Dove eravamo rimasti
Incaricato di sconfiggere le forze del male, John Constantine e i suoi alleati, Zed Martin e Chas Chandler, viaggiano attraverso gli Stati Uniti per risolvere vari casi legati ad attività soprannaturali che mostrano la presenza di entità demoniache. Con l'aiuto dell'angelo Manny, Constantine finisce per scoprire che all'origine dell'Apocalisse imminente c'è una stirpe nota come La Brujeria, talmente antica e potente da essere diventata una leggenda.
Come se non bastasse, la situazione è complicata ulteriormente dall'avvertimento che il mago inglese ha appreso da un'altra fonte: l'ascesa del male sarà causata da una persona a lui vicina. Intanto Zed deve fare i conti con il proprio passato e con i rischi che sta correndo nel presente...
E ora, il gran finale
Waiting for the Man vanta il ritorno di Jim Corrigan, sempre più vicino a divenire lo Spettro, e un colpo di scena conclusivo che pone delle basi interessanti per una seconda stagione, ammesso che questa venga confermata. Ebbene sì, ancora non sappiamo se la NBC ritiene opportuno rinnovare una serie che, oltre ad ascolti non proprio entusiasmanti (pur trattandosi della NBC nelle sue condizioni attuali), ha ottenuto un consenso più misto/negativo che positivo da parte di critica e spettatori. Del resto, il fatto di aver sospeso la prima stagione dopo tredici episodi, anziché estenderla a ventidue, era già un segnale poco incoraggiante. Sarà forse anche per questo che gli autori hanno deciso di dare un minimo di soddisfazione ai fan di Hellblazer, mostrando finalmente, senza trucchi e censure varie, John Constantine mentre fuma una sigaretta (anzi, più di una). Ma è un esempio lampante di quello che gli americani chiamano too little, too late. A questo punto è difficile credere che la serie abbia molte chances di sopravvivenza, e francamente non sarebbe una gran perdita.
Cosa non ha funzionato
Col senno di poi, viene spontaneo pensare che John Constantine fosse nei guai sin da quando la DC ha deciso di reintegrarlo nell'universo fumettistico tradizionale, al fianco di Batman, Superman e compagnia bella, lontano dalle atmosfere più adulte del mensile Hellblazer. Il fatto che la serie fosse stata inserita nel palinsesto della NBC anziché di un'emittente cable era un altro segnale d'allarme; certo, "il pavone" - soprannome del canale in America per via del logo - trasmette anche Hannibal, ma quella è una co-produzione europea, mentre Constantine, malgrado la nazionalità inglese del suo protagonista, è realizzato da americani, più restii a mostrare, per lo meno su un canale generalista, contenuti troppo cruenti.
Il regista Neil Marshall ce l'ha messa tutta, dando al primo episodio un'atmosfera sufficientemente macabra e malsana, ma già a partire dal secondo capitolo l'estetica si è fatta sempre più edulcorata, riducendo il reparto visivo ad una pallida copia di Supernatural. Non che il contenuto fosse più meritevole: mentre disseminavano indizi legati ad un arco narrativo con pochissima carne al fuoco (La Brujeria, la guerra tra angeli e demoni, la futura entrata in scena dello Spettro, la Resurrection Crusade), gli autori trattavano le trame dei singoli episodi come se Constantine fosse un procedural, con l'aggiunta di qualche demone qua e là. Il finale promette, sulla carta, una strada diversa per il futuro (che sarà determinato entro il mese di maggio, secondo lo showrunner Daniel Cerone), ma è alquanto inaccettabile che ci siano voluti tredici episodi solo per capire minimamente dove vorrebbero andare a parare gli autori.
Cosa ha funzionato
Diamo a Cesare quel che è di Cesare: anche nei momenti peggiori, Matt Ryan non ha mai deluso. Certo, era difficile fare di peggio rispetto all'interpretazione di Keanu Reeves nel Constantine cinematografico, ma trovare un attore capace di mostrare l'essere umano sotto la corazza protettiva di cinismo, sarcasmo e tabacco non sarà stata un'impresa facile. L'attore gallese ha dato il meglio di sé, così come il cast di contorno e le guest star (menzione doverosa per Mark Margolis nei panni di Felix Faust). Se la scrittura fosse stata all'altezza delle interpretazioni, soprattutto del protagonista, Constantine avrebbe potuto essere un buon pezzo di televisione di genere. D'altronde, è alquanto buffo pensare che il miglior esempio delle potenzialità di Constantine sia un corto animato in stop-motion: il satirico John Con Noir, dove il protagonista si reca a Los Angeles per indagare sulla scomparsa di David S. Goyer e Daniel Cerone...
Il futuro
L'ultima scena del finale di stagione svela l'identità del vero Big Bad della serie: è Manny (Harold Perrineau), l'angelo che appariva di tanto in tanto per dare delle "dritte" a Constantine. Papa Midnite, al quale è appena stato intimato di non torcere un capello al mago di Liverpool, chiede all'angelo: "Quindi tu lavori per La Brujeria?". La risposta: "No, La Brujeria lavora per me!". In sostanza, Manny occupa la posizione dell'angelo ribelle già vista nella versione cinematografica (ai tempi si trattava dell'arcangelo Gabriele, con le fattezze di Tilda Swinton). To be continued... ?
Conclusione
Un'annata inaugurale schizofrenica, a tratti interessante ma nel complesso confusa e priva di un vero senso di direzione narrativa. Un personaggio come Constantine meritava molto di più, ed è improbabile che il trattamento televisivo possa fargli giustizia, casomai la NBC decidesse di continuare. Aspettiamo dunque, fiduciosi, il Justice League Dark fortemente voluto da Guillermo del Toro...
Movieplayer.it
2.5/5