Campione di incassi in patria (cinquecentomila euro di incassi nel primo weekend di programmazione) il piccolo film indipendente diretto dall'esordiente Alix Delaporte, ex-giornalista e reporter, arriva finalmente anche nelle sale italiane grazie alla Sacher di Nanni Moretti che lo distribuirà a partire da domani in circa 30 copie.
La storia d'amore che ha stregato il pubblico francese, che è valsa a Angèle et Tony il Premio Michel D'Ornano come migliore opera prima francese del 2010, era passata tra gli applausi all'ultima Mostra del Cinema di Venezia nella selezione della Settimana della Critica ed inaugurerà stasera la rassegna cinematografica Rendez-Vous, Appuntamento con il nuovo cinema francese, in programma a Roma fino al 1 maggio alla Casa del Cinema.
Ambientato in un piccolo paesino di pescatori della Normandia, il film racconta la storia d'amore che sboccia tra un uomo e una donna tanto diversi ma anche tanto uguali. Angéle è una donna aggressiva, schiva, una mamma allo sbando che si svende pur di sopravvivere e di riconquistare l'affetto del suo bambino, affidato ai nonni paterni durante il periodo che la donna ha passato in prigione. Tony è un uomo silenzioso, apparentemente burbero ma buono di cuore, un pescatore che insieme alla madre, al fratello e al peschereccio di famiglia tira avanti l'attività ereditata dal padre scomparso da qualche mese proprio durante una battuta di pesca. Due solitudini che si incontrano in modo burrascoso ma che col passare del tempo si fonderanno in un'unica storia fatta di sincerità reciproca, di amore e di speranza per il futuro.
In occasione della presentazione romana abbiamo incontrato la regista Alix Delaporte e la splendida attrice protagonista Clotilde Hesme introdotte dalla selezionatrice della Settimana della Critica Angela Prudenzi e alla direttrice artistica della manifestazione Rendez-Vous Vanessa Tonnini.
Perchè avete scelto proprio Angèle et Tony per l'inaugurazione di questa importante rassegna cinematografica sul cinema francese?
Dalla Settimana della Critica all'uscita nelle sale, un passo non breve di solito...
Angela Prudenzi: Dispiace sempre quando un film selezionato per una rassegna importante poi rimane circoscritto all'ambito festivaliero, sarebbe stato un vero peccato specialmente nel caso di Angèle et Tony, un film cui tenevamo particolarmente e che abbiamo amato sin dal primo momento in cui l'abbiamo visto. Il cinema francese ci mette in difficoltà per l'elevata quantità e qualità delle opere prime che produce ogni anno ma l'anno scorso questo piccolo grande film ci mise subito tutti d'accordo per l'intensità dei personaggi, per la straordinaria capacità narrativa della regista, per l'ambientazione e lo spaccato sociale che racconta, qualcosa di totalmente diverso dal consueto.
Qual è stata l'intuizione o per meglio dire l'idea che ha dato il via alla lavorazione del film e ha costituito il nucleo centrale e fondante della storia?
Alix Delaporte: La prima idea che mi è balenata in mente è stata un'immagine, quella di Angèle con il bambino in braccio che ride felice, l'immagine che chiude il film. Era quello il punto di arrivo che mi ero prefissata e dovero arrivare a produrre questa emozione a tutti i costi. Sapevo che non sarebbe stata una cosa facile e man mano che andavo avanti con il racconto prendevo coscienza del fatto che tutto questo sarebbe stato possibile solo nel momenti in cui Angèle si sarebbe liberata del suo fardello di rabbia e di risentimento, nel momento in cui incontrava per la prima volta l'amore vero per un uomo dolce e buono come Tony.
Nel delineare i personaggi, sia quelli principali che quelli di contorno, ha influito la sua preparazione giornalistica da reporter e la sua maniacale cura dei dettagli?
Alix Delaporte: E' stato un processo di scrittura molto lungo quello che ha portato alla stesura dello script di Angèle et Tony, è durato circa due anni. Il mio intento non era quello di voler creare degli effetti nello spettatore ma unicamente quello di raccontare emozioni, quelle che mi toccano personalmente e intimamente. E quando scrivo sono molto puntigliosa, non lascio nulla al caso, per poi tornare ad operare sui dialoghi una volta iniziate le riprese con un'azione mirata a filtrare e a ridurre al minimo indispensabile la verbosità.
Perchè ha scelto di ambientare il suo film in questo piccolo villaggio di pescatori della Normandia?
Qual è il segreto del cinema francese indipendente che sforna tanti bei film e tante opere prime di alta qualità?
