Recensione I guardiani del giorno (2006)

Confuso, malnarrato e traboccante di figure retoriche cinematografiche arriva in Italia il secondo episodio della saga fantasy moderna che ha fatto registrare incassi da record in Russia ma che manca di accontentare il pubblico internazionale

Come in una pubblicità Campari

Nella Mosca dei giorni nostri si scontrano forze del bene e forze del male. Agendo su un piano invisibile ai comuni mortali i guardiani delle tenebre e quelli del giorno badano che le rispettive forze nemiche non rompano la tregua che da millenni scongiura una guerra che potrebbe essere letale per il mondo intero. Ma tutto sembra pronto a crollare quando la comparsa di alcuni individui straordinari (uno per parte) lascia presagire la fine.

Arriva anche in Italia la seconda parte del blockbuster che ha fatto registrare record di incassi senza precedenti nella madre patria, la Russia. Tratti da una trilogia di libri fantasy moderni, i film di Timur Bekmembatov (di prossima uscita anche il terzo capitolo, I guardiani del crepuscolo), hanno costituito un esperimento che ha cambiato profondamente l'ordine e la struttura della cinematografia russa, che se prima non aveva importanti studi di effetti speciali e non puntava sul cinema di fantascienza popolare, ora diventa una delle prime nazioni al mondo in questo settore, i cui servigi vengono richiesti anche ad Hollywood.

Eppure dietro al carrozzone fracassone di Bekmambetov c'è poco cinema e molta cultura popolare. I Guardiani Del Giorno, ancora di più del precedente I Guardiani Della Notte, propone a fronte di una narrazione confusissima (frutto di un cattivo adattamento del libro), continui giochi di accelerazione visiva ed effetti speciali rocamboleschi molto spesso fini a se stessi.
Simile per molti versi ad un'estetica pubblicitaria, l'idea di cinema di Bekmambetov è quella di una macchina popolare che sappia avvincere e abbia ritmo, ma che non si preoccupa di andare oltre la prima impressione nè di andare oltre le consuete figure retoriche del linguaggio cinematografico.

Dinamiche noir ormai entrate nell'immaginario collettivo (la donna che entra nel taxi e dice all'autista di andare dove preferisce) o scene che sembrano prese direttamente dai melodrammi popolari (il padre anziano e povero che entra nella festa sfarzosa dove il figlio diventato importante sembra non riconoscerlo più) dominano un film che procede per piccoli quadri e manca di costruire personaggi che siano credibili lungo tutta la pellicola.