Dopo molti giorni in cui la qualità della selezione si è mostrata decisamente altalenante, le eccellenti pellicole viste nelle ultime ventiquattro ore, forniscono a caldo una sensazione molto diversa del festival di quest'anno.
Di grande interesse l'horror thriller australiano Wolf Creek, costruito su un ottimo uso della tensione e dotato di una credibilità sempre più rara nel genere.
Di tutto altro genere ma assolutamente impedibile Moments choisis des Histoire(s) de Cinéma, il documentario di Jean-Luc Godard sulla storia del cinema e su molto altro in perfetta aderenza all'inimitabile stile del regista francese.
Sulla stessa linea, nonostante le evidenti differenze l'interessante restauro di Appunti per un Orestiade africana, un documentario di grande ricerca di Pier Paolo Pasolini, rifiutato dalla Rai che glielo aveva commissionato nel 1967.
Sicuramente da citare anche il ritorno di un grande vecchio del cinema giapponese: Seijun Suzuki, presente con il suo Operetta tanuki goten e l'ennesimo apprezzabile film coreano Crying Fist, dal grande dinamismo e padronanza tecnica.
Ma il grande rilancio c'è stato nella sezione del Concorso. Ieri sera ha stupito tutta la stampa l'eccellente esordio dietro la macchina da presa di Tommy Lee Jones (precedentemente aveva solo diretto per la televisione The Good Old Boy, nel 1995) autore di un western crudo ed affascinante dal titolo Le tre sepolture . Paragonato da molti addetti ai lavori a Clint Eastwood per il suo richiamo al cinema classico ed "etico", Jones ha risposto: "Clint è un buon esempio per ogni regista e io ho una cosa in comune con lui: non mi piace girare una scena più di tre volte. Credo che dovremmo essere tutti pronti a fare bene la prima volta, che il secondo ciak sia giusto una riserva e che il terzo serva solo in caso ci sia un graffio sul negativo o un altro problema".
Infine, l'ultimo ottimo film selezionato nel Concorso: Three Times di Hou Hsiao-hsien. Un film sul tempo e sul cinema, visivamente infinito, con un lavoro sulla luce straordinario; arduo e allo stesso tempo dotato di un fascino ammaliante come tutti i film del regista taiwanese che ha dichiarato: "I momenti migliore che abbiamo provato sono persi per sempre. L'unico modo per recuperarli è di richiamarli alla memoria. Il cinema è uno strumento che mi permette di preservare questi ricordi. Io penso che ogni cosa vissuta da una persona può diventare uno dei suoi 'ricordi più cari', ed è per questo che ho voluto girare queste brevi sequenze, che catturano diversi momenti."