La relazione d'amore tra Pupi Avati e il piccolo schermo continua con il tv movie Con il sole negli occhi, in onda su Rai Uno lunedì 2 febbraio in prima serata. La storia, prodotta da Duea Film, ha il patrocinio di UNHCR e dell'Associazione Centro Astalli - JRS Italia e come protagonista Laura Morante.
L'attrice interpreta Carla Astrei, che vive un'esistenza all'apparenza perfetta: un matrimonio lungo 21 anni (anche se senza figli), uno studio legale nel cuore di Roma, una carriera di prestigio, un'invidiabile condizione economica. All'improvviso tutto cambia: il marito perde la testa per un'altra e ogni pezzo del puzzle perde senso. D'improvviso un'altra presenza sconvolge tutto: quando incontra un bambino di otto anni, sbarcato a Lampedusa dalla Siria, qualcosa si riaccende. Lui non parla (lo chiamano Marhaba, "benvenuto"), ma non lascia mai una vecchia foto di sé e di due altri bambini. La mostra a tutti ma nessuno sembrano conoscerli, finché non arriva Carla. Queste due solitudini finalmente s'incontrano e si completano in una ricerca emozionante e piena di sorprese.
Il cast comprende anche Paolo Sassanelli, Michele La Ginestra e Lina Sastri. Il regista abbraccia un tema delicato e controverso, quello della migrazione, con i toni asciutti che lo contraddistinguono.
Un'operazione necessaria
"Si tratta di un tema nodale della società - racconta Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction - raccontato in una storia archetipica di ritrovata maternità con un tema scomodo, quelli dei migranti, che penetra il cuore di chi lo guarda. È una storia semplice, quasi scarna, d'amore. Si parte da un lutto sentimentale di una donna che - dopo una vita di routine di coppia che non ha prodotto un sentimento vero - si ritrova di fronte al fallimento della sua vita. Incontra lo sguardo di un bambino che salva il suo destino. La vera prova è quella finale, che sacrifica il proprio sentimento per la felicità del bambino. Passa un messaggio importante: parlando del piccolo profugo che scappa dalla guerra non riusciamo a non toccare un tema generale, in una storia che appartiene a tutti i migranti". Lo sviluppo di questo progetto s'inserisce in un quadro più ampio: "La collaborazione con Pupi Avati - continua - dura da tempo e in questo tv movie usa il suo stile secco, senza sentimentalismi, e ci permette una chiave poetica nel toccare questi temi. E Laura Morante porta dentro di sé il complesso percorso del personaggio".
Quello che il cinema non dice
Il film conferma l'intenzione del regista di proseguire a usare il piccolo schermo come canale privilegiato dei suoi racconti. "Nessuna società cinematografica - ha precisato - mi avrebbe permesso di farlo. Oggi si fa solo cinema di puro intrattenimento, tranne rare eccezioni. Più ci si allontana dalla realtà e più si fa successo. Manca uno strumento attraverso cui raccontare altre storie, nell'Italia del reale. Questo genocidio del Mediterraneo, stracolmo di persone che spesso non sono arrivate, dovevano essere raccontate. Questo lutti e disastri non vanno più in prima pagina, non interessano più nessuno perché si parla solo di numeri e non delle storie delle singole persone". A dar vita a questa straziante vicenda è il piccolo protagonista, quello "con il sole negli occhi" di cui parla il titolo del tv movie. "L'ho fatto per renderla più seducente - commenta il regista - Se lanci un pallone qualsiasi in mezzo ad un campo qualunque bambino si mette a giovare, a prescindere dalla provenienza. Un adulto non lo farebbe, per via delle differenze culturali. E poi c'è l'avvocato matrimonialista che invece parla di "ricongiungimenti", ma che bella parola!".
Quella donna sola
Proprio la speranza di quel piccolo profugo senza futuro ridona inspiegabilmente la vita alla protagonista. "Il nostro mestiere - commenta Laura Morante - consiste nell'equilibrio tra emozioni e controllo. Anche se devi fare una scena drammatica devi comunque ricordare le battute e riflettere sulle regole del mestiere. È una vicenda umana toccante in un momento di crisi e guerre, in un periodo in cui l'egoismo trionfa. Questi migranti sono stati abbandonati ma noi italiani sappiamo cosa vuol dire, lo siamo stati sia in Italia che all'estero". Il film ha richiesto sei settimane di riprese, compresi 4-5 giorni di trasferta a Berlino e ha puntato i riflettori sul lavoro di volontari e operatori del settore, come Marzio, interpretato da Michele La Ginestra: "Per me è motivo di gioia affrontare tempi importanti, sono soddisfatto, e Pupi Avati mi ha regalato un affetto spontaneo". "Io voglio molto bene agli attori - conferma il regista - sono una persona molto sincera ed è un mio limite. Il mio cinema non ha committenza, grazie al cielo l'industria culturale più grande del paese manifesta interesse".