Il giovane Tony Fox è una promessa dell'atletica leggera, ma i suoi sogni rischiano di infrangersi in seguito a un tragico accadimento: un giorno, mentre è in macchina insieme alla fidanzata Jasmine, è vittima di un incidente. Lei rimane pressoché illesa mentre lui riporta ferite più gravi, al punto che potrebbe non camminare mai più.
Come vi raccontiamo nella recensione di Cure pericolose, Tony è ora costretto su una sedia a rotelle, nella disperata ricerca di qualche tecnica rivoluzionaria che possa ridargli l'uso delle gambe. La madre Ellen viene contattata da Daphne, un'infermiera trentenne che si propone quale candidata ideale, disponibile ventiquattro ore su ventiquattro, per prendersi cura di lui e aiutarlo nella riabilitazione. La donna però comincia a sedurre giorno dopo giorno il suo inerme protetto, finendo per allontanarlo sempre più da Jasmine e a renderlo protagonista del suo folle piano. Perché Daphne è in realtà una psicopatica che già in passato ha preso di mira suoi ex pazienti...
Nelle spire della follia
L'inizio con una donna in fuga in un bosco è un copia/incolla di molteplici produzioni del genere per il piccolo schermo, un topoi al quale il regista Jeff Hare - vero e proprio esperto del settore - è solito affidarsi per aprire i suoi film. Un breve prologo dopo il quale Cure pericolose si sposta in avanti di ben sei mesi, per introdurci al cuore pulsante della narrazione e ai personaggi in essa coinvolti, con tutti i pro e i contro del caso. Un film che non può certo contare su una sceneggiatura sopraffina, con quell'evento clou scatenante l'incipit realizzato e forzato in maniera a dir poco approssimativa, ovvero l'incidente automobilistico nel quale il povero Tony vede potenzialmente infrangersi i suoi sogni di gloria.
Prigioniera della follia, la recensione: un thriller anonimo
Eros e Thanatos
Da quel momento in poi ha gioco un subdolo gioco di seduzione e pazzia, con il pubblico che è già a conoscenza fin dall'inizio dei subdoli intrighi psicologici orditi dalla villain, una dark-lady spietata e pronta a tutto pur di riuscire nel suo crudele intento, non guardando in faccia niente e nessuno. Daphne è una cattiva sui generis, che nella sua estrema ricerca di prendersi cura del malato sviluppa un'ossessione che ha molto in comune con l'iconico personaggio kinghiano interpretato da Kathy Bates in Misery non deve morire (1990), con il vantaggio non da poco di poter contare su una fisicità sexy e slanciata. Leann Van Mol è intrigante al punto giusto in questo ruolo sopra le righe, mentre lo stesso non si può dire per il resto del cast, con in particolare Chris Cimperman troppo anonimo nei panni di una figura vittima dei propri sbagli, ingenua e superficiale in più occasioni.
Tutto nella norma
D'altronde Cure pericolose è un'operazione pagante i cosiddetti limiti del sottofilone, che tante volte vi abbiano esposto in simili articoli riguardanti produzioni per il piccolo schermo. Una regia scolastica, una suspense incolore - con tanto di musichette a preparare a spaventi e/o colpi di scena - e una generale mancanza di slancio emotivo nella gestione non soltanto dei protagonisti ma anche della storia stessa, che si trascina senza particolare brio per la canonica, scarsa, ora e mezzo di visione. Visione coltivante tra l'altro il sogno erotico della donna più anziana - per modo di dire - che seduce il ragazzo adolescente, seppur con soluzioni che nascondono qualsiasi sussulto potenzialmente più hard in favore di un approccio a prova di pubblico generalista.
Conclusioni
Rimasto paralizzato dalla vita in giù in seguito a un incidente, il giovane Tony viene affidato alle amorevoli cure di una bella infermiera, forse fin troppo amorevoli. Daphne infatti è una psicopatica che già in passato ha sedotto alcuni suoi pazienti, con propositi assai inquietanti. Come vi abbiamo racconto nella recensione di Cure pericolose, ci troviamo davanti ad un thriller sulla carta morboso, replicante più o meno coerentemente la formula alla base di un signor prototipo quale Misery non deve morire (1990), ma messo in scena in maniera anonima e priva di guizzi, sulla scia dei tanti thriller televisivi stand-alone pensati per il piccolo schermo.
Perché ci piace
- Leann Van Mol è intrigante nelle vesti della villain...
Cosa non va
- ... ma il suo personaggio e gli altri sono vittima di una sceneggiatura poco organica.
- Regia piatta, sia nelle fasi tensive che in quelle pseudo-drammatiche.