Nell'agosto del 2023 ci lasciava Michela Murgia, una delle scrittrici più ribelli, disobbedienti e argute del nostro tempo. Una voce che, non solo con lo scritto, ha saputo mettere in luce i paradossi e le ipocrisie della nostra società, e che allo stesso tempo nelle sue storie ha dato vita a personaggi e situazioni così reali e tangibili che, proprio per questo erano in grado di scuotere e spaventare, spesso più di qualsiasi horror. Dopo aver raccontato la sua malattia in interviste e su i suoi profili social, nel maggio di due anni fa usciva Tre Ciotole. Rituali per una anno di crisi, un libro fatto di racconti nei quali la scrittrice riversa porzioni di vita degli ultimi anni vissuti: dalla pandemia fino alla fine, cucendoli addosso a personaggi che, forse, incarnano ciascuno una parte di lei, del suo dolore così come delle sue gioie e consapevolezze.

È anche per questo che c'era apprensione per il film, in sala dal 9 ottobre grazie a Vision Distribution, che pesca a piene mani dall'opera letteraria, pur scegliendo quella che in fin dei conti era l'unica strada percorribile: un adattamento libero che fa sua ogni tematica raccontata unendo il tutto in una storia unica, il racconto di una separazione, di una malattia e di una vita che va assaporata attimo dopo attimo, morso dopo morso.
Tre ciotole: tematiche condivise tra libro e film
Grazie alla sua struttura, come già accennato, il libro tratta una lunga serie di tematiche: i suoi personaggi, di cui non conosciamo il nome, possono rappresentare chiunque. Possono essere la scrittrice, possiamo essere noi, un nostro vicino, un'amica o un amico, un parente, ogni persona che incontriamo o incrociamo. In questa moltitudine di vite si parla di malattia, di maternità, di tradimenti, di abbandoni, di salute mentale e molto altro attraverso frammenti di esistenze, anime in crisi che subiscono e talvolta reagiscono.

Il lungometraggio di Isabelle Coixet prende tutto questo e lo fonde in una vicenda che racchiude ogni cosa, ogni elemento e ogni questione. Partendo dal racconto Il senso della nausea dove una donna ritrova una routine alimentare che, seppur inusuale, le permette di nutrirsi attraverso un suo personale rituale di vita, il film prende poi una strada più coesa che meglio si adatta alla visione su schermo. Quelle tre ciotole il cui acquisto nel racconto assume un significato di ripartenza dopo una dolorosa separazione, nel film mantengono lo stesso valore seppur con un'accezione più completa.
Tre ciotole da riempire di vita

Il personaggio di Marta, interpretato da Alba Rohrwacher, proprio come quello del libro trova nelle tre ciotole un rituale personale e soddisfacente: nel riempire quei contenitori di cibo colorato torna a provare quel gusto per la vita che sembrava averla abbandonata, il cibo cessa quindi di essere solo nutrimento e diviene qualcosa di cui godere, con cui sperimentare e allo stesso tempo celebrare un'esistenza passata e presente che, anche se terrificante, non smette di essere affascinante, ricca, piena e desiderabile fino all'ultimo respiro.
Il peso di ogni attimo
Nonostante, sia nel libro che nel film, il racconto della malattia sia spaventosamente veritiero, risulta veritiera anche la reazione dei personaggi a quello che è il traumatico stravolgimento di un'esistenza. Cè un prima della diagnosi e un dopo la diagnosi, una vita divisa in due e un male come interruttore, qualcosa che scatta e che cambia una persona in modo indelebile e piuttosto repentino. E quando la morte è il primo pensiero ecco qui che, in qualche modo, viene collocata ai margini dell'inquadratura, a bordo pagina, presenza costante che però viene prepotentemente surclassata da immagini ed esigenze di vita.

Non ho vissuto abbastanza, non mi sono goduta quel momento, avrei voluto gustare di più e senza pensieri il mio cibo preferito... la mente viene invasa da immagini di vita: rimpianti, desideri, amori, esperienze. Ogni attimo ha un peso, ogni respiro è ugualmente importante, ogni dolore, ogni emozione, scorrono in noi fino all'ultimo battito, perché anche la crisi fa parte dell'esistenza e prima della morte c'è molto, molto altro. Di questo parla Tre ciotole in poco più di 130 pagine raccolte in 120 minuti. Perché anche noi siamo contenitori pieni di infinte emozioni, esperienze e sensazioni.