Dopo Un'ora sola ti vorrei, il film dedicato al ricordo di sua madre vincitore del Festival di Torino come miglior documentario, e Vogliamo anche le rose, Alina Marazzi sceglie un'anomala combinazione tra il documentario puro e la fiction per raccontare una storia che parla di donne, anzi di madri. Tutto parla di te racconta infatti la dualità del sentimento materno sempre in bilico tra l'amore e il rifiuto per la creatura messa al mondo. Una tensione dolorosa da vivere, secondo la regista, e ancor più difficile da confessare perché va contro il senso comune di quel legame unico e primordiale tra madre e figlio. Per restituire la complessità di questo sentimento la regista, che nasce come documentarista, ha integrato la parte di finzione con immagini di repertorio, animazioni ed elementi documentari per cercare di cogliere ogni sfaccettatura emotiva di questo complesso stato d'animo che, purtroppo, non viene visto come un momento di gioia da tutte le neomamme. Nel cast oltre a Charlotte Rampling anche Elena Radonicich, Valerio Binasco e Maria Grazia Mandruzzato, ma anche le tante donne ascoltate nei centri di assistenza psichiatrica dedicati alle mamme in depressione e una parte della vita personale sia della Marazzi che della Rampling. La regista insieme alle due attrici ha incontrato la stampa in occasione della presentazione al Festival di Roma del film, girato a Torino con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte, arriverà in sala tra la fine dell'inverno e l'inizio primavera grazie a Bim Distribuzione.
Tutti i suoi documentari erano montati in modo da assomigliare molto a film di finzione mentre qui è la fiction ad essere arricchita con intarsi documentaristici e di animazione che fanno avvicinare la storia a qualcosa di molto reale. Un percorso inverso che l'ha portata a fare un film non troppo diverso da quelli precedenti...Alina Marazzi: Ho usato diversi linguaggi e diversi piani narrativi per questo film soprattutto perché era difficile portare sullo schermo un simile argomento usando solo il montaggio come nei precedenti. Mentre scrivevo la bozza della storia si è reso sempre più necessario incarnare questi sentimenti in interpreti nonostante la sceneggiatura derivi da un lavoro di ricerca sul campo che ho portato aventi come se lavorassi a un documentario. E' stato un approccio di tipo documentaristico quello che ho avuto nei confronti di questo film specialmente durante le interviste video alle mamme effettuate nel corso della lavorazione.
Quale aspetto dell'attrice e della donna Charlotte Rampling l'ha spinta a pensare a lei per il ruolo di Pauline?
Alina Marazzi: Pauline appare abbastanza dimessa, non esalta la sua bellezza, si nasconde per qualche motivo ed è palese che nasconde un segreto, questo più di tutto mi interessava di lei, il fatto che pian piano decida di rimettere insieme i pezzi del suo passato e di sciogliere il nodo mettendosi in relazione con un'altra donna. Il volto di Charlotte incarna la fragilità e la severità di Pauline ma anche la sua estrema dolcezza. Mi piaceva che fosse lei ad interpretare il ruolo di una donna libera da convenzioni e fuori dagli schemi, una donna che ha scelto di fare quello che voleva fare ed ha pensato a sé prima di tutto senza paura di provare disagio nell'aderire a modelli di qualsiasi tipo.
Charlotte Rampling: Quando si affronta una qualsiasi tematica è anche il tipo di percorso che attraversa il cineasta ad essere importante tanto quanto la storia in sé. Esiste un modo standard di fare film e poi esiste il percorso di ricerca che tenta di sperimentare e di portare lo spettatore verso una comprensione reale del tema affrontato. Alina è un'artigiana che costruisce e da forma al suo percorso attraverso la vita e i sentimenti di persone reali.
Come avete lavorato insieme?
Charlotte Rampling: Due anni fa mi ha chiamato per parlarmi del film ed io ho colto l'occasione di recitare in un film su un argomento che mi coinvolge moltissimo per motivi personali. Lo abbiamo modellato insieme insieme il personaggio di Pauline, Alina attraverso le immagini e i ricordi di sua madre, io attraverso la mia esperienza di madre di tre figli.
