero, bensì solo un lato, magari oscuro e fragile. Nel film i protagonisti hanno degli scheletri nell'armadio, e con l'occasione abbiamo raccontato un lato nero di questo mondo. Oggi magari li osserviamo con diffidenza anche per una facile analisi: chi si mostra è facile da attaccare. A me, fa più paura vedere gli shooting postati sui social da parte di gente sconosciuta che si atteggia a star".
Un cast importante

Senza dubbio, la forza di Dedalus è il cast: Luka Zunic, Matilde Gioli, Francesco Russo, Giulio Beranek, Giulia Elettra Gorietti, Stella Pecollo. Interpreti veri, e bravi. Non le solite facce da poster. "Non c'è il volto iper-pop, ma nemmeno un cast di talenti emergenti", dice Gianluca Manzetti. "Volevo lavorare con Francesco Russo fin da A Classic Horror Story. Anche con Stella Pecollo, avevo visto delle sue cose, ho letto il suo libro e volevo lavorare con lei. Giulia Elettra Gorietti si è invece presentata ai provini con un bambolotto, e questa cosa mi ha colpito. Ero curioso di conoscere Matilde, sono innamorato del suo talento fin da Il capitale umano. È meravigliosa, perché ha assecondato ogni mia richiesta sul look, alzando il livello della sfida. Giulio Beranek lo seguo da anni: quando ho pensato ad un personaggio più fisico non ho avuto dubbi, lui era perfetto. Ha grande sensibilità. E poi Luka Zunic, che ha un talento unico: nell'overacting è un fuoriclasse. Ha un bagaglio emotivo pazzesco. Nel casting non c'è stato nulla di pianificato, tutto è stato molto spontaneo".
La location: un film glocal
Altro elemento portante di Dedalus, la location. Il regista racconta com'è stato lavorare all'interno di una sola ambientazione. "Avevo una certa apprensione sul fatto che il film sarebbe stato girato in interni. Ho visto reel su reel per trovare la location giusta. C'è però un film fondamentale, Alien, che mi ha fatto capire tante cose. L'ho rivisto prima di girare per capire come dare respiro al film. È stata una grande sfida non renderlo troppo claustrofobico. Non volevo correre il rischio di risultare opprimente in modo sbagliato. Ho intercettato la disponibilità del castello insieme ai produttori, dopo aver pensato ad una location più asettica in stile The Menu. Ma avrebbe spersonalizzato il contest. Abbiamo girato tutto nel castello di San Gregorio da Sassola che conoscevo, perché è stato un luogo caro ad Andrej Tarkovskij. Perfetto per un'arena glocal".
A chiudere, dopo Roma Blues e Dedalus, Gianluca Manzetti ha rivelato di essere già a lavoro su diverse produzioni. "Sto lavorando su vari progetti diversi, anche diversi nel genere. Alcuni sono in fase più avanzata, altri meno. Sicuramente in tutti i progetti i personaggi sono il trait d'union. Al centro provo a mettere sempre delle figure umane, che ci provano. Insomma, personaggi che aspettano la loro occasione".