Melissa e Sabrina sono amiche da sempre, fin da quando erano bambine. Una vita vissuta una al fianco dell'altra a cui il destino regala la gioia di una gravidanza vissuta insieme. Ma, poco dopo essere diventate madri, perdono la vita in un tragico incidente. I loro mariti, Giorgio e Alessandro, attoniti davanti al dolore e alla sfida di essere padri da soli, scelgono di aiutarsi a vicenda per crescere i figli. Nasce così una nuova famiglia che Antonio Padovan racconta in Come fratelli, pellicola con protagonisti Francesco Centorame, Pierpaolo Spollon, Ludovica Martino, Paola Buratto e Mariana Lancellotti in sala dopo l'anteprima al Taormina Film Festival.
Come fratelli e una storia che contiene speranza
"Mi sono innamorato subito della storia appena l'ho letta perché parla di una nuova famiglia che nasce nel contesto di quella tradizionale. È il frutto di un lutto e contiene all'interno una tenerezza e una speranza nella voglia di guardare avanti", spiega Padovan nel raccontare la genesi della pellicola scritta da Martino Coli.
"Racconta di come un lutto possa essere un seme da cui nasce una nuova vita. Ho amato i due protagonisti, due ragazzi costretti a diventare uomini troppo velocemente. Francesco e Pierpaolo hanno dato loro vita in modo molto dolce e delicato. Ho cercato di portare la mia sensibilità a questa bellissima storia".
Uno dei pregi di Come fratelli è la cura con la quale ogni scena è costruita da un punto di vista formale. "Considero lo spettatore un collaboratore. In ogni film che faccio, prendo ogni scelta seduto nella poltrona del cinema come fossi uno di loro", sottolinea il regista. "La luce è un po' la penna del cinema. Ci tenevo a trasportare nell'immagine tenerezza e dolcezza. Volevo che entrassero in ogni reparto, dalla luce morbida ai costumi delicati passando per le scenografie ricche. È come se ogni cosa abbracciasse questi personaggi e li sostenesse".
La sorellanza
La storia prende le mosse dalla profonda amicizia che lega Melissa e Sabrina e che rappresenta il motore narrativo di Come fratelli. "Ho cercato di andarci con una leggerezza che vedevo già in scrittura nella relazione con Francesco", spiega Paola Buratto. "Notavo come fosse un personaggio giovane e che questa giovinezza la volesse portare, senza mostrarla, come fosse la sua natura. Non solo una giovinezza d'età, ma d'animo, che va in contrapposizione con la coppia equilibrata che creiamo. È stato molto divertente affacciarmi a questo personaggio perché mi richiedeva di fare una cosa che amo nella recitazione: giocare tanto".
"Quando ho letto la sceneggiatura sono stata colpita da questo punto di vista nuovo di raccontare il maschile e il femminile", le fa eco Mariana Lancellotti. "Si vede nella relazione di amicizia profonda che hanno i nostri personaggi, nella sorellanza omozigotica che si crea, nella loro dipendenza. Non c'è un conflitto femminile, non c'è invidia. C'è la voglia di costruire insieme. Si crea quel legame positivo che è proprio delle donne".
Raccontare la paternità, senza polemiche
Come fratelli non è solo la storia di un'amicizia femminile. È sopratutto la storia di una famiglia d'elezione in cui i protagonisti si scelgono per supportarsi a vicenda. "È stato uno dei motivi per il quale ho voluto fare fortemente questo film. È una storia insolita, anche nell'immaginario collettivo, quella di due papà che si trovano nella totale difficoltà a crescere i propri figli, imparando. Che è la cosa che fai quando cresci un bambino. Non lo sai fare. Impari facendolo quotidianamente", confida Centorame.
"L'essere buffo del mio personaggio si contrapponeva sempre con una realtà molto cruda. Questo ci ha dato uno spunto di grande riflessione anche sul cosa stavamo raccontando. Mentre giravamo ci siamo resi conto delle difficoltà pratiche che ci sono nel cercare di far arrivare un messaggio che non deve essere polemico. È stato davvero fresco e originale poterlo fare".
"Dal punto di vista della paternità, diciamo che avevo semplicemente la fortuna di essere più abituato all'esaurimento, alla pazienza e al fatto che sono bambini. Quando stavamo sul set con loro, dal punto di vista organizzativo, sono stati perfetti", racconta l'attore, nella vita è realmente padre, in relazione al lavoro con i piccoli interpreti. "Abbiamo avuto il tempo di provare insieme, anche perché c'erano tante cose che loro improvvisavano. Hanno portato molta spontaneità. Sono stati fortissimi. Hanno avuto una certa resistenza, perché per girare una scena ci si mettono due o tre ore. Era veramente un gioco per loro e anche noi ci sentivamo liberi di giocare. Ci hanno molto alleggerito".
"Dal punto di vista della paternità, a livello pratico impari tanto stando da solo con un figlio. Soprattutto a non dare per scontato quello che succede quando non sei a casa" prosegue Centorame. "Nel film si vede e la cosa bella è proprio questa. Non per forza c'è bisogno di raccontare una storia tra due persone omosessuali. Si può creare un luogo senza dover mettere sessi, confini o limiti. Semplicemente un luogo in cui ci si aiuta, in cui trovi un'altra persona che diventa fondamentale".