Chi fermerà la musica?
Benedetto è un uomo normale, anche troppo. E' uno timido, pacifico e senza grilli per la testa, un musicista amante della filosofia che insegna al conservatorio di Lucca e ad alcuni ragazzi in un piccolo laboratorio sognando che arrivi finalmente la felicità. Benedetto ha infatti un sogno nel cassetto, quello di aprire una scuola in cui i ragazzi possano scegliere d'istinto, guardando e toccando, lo strumento che è loro più congeniale. Sarebbe questa l'unica cosa che riuscirebbe a fargli dimenticare per sempre il maltolto, la sinfonia intitolata per l'appunto 'Felicità' che un suo collega tanti anni prima gli ha rubato senza scrupoli insieme alla possibilità di diventare maestro d'orchestra. E' durante una riunione di condominio, cui Benedetto cerca di dare ritmo a suo modo, che suona alla porta la postina di Maria De Filippi che lo catapulta in una situazione al limite del paradossale. Benedetto scopre così in diretta televisiva a C'è posta per te di avere una sorella acquisita di nome Luna, una splendida modella brasiliana che la sua defunta madre aveva adottato a distanza tanti anni prima. Il colpo di fulmine per lui è pressoché istantaneo, impossibile non rimanere travolto dalla bellezza e della semplicità di una donna cresciuta nelle favelas che non si è mai montata la testa nonostante il successo. Spinto dallo sfortunato amico Sandrino, Benedetto decide così di seguire la ragazza fino in Sardegna dove la aspetta un servizio fotografico con un partner assai sgradito: il suo bellissimo ex fidanzato fedifrago Jesus. Sarà missione difficile per un professore di musica della provincia di Lucca dimostrare che il mondo non è fatto per i belli ma semplicemente per i 'normali'.
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Anche se fai un film bruttino, anzi una serie di film zoppicanti, prima o poi la cosa ti si ritorce contro, o almeno dovrebbe. E invece no, con Leonardo Pieraccioni tutto questo sembra non valere. Il regista del buonumore cui gli italiani sembrano essere quasi più affezionati che al cinepanettone, sembra essere impermeabile ad ogni critica. Le avvisaglie nei film precedenti c'erano eccome, ma eccolo tornare sul grande schermo natalizio con una nuova commedia, nuova si fa per dire, che racchiude nella sua impalpabilità la totale perdita di orientamento dei suoi autori. Insomma, del Pieraccioni (e del Veronesi) de Il Ciclone è rimasto solo il boomerang, quello metaforico e non quello di legno che a volte ti torna dritto in mano e qualche volta ti sbatte violentemente in fronte lasciandoti un po' stordito. E' proprio questo l'effetto che si ottiene alla fine del film, una sensazione di stordimento mista a delusione che spiazza di molto lo spettatore italiano affamato di risate soft e di spensieratezza. Non ci aspettavamo i ritmi sincopati e irresistibili del 'ciclonico' flamenco né i Fuochi d'artificio o Il paradiso all'improvviso, ma almeno qualche sana risata che ci distraesse per un momento dalla crisi nerissima che stiamo vivendo.
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Movieplayer.it
2.0/5