In onda il 3 gennaio 2021 in prima serata il biopic su una donna che ha segnato la storia della spiritualità e della comunicazione inter-religiosa: Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, raccontata dagli sceneggiatori Francesco Arlanch, Luisa Cotta Ramosino e Lea Tafuri per la regia di Giacomo Campiotti, anche lui sceneggiatore del progetto. Il film racconta la nascita del movimento, seguendo la carismatica figura di colei che l'ha ispirato e lo ispira tutt'oggi grazie ad una vita spesa per gli altri. Chiara è una giovane maestra di scuola elementare che una mattina del 1943 deve interrompere la sua lezione a causa del bombardamento degli alleati a Trento. Uscite dal rifugio antiaereo, la ragazza e le sue amiche si trovano davanti una distruzione senza precedenti che mette in ginocchio molti degli abitanti della cittadina, vite spesso già prostrate dalle ingiustizie sociali ed economiche che la guerra porta con sé. Chiara, alla ricerca disperata di un senso, vaga per la città distrutta e, davanti ad una statua della Madonna, si sente chiamata a consacrarsi a Dio, l'unico ideale che sembra non crollare, l'unica certezza e conforto a cui aggrapparsi in tempi dove ogni cosa sembra andare in rovina. La decisione di vivere concretamente il Vangelo, condivisa con le sue amiche, la sua determinazione ed emancipazione, faranno di lei una figura controversa agli occhi benpensanti di un gerarca fascista e di quella parte di Chiesa ancorata ad ideali retrogradi e falsamente perbenisti.
Abbiamo partecipato alla conferenza di presentazione di questo ambizioso progetto dove il direttore di Rai 1 Stefano Coletta, il produttore Luca Barbareschi insieme al regista Giacomo Campiotti e al cast capitanato da Cristiana Capotondi, hanno raccontato cosa è stato per loro questo film e di come venire a conoscenza e studiare la vita di Chiara Lubich sia stata un'esperienza arricchente sia dal punto di vista lavorativo che personale.
Un inizio di anno importante per Rai1
Stefano Coletta parlando del progetto ha raccontato cosa ha significato per lui aver avuto l'opportunità di conoscere di persona Chiara Lubich: "Abbiamo deciso con Maria Pia Ammirati - direttore di Rai Fiction - di aprire l'anno di Rai 1 con Chiara Lubich. Ho avuto la fortuna di conoscere Chiara perché sono cresciuto insieme ad una delle sue nipoti, Agnese; ho ripensato alla lunga letteratura saggistica che la Lubich ci ha lasciato e credo che il film davvero la condensi in maniera molto diretta, senza retorica. Chiara Lubich era una donna che veramente aveva incontrato Dio e lo ha veicolato per tutta la vita, fino alla fine, nell'azione. Era una donna molto pratica, sono contento di dedicarle l'apertura dell'anno di Rai1, anche perché lei era molto legata al periodo natalizio." Il direttore di Rai 1 ha poi concluso il discorso sottolineando quanto la Lubich fosse una donna tenace, una donna d'azione fermamente convinta che ogni incontro meritasse attenzione e intelligenza ed è questo suo modo di pensare che le ha permesso di incontrare spiritualità molto diverse dalla sua senza alcun pregiudizio, un esempio e un messaggio sempre valido ed incredibilmente importante.
Una storia contemporanea
In molti hanno sottolineato come la storia e il messaggio di Chiara Lubich siano importanti, specialmente in questo periodo di pandemia dove il virus ci ha tenuto separati fisicamente ma allo stesso tempo ci ha fatto riscoprire un sentimento di unità senza precedenti. Luca Barbareschi, produttore della serie, ha così espresso ai giornalisti alcune sue riflessioni sul film e su una figura femminile così forte e carismatica come quella di Chiara Lubich: "Viviamo in un mondo in cui la parola Io si è sostituita al Noi. Per questo il messaggio di Chiara Lubich è così attuale. Le cose più difficili sono quelle che danno più soddisfazioni, ecco perché il mio gruppo di produzione ha scelto questa strada. Questo progetto era forse il più difficile, Campiotti ne ha fatto un film che non è religioso, ma una metafora di speranza valida anche oggi nel periodo del Covid: la figura di Chiara diventa un simbolo di semplicità di passione e di coraggio."
Anche Giacomo Campiotti, regista e sceneggiatore, ha espresso quanto sia stato difficile questo progetto e quanto allo stesso tempo risulti profondamente attuale pur essendo ambientato negli anni '40: "Abbiamo raccontato una storia per tutti. L'idea era quella di parlare a chiunque, non solo al mondo cattolico e cristiano. È stata un'impresa esaltante, questa sceneggiatura è stata la più difficile della mia carriera, abbiamo dato il nostro meglio insieme alla troupe e ci siamo riusciti." Campiotti ha poi aggiunto, per completare il discorso: "Volevo ricordare che il motto di Chiara era 'Che tutti siano uno' e il Covid ci fa capire che siamo tutti Uno. Stiamo vivendo questo sentimento di vicinanza che va oltre le religioni: l'essere consapevoli del dono della vita, il poter scegliere, è un diritto di tutti e non solo delle persone credenti. Chiara all'inizio non voleva creare niente, ma quando una persona fa qualcosa in cui crede scaturisce un magnetismo intorno a sé in grado di cambiare il mondo. Troppo spesso decidiamo di non trattare argomenti necessari e difficili, con questo film invece la Rai sta facendo veramente servizio pubblico."
Un'esperienza lavorativa e umana
Cristiana Capotondi ha invece raccontato la sua esperienza sul set: "Ciò che speriamo e ci auguriamo è che questo film, questa storia, possa fare la differenza. Chiara era una donna con una visione quasi politica di unione, di fratellanza universale. Io mi porto a casa un'esperienza molto bella, di grande spiritualità e voglio farmi portavoce della condizione emotiva in cui abbiamo girato: con le mie colleghe abbiamo costruito un piccolo focolare che speriamo possa arrivare al cuore degli spettatori." L'attrice ha anche parlato della sua preparazione a questo difficile ruolo: "Ho guardato documentari, podcast, ho letto le sue biografie, poi ho temuto fosse deviante. Noi raccontiamo il 1943, quando Chiara intraprende questo percorso che non sa dove la porterà, per cui sono partita dall'idea di essere una giovane donna alle prese con un dolore enorme: vedere la sua città bombardata dagli alleati. Guardando il film mi sono commossa, perché la guerra è raccontata molto bene, ti restituisce un dolore vero. La semplicità, la dolcezza e la determinazione di questa donna le stimo molto e ho cercato di prenderle per me. In questo momento storico il suo messaggio è poi di una forza straordinaria, l'idea di far vivere le sue parole per un pubblico così ampio mi ha emozionato particolarmente."