Alix Delaporte: Io personalmente investo tutto sugli attori, devo fidarmi al 100% di loro prima di iniziare la lavorazione. Ci sono due modi diversi di far trasparire la verità in questo mestiere, ci sono registi che si servono quasi esclusivamente di attori non professionisti per esaltare il realismo di certe storie e poi c'è il mio modo di fare cinema, quello di servirsi di attori talmente bravi da risultare più reali della realtà vera. In questo film ho puntato tutto sulla capacità degli attori di integrarsi nella storia, lavoro con loro affinché si fondano anima e corpo con il personaggio che devono interpretare per trasformarlo in assoluta verità.
A suo avviso il merito della prolificità del vostro cinema è da attribuirsi al sistema di finanziamento pubblico, dalla disponibilità dei produttori ad investire o dalle scuole di cinema?
Alix Delaporte: Non so di preciso, probabilmente noi francesi abbiamo un approccio diverso alla narrazione rispetto al cinema americano per esempio, ma è anche vero che il nostro sistema ci offre tantissime opportunità di finanziamento rispetto agli altri paesi europei. E' proprio per questo forse che per noi la cosa più difficile è scrivere una storia, trovare intuizioni e idee da sviluppare. E' stimolante sapere che c'è sempre qualcuno disposto a investire sui tuoi sforzi perchè questo crea un'energia incredibile nel cuore di chi si approccia per la prima volta al mestiere di regista. Il mio film è costato meno di un milione di euro, è una produzione indipendente realizzata con tanti sacrifici da parte dei produttori, del cast tecnico e anche degli attori. Piccoli grandi compromessi e sacrifici che siamo stati felici di fare in prospettiva futura.
I due attori protagonisti sembrano due sconosciuti davanti alla macchina da presa, due che si vedono per la prima volta sul set, ma sappiamo che non è così...
Clotilde Hesme: Io e Gregory Gadebois siamo molto amici, ci conosciamo da dieci anni e cioè da quando abbiamo frequentato insieme il conservatorio. E' stato molto complicato per noi nascondere allo spettatore il nostro rapporto di amicizia e la complicità che ci legano, anche se le due cose ci hanno molto aiutato a far trasparire l'autenticità del sentimento d'amore che si sviluppa tra i due protagonisti.
Interessante il ruolo tra maschio e femmina nello sviluppo dei due personaggi, da una parte un attore che nell'interpretazione mette in scena modi di fare e sensibilità tipicamente femminili, e dall'altra un'attrice dalla fisicità e dall'emotività forse più mascolina. Dal punto di vista dell'attrice come ha messo in atto sul set questa sua femminilità un po' anomala?
Quello al centro di questa storia è un amore su più livelli, c'è quello tra madre e figlio e quello tra i due protagonisti che funge un po' da coadiuvante nella crescita dell'altro. Quale delle due interpretazioni le ha creato più difficoltà?
Clotilde Hesme: E' grazie all'amore per Tony che Angèle ritrova la forza di amare suo figlio, un traguardo molto importante per lei che era diventato quasi irraggiungibile. La scoperta della passione per Tony le consente di mollare la presa finalmente e di far crollare il muro che si è costruita attorno. Il rapporto con il bambino nel film è stata per me senz'altro la cosa più difficile da affrontare, ero totalmente sprovvista di mezzi, non sapevo come fare per conquistare la sua fiducia. Ero molto impressionata dalla sua forza e dalla verità che traspariva dal suo volto, non si può barare con i bambini, per questo con lui è stato tutto molto vero. Abbiamo dovuto abituarci l'uno all'altra, costruire reciprocamente un rapporto vero e autentico in corsa, una vera sfida.
Quanto c'è della sua vita personale nella passione e nella solitudine che ha saputo raccontare così bene in Angèle et Tony?
Alix Delaporte: La mia vita non c'entra, anche se più si cerca di non lasciarsi influenzare dalla propria esperienza personale e più si finisce per farlo. La verità è che non mi chiedo mai durante la lavorazione il perchè faccio una cosa o un'altra e se questa dipende da quello che ho vissuto nella vita reale, spesso sono i giornalisti che mi ci fanno pensare. E' anche vero che io e Clotilde sul set parlavamo molto poco, anche perchè io in generale parlo molto poco, per questo penso che il film in realtà un po' mi rispecchi visto che i dialoghi sono ridotti al minimo. Ho scelto lei non perchè mi assomigliasse ma perchè in lei vedo il mio modo di muovermi, perchè la trovo bella, perchè amo il suo modo di muoversi e di vivere il mestiere di attrice. L'ho inserita praticamente in ogni sequenza del film perchè è l'unica attrice che, dopo i provini, mi ha lasciato davvero qualcosa di profondo dentro.