Charlotte Rampling: E' sempre il viaggio emotivo che mi attrae quando mi avvicino ad un ruolo in un film, fare cinema non è solo set e riprese ma il mio è un lavoro che richiede preparazione. Poi c'è la fiducia che hai nelle capacità del regista a convincerti definitivamente ad accettare e le connessioni del personaggio con la mia vita. Quando recito mi piace pensare di essere veramente quel personaggio non solo una che presta il suo corpo. Recitare per me è un percorso visionario.
Come ha vissuto lei l'esperienza della maternità?
Charlotte Rampling: Penso che l'essere madre sia qualcosa che davvero non comprendiamo fino al momento in cui lo viviamo personalmente, possiamo osservare le altre madri ed ascoltare i consigli di tutti ma poi d'improvviso ti trovi di fronte ad una realtà da cui puoi essere sopraffatta da un momento all'altro. A volte è impossibile fare i conti fino in fondo con il fatto che la tua vita è cambiata per sempre perché dovrai prenderti cura di una persona che non potrai mai abbandonare. La mia esperienza è stata un mix di tante cose diverse, è stata orribile, bella, a momenti fantastica, in altri terribile, ma tutto sommato mi è andata bene.
Charlotte Rampling: Quando arrivi alla mia età capisci che è finito il tempo in cui puoi essere la star del film, io cerco progetti che mi attraggano ma se non li trovo non me ne faccio una malattia, non devo lavorare per forza, nella mia vita ci sono tante altre cose. Ci sono tanti modi per restare nel cinema che conta, non c'è solo il ruolo di attore. E poi ci sono film in cui ho recitato in piccole parti che hanno inciso allo stesso modo sulla mia carriera di film in cui ho recitato da protagonista. Ci vuole una sorta di dignità nel proprio lavoro, con Alina è stato bello per questo, ho capito che il personaggio di Pauline sarebbe stato il filo rosso capace di collegare i tanti piani narrativi e i tanti linguaggi attraverso cui è narrato il film. Per un'attrice giovane come Elena Radonicich com'è stato ritrovarsi ad interpretare il ruolo della mamma in difficoltà? Qual'è stato l'elemento che più l'ha avvicinata al suo personaggio?
Elena Radonicich: Io non sono ancora madre e per questo è stato piuttosto complesso entrare nell'ordine di idee appartenente al personaggio di Emma. E' stato grazie al rapporto che si è creato con Alina e Charlotte sul set e i tanti colloqui avuti con le mamme che ho cercato dentro di me di scovare il mio sentimento di maternità. E' stato molto affascinante e costruttivo per me questo ruolo, ma non soltanto come attrice. Questa esperienza mi ha aperto gli occhi su questo 'seme' che c'è dentro ogni donna, mi ha tolto molta dell'ansia che avevo di diventare un giorno madre. Alina è stata molto brava nello sfruttare il mio reale disorientamento nell'approccio fisico con un bambino molto piccolo, una cosa davvero nuova per me. Un disagio vero che Alina ha messo a servizio del mio personaggio. L'anno scorso sono usciti in sala due film come Maternity blues e Quando la notte, due film che gravitavano attorno allo stesso argomento. Quanto possono aver influenzato il suo sguardo o la sua riflessione sulla solitudine della neomamme che oggi è molto più amplificata rispetto al passato?
Alina Marazzi: Questo film è nato quattro anni fa ma il processo è stato molto lungo. Sapevo dell'uscita di questi due film, di concezione assai più classica rispetto al mio, ma la concomitanza è stata solo una casualità. E' evidente come siano i tempi che viviamo ad ispirare gli autori e gli scrittori a riflettere su alcuni temi in particolare, è fuori da ogni dubbio che ci sia in questo momento una necessità di parlare di un argomento difficile come le zone d'ombra della maternità.