Corri ragazzo corri: una corsa a perdifiato nella memoria più dolorosa

La storia, tratta dall'omonimo bestseller firmato dall'israeliano Uri Olev e ispirata alla stra-ordinaria avventura esistenziale di Yoram Fridman, è tutta incentrata su un bambino ebreo, Jurek, che incontriamo nella prima scena steso a terra. Attorno a lui, solo neve e ghiaccio.

Un romanzo d'avventura. Una storia di formazione. Un running movie (categoria ormai a sé stante, Lola corre insegna). Un film di finzione con un finale da documentario. E una pellicola sulla memoria. E' tutto questo, insieme, Corri ragazzo corri di Pepe Danquart, la cui uscita in sala non a caso è stata posizionata in concomitanza con la giornata della memoria (26, 27, 28 gennaio).

La storia, tratta dall'omonimo bestseller firmato dall'israeliano Uri Olev e ispirata alla stra-ordinaria avventura esistenziale di Yoram Fridman, è tutta incentrata su un bambino ebreo, Jurek, che incontriamo nella prima scena steso a terra. Attorno a lui, solo neve e ghiaccio. Vive nella foresta, mendica cibo come può, vive perennemente in fuga e si fa chiamare con un altro nome. Perché è ebreo, e i nazisti gli danno la caccia. Nella foresta troverà riparo e compagnia (un gruppo di ragazzini nella sua stessa drammatica situazione), imparerà a sue spese il significato della parola 'sopravvivenza' e nel suo cammino - sempre in corsa, costantemente sopraffatto da incubi, ricordi e terrore - incontrerà qualcuno che gli tenderà la mano. Punto, il film è tutto qui.

Raccontare il dolore

Corri ragazzo corri: una scena del film drammatico
Corri ragazzo corri: una scena del film drammatico

Il resto appartiene al regno del retorico e del già visto: disobbedendo palesemente alla regola d'oro del saper raccontare il dolore di autori come Haneke (che, vale la pena ricordarlo, in Amour racconta malattia, morte e drammi personali senza far versare mezza lacrima ai suoi protagonisti), Danquart sceglie la via più facile e ci mostra un bambino offeso, tradito, ferito, disperato con il volto quasi perennemente in lacrime. Ci si abitua presto, purtroppo, a vederlo piangere e il pathos non viene ravvivato da facili scene di continui abbracci tra vittime, o meccanismi altrettanto facili di suspense (sempre innescati da una visione manicheista e semplicistica di buoni/cattivi).

Corri ragazzo corri: Jurek, il giovane protagonista del film, in una scena
Corri ragazzo corri: Jurek, il giovane protagonista del film, in una scena

Manca l'approfondimento, manca una vera introspezione dei personaggi. C'è l'azione, c'è la storia, ci sono scelte visive e registiche più o meno valide (le più interessanti: una fotografia algida e desaturata, inserti onirici alternati a sequenze di pura azione, una certa parsimonia nell'uso dei flashback). Resta, a fine visione, il fastidio per l'insistenza dell'effetto shock sullo spettatore (squartamenti di animali e menomazioni di arti infantili puntualmente in primo piano) e la sensazione di un'occasione, in fondo, sprecata. Quella di una storia vera degna di attenzione e di rispetto: un'avventura esistenziale stra-ordinaria, come appunto dicevamo all'inizio, raccontata tuttavia in modo del tutto ordinario, e dunque poco potente.

Corri ragazzo corri: una scena
Corri ragazzo corri: una scena

In fuga con Jurek

Intensa la performance di Andrzej Tkacz, il cui sguardo spaesato e doloroso resta dentro. Soprattutto in quella che forse resta la scena più forte del film: nessuna fuga, a caccia all'uomo terminata si torna nel più proprio. Cioè a casa. Ma riappropriarsi del più proprio, per chi ha subito la Storia, diventa un'impresa impossibile: e così lo sguardo del piccolo Jurek che scopre macerie al posto della sua casa si fa metafora della disperazione dell'apolide di qualunque paese ed epoca storica.

Movieplayer.it

2.0/5