A ridosso delle vacanze pasquali, sbarca su Netflix un action-thriller sud africano per gli amanti del genere di serie B, ma dal retrogusto televisivo. Si tratta dell'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Deon Meyer, Codice: Cacciatore, trasposto in streaming per Netflix da Mandla Dube, nel cui curriculum a spiccare su tutto c'è sicuramente L'assedio di Silverton, sempre prodotto dal colosso di Hastings. Questa volta si passa a un'azione più immediata e centrale raccontando una storia d'intrighi e corruzione ambientata a Città del Capo. Un film che non sappiamo con precisione quanto sia figlio del materiale originale, anche se la presenza di Meyer in sceneggiatura potrebbe essere indicativa del rispetto dell'opera letteraria, il che non giocherebbe a favore dell'autore, essendo l'adattamento tutto fuorché entusiasmante.
Ritorno all'azione
La storia di Codice: Cacciatore vede protagonista Zuko Khumalo (Bonko Khoza), un ex-soldato speciale ritiratosi a vita privata insieme alla compagna Malime (Masasa Mbangeni) e al figlioletto di lei. Lavora in un concessionario di moto ed è persino il dipendente dell'anno, Zuko. Apprezza il quotidiano, è innamorato, e predica al bambino il valore e la bellezza dell'agricoltura, "un lavoro dove si crea e non si distrugge". Un pretesto di sceneggiatura bello e buono per entrare a gamba tesa sui demoni del passato del protagonista e innescare il meccanismo che lo porterà nuovamente a confrontarsi con quella parte di sé che credeva di aver sepolto per sempre. A rigettarlo nella mischia è Johnny Klein (Peter Butler), suo vecchio capo e precedente leader dell'opposizione che gli chiede di compiere un'ultima missione per sabotare l'ascesa al potere come Presidente Sudafricano il crudele e corrotto Daza Mtima (Sisanda Henna).
Zuko decide suo malgrado di farlo, rientrando in un mondo di cospirazioni, intelligence e morte che aveva giurato di abbandonare per sempre, questa volta con l'obiettivo di proteggere i suoi cari e distruggere definitivamente Mtima, anche aiutato da fidati ex-compagni d'armi. L'intreccio di Codice: Cacciatore lascia molto a desiderare, non avendo quella capacità narrativa di gestire adeguatamente rivelazioni e suspance in modo bilanciato. Il problema è mediamente persistente lungo tutto il tragitto del film, ma ancora più importante - in negativo - è la gestione dei tempi attivi in chiave di genere rispetto a quelli morti o inutilmente dialogati.
Un cacciatore mediocre
Rispetto al discreto lavoro di regia confezionato con il precedente L'assedio di Silverton, al secondo progetto Netflix Dube perde grinta e mordente, scomparendo nella mediocrità del progetto nella sua totalità. Al di là della recitazione più che sufficiente del cast, dove convincono soprattutto Bonko Khumalo e Nicole Fortuin (interpreta un'altra agente), il film non riesce mai a spiccare il volo in termini d'azione, lavorando di fatto molto bene sui corpo a corpo in senso coreografico ma sfruttandoli al ribasso, eliminando a monte il valore aggiunto della produzione.
Gli si preferiscono promozioni ben travestite di motoveicoli BMW nemmeno fossimo a TG2 motori, con tanto di inermi e pretestuose riprese in campo lungo e citazione del modello, ma anche inseguimenti in auto girati come una fiction tedesca degli anni '90, tolta dall'equazione la fotografia che rispetta almeno gli standard aggiornati al presente. C'è davvero poco che funziona in Codice: Cacciatore, e quel poco il lungometraggio se lo gioca praticamente tutto all'inizio e lascia qualche briciola per il finale. Il corpo centrale è tedio, ripetitività e senza guizzi, privo di virtuosismi, persino incapace di valorizzare gli splendidi scorci del Sud Africa interno. Un evidente spreco di potenziale.
Conclusioni
Piatto, svogliato, pretestuoso. Codice: Cacciatore è un deciso passo indietro per il regista Mandla Dube e un action-thriller che sembra uscire direttamente dai primissimi anni 2000 televisivi, almeno per quanto riguarda intreccio e inseguimenti. Bene gli scontri corpo a corpo, che sono purtroppo pochi e giocati male dal punto di vista della run time. Un adattamento che non convince ma che avremmo voluto riuscisse a sfruttare meglio tutto il suo potenziale di genere.
Perché ci piace
- Il protagonista Zuko è un man of action interessante, sulla falsa riga di Tyler Rake e John Wick.
- Gli scontri corpo a corpo sono il valore aggiunto del progetto...
Cosa non va
- ... Peccato siano pochi e mal gestiti.
- L'intreccio è banale, ridondante, privo di qualsiasi mordente narrativo.
- La regia di Dube è spenta e anonima.
- Gli inseguimenti e le sparatorie, senza carattere.