Com'è profondo il mare
Dopo il successo indipendente e circoscritto di Rushmore e quello ben più ampio e mondiale de I Tenenbaum, Wes Anderson torna al cinema con un film che dimostra come la sua carriera sia in costante ascesa e miglioramento. Un film che conferma lo straordinario talento, la creatività e lo sguardo unico di questo regista poco più che trentacinquenne, texano ma newyorchese d'adozione.
Le avventure acquatiche di Steve Zissou ha una trama tanto semplice da risultare quasi banale: lo Steve Zissou del titolo è un celebre oceanografo e documentarista ormai in declino, che dopo la morte del suo amico Esteban - divorato da uno squalo enorme e di razza sconosciuta - decide di giocare il tutto per tutto partendo alla ricerca del pesce, battezzato "squalo giaguaro". Con lui, a bordo della sua nave, la "Belafonte", tutto il Team Zissou, formato da personaggi eccentrici ed eterogenei, e poi la moglie e un ragazzo di trent'anni del Kentucky, appena conosciuto, che potrebbe essere suo figlio.
Tante e particolari sono le avventure che Steve e il suo team si troveranno a vivere nel corso di questo viaggio, un viaggio di ricerca e di scoperta (dello squalo giaguaro ma anche e soprattutto di se stessi e degli altri), il cui epilogo non è meno importante di tutto il cammino fatto per giungervi.
Così come avvenuto per I Tenenbaum, dove i temi del film erano le strutture familiari e la necessità/impossibilità della cosiddetta "normalità", anche con Le avventure acquatiche di Steve Zissou Wes Anderson dà vita ad un'opera molto più complessa della sua apparenza. Quasi utilizzando una metafora marina e - appunto - acquatica, Anderson ha realizzato un film profondo e stratificato, dove sotto una superficie fatta di genialità visiva, meravigliosa e sbalorditiva eccentricità, irrefrenabile umorismo, si nuove sinuosa (liquida) una storia commovente e struggente, la storia di un uomo alle prese con un difficile bilancio esistenziale, un uomo che andando alla ricerca di questa sua personalissima balena bianca va in realtà alla ricerca di se stesso, di un equilibrio perso e di un futuro che pare non esserci. In questo senso è impossibile non fare paragoni col Moby Dick di Melville, di cui a nostro giudizio questo film altro non è che una versione post-moderna, retrofuturistica e stralunata.
Bill Murray è semplicemente straordinario nei panni di questo Achab/Cousteau/Zissou, recitando con semplicità sbalorditiva per i livelli di intensità che riesce a raggiungere. Come nelle due splendide e commoventi scene finali del film: la prima, magica e surreale, dove Zissou e i suoi amici incontrano finalmente lo squalo giaguaro nelle profondità dell'oceano e dove sulle note di Staràlfur dei Sigur Ròs Zissou pone a se stesso e agli altri una domanda tanto dolorosa quanto inevitabile. La seconda quando Zissou raccoglie i frutti di questa faticosa e lacerante ricerca (di se stesso), allontanandosi lento e conciliato con un bambino simbolo di una rinnovata speranza nel futuro e nella vita.
Intorno a questo struggente racconto centrale, focalizzato e concentrato su un protagonista egotico e intenso come Zissou, Anderson affianca personaggi, situazioni e dettagli che non sono mai realmente secondari o marginali. Ogni tassello narrativo e visivo de Le avventure acquatiche di Steve Zissou è stato curato in modo quasi maniacale dal regista: tutti i personaggi e le singole storie e vicende ad essi legati sono funzionali a loro stessi e al quadro più ampio del film. Ne sono perfetto esempio i personaggi di Ned (Owen Wilson), di Jane (una splendida Cate Blanchett), ma anche quelli di Eleanor (Anjelica Huston) e Klaus (Willem Dafoe): personaggi mai decorativi o di contorno ma che con Steve Zissou condividono una parabola esistenziale, un'evoluzione, oltre ad essere funzionali e mai accessori a quelle dello stesso Steve, che nel ritrovare se stesso deve principalmente (ri)scoprire le dinamiche relazionali, amicali e sentimentali con l'altro.
Lo stesso accade nel film a livello visivo e iconografico, e anche riguardo la colonna sonora. Lo stile bizzarro, originale, straniato e straniante di Anderson ha un pregio enorme, quello di non essere mai gratuito. Così come ne I Tenenbaum, colpisce la perfetta costruzione delle inquadrature, curate nel minimo particolare, lo stile quasi illustrato/illustrativo delle visioni d'insieme e non: uno stile che non arriva mai ad essere stucchevole. Anderson dimostra poi tutta la sua voglia di realizzare un film colto e positivamente snob ed elitario nella sua ricostruzione degli anni Settanta dove il film è/dovrebbe essere ambientato: gli anni Settanta dove personaggi come il Jacques Cousteau ovvia ispirazione per Zissou non solo erano ancora possibili, ma erano degli eroi cui bambini (e non) si rivolgevano con emozione e deferenza, ai quali scrivano lettere - e non, si badi, e-mail o SMS. Anni Settanta citati nell'estetica e nella frenesia da telefilm in alcune delle scene e delle situazioni più movimentate del film. Anni Settanta ricreati con un gusto bizzarro e insolito per uno statunitense, ma molto più vicino a quella sensibilità europea, mediterranea, italiana che chi ha oggi più di una trentina d'anni ricorda con nostalgia e affetto.
Per quanto riguarda poi la soundtrack, la forte presenza di brani del primo David Bowie (sia nella versione originale che in quella adattata in portoghese da Seu Jorge, che interpreta il personaggio di Pelè) è ascrivibile a questa filologia dei Settanta, ma nel caso specifico c'è dell'altro, un legame forte - forse inconscio - con la narrazione tutta e con i personaggi del film, Steve su tutti. Il Bowie de Le avventure acquatiche di Steve Zissou è quello di Space Oddity, di Ziggy Stardust, di Hunky Dory, è il Bowie più stralunato e spiazzante, che cantava di strane avventure spaziali e strani personaggi: c'è una perfetta sintonia di sensazioni e intenti tra quella musica e il racconto di Anderson, dove il personaggio di Bill Murray vive allo stesso tempo immerso e distaccato nel (suo) mondo, non importa se (si) sia sulla terraferma, nelle profondità del mare o nelle immensità dello spazio.
Anche la musica (e non solo quella di Bowie ma anche quella dei già citati Sigur Ros e le altre) contribuisce quindi a rendere e amplificare il senso di questo film e di questa storia. Le avventure acquatiche di Steve Zissou è coltissimo, coinvolgente, esilarante, malinconico e struggente. È un film ricercato ed elitario, che forse (probabilmente) non sarà in grado di toccare adeguatamente il grande pubblico, ma che regalerà emozioni durevoli e profonde a quanti saranno in grado di leggerlo nella giusta maniera. Un film inevitabilmente teso verso il futuro del cinema e del suo linguaggio. Resta solo da auspicare che il resto mondo del cinema sia d'accordo nell'andare in questa direzione.