La nostra intervista con Milo Manara non poteva che iniziare da una considerazione. Il fumetto - e l'arte in generale - è ancora considerato un hobby e non un lavoro a tutti gli effetti. Del resto, come ci ha detto il fumettista: "Anche se ti chiami Manara ti chiedono di regalargli le tue tavole...". L'artista, ospite d'onore del Comicon di Bergamo, sta accompagnando la mostra Milo Manara. Vite d'artista. Da Caravaggio a Fellini, ospitata nell'ex Chiesa della Maddalena, in via Sant'Alessandro a Bergamo, aperta al pubblico dal 22 giugno al 10 settembre.
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Ma non solo, perché la presenza al Comicon segue l'ultimo lavoro di Milo Manara, ossia Il nome della rosa. Parte prima (Oblomov Edizioni), adattamento a fumetti del romanzo di Umberto Eco. Appunto, lavoro. "Forse siamo legati alla logica dello spaccare pietre", confida Manara. "Tuttavia, non ci sono lavori 'molto meno lavori'. Quando ero ragazzo, e facevo il pittore, mi chiedevano 'quando mi regali un quadro?'. Credo ci sia un pregiudizio. L'ispirazione messa su tela è un lavoro. Si tende a pensare che l'ispirazione non sia 'fatica'. Ma come dicava Picasso, 'il 10% è ispirazione, il 90 è traspirazione, sudore'".
Da Caravaggio a Raffaello
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Attivo da oltre quarant'anni, i fumetti e i disegni di Milo Manara hanno tagliato verticalmente generazioni su generazioni, cambiando la prospettiva del fumetto e del fumetto erotico italiano. Ma qual è stato il primo disegno dell'autore? "Eh... me lo ricordo. Ho ricopiato l'asinello del presepe. È il primo disegno di cui ho memoria. Un asinello accosciato...". Tra l'altro, l'asino, è un animale ricorrente nell'iconografia di Caravaggio, che Manara ha sempre avuto come punto di riferimento. "Caravaggio organizzava i modelli come adesso i fotografi utilizzano i loro. C'era un set. Come nel cinema. Luce, personaggi. Bisogna però stare attenti: Caravaggio non scattava foto, ma dipingeva a mano. Oggi impera la convinzione che l'arte sia concettuale. Ma in realtà sono autori tecnici, artigianali. Se pensiamo a Raffaello, pensiamo alla sua scuola. Lavorava poco, ma dava indicazioni. Come i lavori in Vaticano. Per esempio, 'La Cacciata di Eliodoro dal tempio' non lo ha fatto lui, e si vede. Il tocco naturale è qualcosa che lo differenziava. Giulio Romano, grande pittore, non era Raffaello. In questo senso mi pare che il fumetto si stia avvicinando all'arte concettuale: una figura simbolica, ma senza un vero valore estetico e manuale".
"Il cinema? Sulla mia tv!"
Da Caravaggio a Umberto Eco, dunque. Allora, chiediamo all'artista come sia nato l'adattamento a fumetti de Il nome della rosa. "Me lo hanno proposto. E hanno trovato terreno molto fertile. Leggevo spesso Umberto Eco. Una lettura sempre interessante, istruttiva. Anche umoristica. Da una parte c'era il timore di addentrarmi in territori non abituali, dall'altra parte avevo per le mani qualcosa di grandioso".
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Letture, opere, e visioni. Durante l'intervista, Manara racconta il rapporto che ha con il cinema. "Guardo molto cinema, ma in tv. Vedo almeno un paio di film al giorno. Senza pubblicità. La pubblicità è una mancanza di rispetto. D'altra parte non vedo la tv generalista. Di film ne vedo tanti, ma è un po' che non vado al cinema. Forse... da 'La tempesta perfetta'. O da 'Il Gladiatore'. I televisori del resto sono diventati grandi, non ci sono rotture di scatole, e il cinema del mio paese ha ormai chiuso...".
Milo Manara oggi? "Impossibile..."
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In chiusura, una riflessione. Oggi potrebbe nascere un nuovo Milo Manara? "Oggi avrebbe la vita più difficile. Quando ho cominciato a fare i fumetti, anche erotici, il momento era di grande trasformazione sociale e sessuale. Cinema, letteratura, fumetti hanno contribuito al cambiamento sociale, sul piano del costume. Prima degli Anni Sessanta eravamo vicini ai Talebani come mentalità. Poi, i fenomeni pop come i Beatles, o i concorsi di cambiamento, compresi i fumetti erotici, hanno traghettato i lettori da adolescenti infantili all'età adulta. Capofila è stato Diabolik. Oggi non ci sarebbero gli stessi spazi, forse. E la censura, oggi, arriva più da sinistra che da destra...".