Li avevamo lasciati con una sola parola, il nome "Christian", e l'ascensore chiuso davanti agli occhi disperati della giovane Anastasia Steele (Dakota Johnson), innamoratissima del suo uomo ma incapace di accettarne i suoi lati più oscuri. Così aveva terminato il suo viaggio Sam Taylor-Wood, regista che ha prestato il suo talento ad un primo capitolo, Cinquanta sfumature di grigio, in cui la storia d'amore tra Anastasia e Christian ha iniziato a svelarsi al pubblico in tutte le sue complicazioni. Eppure, alla regista andò il merito di saper raccontare anche i momenti più voyeuristici con eleganza, senza mai diventare volgare o pressante nei confronti dei suoi protagonisti. Sceneggiatura povera ma messa in scena accettabile, un lavoro molto criticato in ogni caso dalla stampa e che però, a confronto del suo successore, ha improvvisamente acquistato ulteriore valore.
Rimpiangerete presto le celeberrime frasi di Christian Grey, e le situazioni folli ma eleganti di Sam Taylor-Wood: a guerra dichiarata con la scrittrice dei romanzi E.L. James la regista si è infatti allontanata dal team creativo degli adattamenti cinematografici, lasciando il timone a James Foley alla regia e soprattutto a Niall Leonard alla scrittura, che ha il merito di essere il marito della James e quindi di conoscere perfettamente il romanzo. Ed è proprio la scrittura del secondo film a soffrire maggiormente il cambiamento, chiaramente raffazzonata e difficile da digerire perfino provando a perdonargli l'ovvia leggerezza e il target di riferimento, molto attaccato allo scritto originale.
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Ancora dubbi, Ancora incertezze
Il secondo libro, probabilmente il più debole della trilogia, si apre con una Anastasia disperata per l'assenza di Christian nella sua vita, volutamente allontanato per incompatibilità di gusti sessuali. Il fil rouge di Cinquanta sfumature di nero continua ad essere questa difficoltà di fondo, e presenta i due personaggi nell'atto di provare a riconciliare le loro differenze nel tentativo di poter costruire una relazione sana. Un soggetto che, trasformato in due ore di film, si trasforma irrimediabilmente in un collage raffazzonato e forzato, che presenta nient'altro che una serie di situazioni apparentemente staccate tra loro, senza armonia o filo logico.
Niall Leonard non ha esperienza alla sceneggiatura, sua moglie E.L. James nemmeno: il loro volersi isolare da aiuti esterni ha prodotto un lavoro amatoriale e decisamente indigesto per qualsiasi tipo di pubblico, che risulterà davvero difficile da seguire perfino per i fan più affezionati del libro. La prima parte sembra scorrere e illudere di poter trovare un senso logico al tutto, ma soprattutto nella seconda sono molti gli eventi senza capo né coda (il confronto tra Anastasia e Mrs. Robinson alla festa di compleanno di Christian ad esempio, o prima ancora l'incidente in elicottero) che appaiono sullo schermo senza grazia, ma solo come capitoli di un libro che senza raccordi risultano privi di armonia, producendo un lavoro purtroppo dilettantistico.
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50 Sfumature di imbarazzo
La falla più grande sta quindi nelle penne degli sceneggiatori, ma nel confronto con il primo film soffre anche la regia: James Foley, di certo non aiutato dalle scene proposte, prova a fare il verso a Sam Taylor Wood cercando di mantenere i suoi standard di eleganza soprattutto nell'entrare all'interno dell'intimità di Christian e Anastasia, stavolta presentata in modalità "vaniglia" e quindi non più tanto rischiosa per quanto riguarda la messa in scena. Foley indugia senza apparire eccessivo e riprende con ancora più pudicizia i suoi personaggi, togliendo però di fatto a Cinquanta sfumature di nero la sua identità: un romanzo (e quindi una pellicola) in cui l'erotismo è al centro delle vicende ed è il vero motore portante degli eventi. L'unico punto a favore del film è forse quello che nel precedente aveva al contrario convinto molto meno, ovvero le interpretazioni.
Dakota Johnson e Jamie Dornan si comportano meglio, complice forse l'intimità acquisita durante le riprese del primo film, e appaiono più complici nella loro caratterizzazione di Christian e Anastasia. Convincenti nella loro nuova relazione zuccherosa e quasi mai eccessivi, maneggiano un materiale di partenza decisamente limitato riuscendo a creare una complicità che manca ai comprimari. Relegati a scene secondarie con le stesse battute ripetute all'infinito o alla ricerca di una tensione che non decolla mai del tutto, grandi attori come Kim Basinger vengono ridotti a macchiette sopra le righe che in alcuni momenti non stonerebbero all'interno di un prodotto seriale da tv pomeridiana.
Movieplayer.it
2.0/5