Era febbraio quando Judith Godreche, attrice non troppo famosa in Italia, ma punto di riferimento in Francia, ha sporto denuncia contro Jacques Doillon e Benoit Jacquot, registi accusati di "averla violentata quando aveva 15 anni". Ora, la stessa Godreche, che ha effettivamente smosso il movimento francese del #metoo, sulla Croisette si fa portavoce di tutte coloro che hanno subito abusi. Come? Con un cortometraggio, Moi Aussi, che raccoglie centinaia di testimonianze. Il corto è solo una parte del moto ondoso che sta scuotendo la cinematografia francese. Sulla Croisette aleggia infatti una presunta lista (esplosiva) che contiene nomi di artisti francesi teoricamente coinvolti in accuse di abusi e soprusi.
Se c'è chi teme che la lista potrebbe in qualche modo alterare il glamour di Cannes, la risposta non può che essere ferma e decisa, almeno secondo la nostra opinione: non si può più far finta di nulla in nome di un'industria senza scrupoli che, da decenni, che protegge solo sé stessa. Un cambiamento è fondamentale e necessario, e passa attraverso la legittimazione della verità. Dunque, in attesa di capire se la lista esista oppure no (la stessa Judith Godreche ha precisato di non avere liste da divulgare), è stata Léa Seydoux, durante la conferenza stampa di The Second Act di Quentin Dupieux, a tracciare lo stato dell'arte del #metoo francese. "Che le donne oggi parlino liberamente è qualcosa di fondamentale e meraviglioso. Le cose stanno finalmente cambiando, era giunto il momento".
Léa Seydoux: "C'è un cambiamento in atto"
Un tema, quello del #metoo, che in qualche modo si lega al film di Dupieux, che appunto "gioca" con il concetto di cinema stesso. Il secondo atto di un film nel film, scritto seguendo le logiche dell'intelligenza artificiale tanto contraddittoria quanto irresistibile nella sua comicità allungata, che si va a legare con le regole scorrette e corrette di un cinema sempre più legato ad un immaginario distratto e poco attraente. "Ho l'impressione che questo cambiamento sia effettivamente avvenuto. Anche il film gioca con questa idea, parla di eventi molto attuali, di questo movimento, in cui noi donne parliamo. E questo è stato di fondamentale importanza affinché il cambiamento avvenisse". La Seydoux ha poi continuato: "Il #MeToo è molto importante. È una questione seria. Credo però che sia necessario anche saperne parlare con umorismo. Nel film, questo viene evidenziato in un modo molto divertente".
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Greta Gerwig: "Bisogna espandere il nostro dibattito"
Durante l'incontro stampa, Léa Seydoux, chiaramente tra le attrici francesi più rappresentative, ha sottolineato il cambiamento di intenzioni che si può avvertire sul set: "Sui set c'è rispetto, non c'è più questa familiarità, quando giriamo certe scene c'è più rispetto e sento un cambiamento globalea". L'argomento, in Francia, è decisamente sentito: se da una parte troviamo le accuse di Judith Godreche, Juliette Binoche in un'intervista a Liberation ha confidato di aver affrontato alcune esperienze traumatiche vissute durante i primi periodi della sua carriera.
Che l'argomento sia pregnante lo avevamo capito già nel giorno di apertura, durante la conferenza stampa di Greta Gerwing, presidente di Giuria: "Ho visto cambiamenti sostanziali nella comunità cinematografica americana. Penso sia importante continuare ad espandere il dibattito nella direzione corretta per mantenere aperte linee di comunicazione". La Gerwig tra l'altro accolta in modo notevolmente clamoroso durante la cerimonia d'apertura, condotta da un'impeccabile Camille Cottin che, tra il serio ed il faceto, ha scherzato sul fatto che Greta Gerwig abbia affrontato il villain per eccellenza: il patriarcato. Peccato che l'orizzonte di Thierry Fremaux, delegato generale di Cannes, non combaci con quello della regista di Barbie. Anzi. "Lo scorso anno ci sono state polemiche", ha detto Fremaux, "Allora per quest'anno vogliamo ospitare un festival senza polemiche: l'interesse principale di tutti noi è il cinema". Peccato per lui che l'ordine di importanza, almeno nella vita reale, sia tutt'altro.