Dal giornalismo alla moda. Cristina Parodi è tra gli ospiti dell'ottava edizione del BCT - Festival Nazionale del Cinema e della Televisione a Benevento: una pioniera sul piccolo schermo, "la giornalista delle prime volte", dato che lanciò il TG5 nei suoi due orari di punta (pranzo e serale) e poi Verissimo, il primo programma di infotainment della tv italiana a cui molti si sono rifatti successivamente. Ora è dietro un altro format di successo, Crida, che ha segnato una seconda vita professionale nella carriera della giornalista.
Nato dalla passione per la moda e dalla sua profonda amicizia con Daniela Palazzi, è sbocciato dopo un lungo rifletterci proprio nell'estate del 2019 con un lancio a febbraio 2020, nel momento in cui la pandemia avrebbe cambiato il mondo (anche della comunicazione) per sempre. Un inizio complicato quindi, che però ora gode di buona salute e grazie al quale non è previsto un format televisivo: la tv la guarda poco e non le interesserebbe tornarci, dato che c'è un tempo per ogni cosa nella vita di una persona.
La buona conduzione
Da veterana della conduzione e di molteplici esperienze e prime volte professionali, ci siamo fatti raccontare da Cristina Parodi le caratteristiche della buona e della cattiva conduzione secondo il suo vissuto: "Non voglio ergermi a giudice dei buoni e dei cattivi ma per la mia esperienza personale posso dire che per fare conduzione bisogna soprattutto prepararsi. Personalmente apprezzo le conduzioni che hanno dietro una preparazione, perché l'essere comunicativi può andar bene per qualsiasi cosa, ma per condurre un telegiornale o un programma d'informazione bisogna prepararsi e avere la capacità di esporre in maniera naturale i contenuti. Ho sempre odiato il gobbo e pensato che un giornalista debba conoscere le notizie e non leggerle. Io vengo dalla scuola di Enrico Mentana che è stata fondamentale per la mia carriera quindi cercare di essere molto chiari e molto sintetici, non usare luoghi comuni, non leggere appunto il gobbo, essere più naturali possibili. E poi ovviamente saper improvvisare all'occorrenza, all'inizio è un po' più difficile ma poi è mestiere che si impara con gli anni e diventa più facile. Per me Enrico è forse il miglior giornalista che abbiamo in Italia".
La buona comunicazione
In Crida, il nuovo progetto lavorativo, ha dovuto misurarsi insieme alla socia con un altro format di comunicazione, ovvero i social media e social newtork. Un approccio sicuramente diverso come racconta lei stessa: "All'inizio della mia carriera i social non esistevano (ride), dato che ho iniziato in televisione negli anni '90. In questa seconda fase della mia vita professionale i social sono fondamentali, soprattutto nel mondo della moda è importantissimo esserci e comunicare bene. Certamente in questa nuova sfida e professione, il fatto che io sia una giornalista e che comunque la comunicazione sia un po' il mio pane ha aiutato molto a veicolare i nostri contenuti e il nostro progetto. Un progetto che nasceva intorno all'abito, che è quello che a noi interessa fare, con delle caratteristiche ben precise: il made in Italy, solo tessuti italiani, manifatture del territorio, sostenibilità assoluta. Questi sono tutti concetti che bisogna raccontare e ben veicolare e, avendo noi poco spazio in televisione, meno male che ci sono i social!"
La passione per The Crown
A proposito di prime volte, Cristina Parodi è anche appassionata ed esperta di reali inglesi, o almeno lo è diventata: "Me ne sono occupata fin dall'inizio del TG5 e, come succede spesso nelle redazioni, la prima volta che bisognava realizzare un servizio sui reali l'hanno affidato a me, e da lì sono diventata la royal watcher (ride) per vent'anni (ride"). Impossibile non chiederle a quel punto di The Crown: "Trovo che sia un bellissimo prodotto e me lo sono bevuto, ovviamente ho apprezzato maggiormente alcune cose e altre meno, ma rimane una grande serie che documenta e racconta una realtà che sembra anacronistica ma che in realtà continua ancora oggi. Io poi, avendola seguita per tanti anni, conoscevo bene le dinamiche, ma immagino che invece la maggior parte dei telespettatori abbiano capito che cosa rappresenta davvero essere la famiglia reale inglese grazie allo show. Non si tratta semplicemente di 'Quanto vorrei essere la Regina' o Kate e così via, sono lavori impegnativi".