Poco da dire, Cane che abbia non morde (Barking Dogs Never Bite) è un grande film. Un esordio, quello di Bong Joon-ho, datato 2000, capace di anticipare lo sguardo acuto dell'autore, e gli stilemi narrativi che verranno poi esaltati in Memories of Murder, Madre e (ovvio) in Parasite. Tuttavia, bisogna dedicare tempo e spazio ad un paio di considerazioni, che crediamo necessarie per il pubblico. All'inizio della pellicola compare un avviso, esplicito e diretto: "Nessun cane è stato maltrattato durante le riprese". Visto il tono della storia e visto lo svolgimento del film, un'avvertenza obbligata. Appurato che sia solo finzione - ma la finzione può comunque turbare, altroché -, cogliamo l'occasione per consigliarvi un sito web in cui viene indicato se un animale (un cane, in questo caso) viene ucciso o maltrattato in un film, in una serie, in un videogioco. Il sito si chiama DoesTheDogDie.com. È costantemente aggiornato, facile da usare e, vista la sua nobile mission, è pieno di spoiler. Un male minore se si è sensibili al tema.
Anche perché tra le regole non scritte del cinema (hollywoodiano, principalmente), ce n'è una riguardante la morte degli animali (figuriamoci dei cani!) nei film. Ecco, se non è strettamente necessario ai fini del racconto, sarebbe molto meglio evitare dipartite a quattro zampe. E non lo neghiamo: prima di vedere Cane che abbia non morde (arrivato in Italia dopo ventitré anni anni, grazie alla distribuzione di P.F.A. Films ed Emme Cinematografica), ci siamo precipitati a consultare DoesTheDogDie.com. Tuttavia, il dubbio ha poi lasciato spazio alla fiducia verso Bong Joon-ho, autore troppo intelligente per auto-sgambettarsi con una commedia grottesca fine a sé stessa. Un'intelligenza che, appunto, veniva già mostrata nel 2000, con quello che sarà il suo folgorante debutto. Un debutto spietato (verso il genere umano) e sconvolgente per la sua efficacia narrativa (nera, nerissima), nonché fortemente identitario verso i paradigmi più controversi della società sudcoreana di inizio Millennio.
Miseria umana per una commedia spietata
Emblema tra le dark comedy, e manifesto del postmodernismo che ha segnato l'incipit del ventunesimo secolo, Cane che abbia non morde - dobbiamo ripeterlo - non è quella che si potrebbe definire una spensierata passeggiata, nonostante il tono eccitato e sovraccarico, perfetto per il confine grottesco ideato da Bong Joon-ho. A proposito di confine. Se escludiamo due o tre sequenze, o il metaforico (e strabiliante) finale, il confine invalicabile del film è l'enorme condominio in cui si svolge la storia. Un palazzo schematico e bianco, che fa parte di un rispettabile complesso residenziale in cui "si dovrebbe seguire la regola di non avere animali". Migliaia di porte e poche finestre visibili. Un palazzo che sembra una nave da crociera. Nello stabile, che il regista esamina dal basso verso l'alto (una "visione" verticale che tornerà in Parasite), c'è Yoon-ju (Lee Sun Jae), accademico squattrinato con l'obbiettivo del posto fisso (tutto il mondo è paese...), che vive con la moglie incinta, Eun-sil (Kim Ho-jung).
Misero, anaffettivo e in cerca di realizzazione, Yoon-ju è stressato dal continuo abbaiare di un cane. Gli appartamenti sono tanti, ma quando trova uno Shih Tzu incustodito lo rapisce, per poi chiuderlo in un vecchio armadio nascosto nel seminterrato. Non prima di aver tentato di ucciderlo. Qui il primo punto: Bong Joon-ho prende di mira la miserevole personalità dell'uomo, che non ha nemmeno il coraggio di eliminare direttamente quello che per lui è fonte di problemi. Nonostante sia il protagonista, il film sbeffeggia lo stesso Yoon-ju. L'uomo scopre infatti che il cane che abbaia è un altro, e non il povero Shih Tzu intanto ucciso dal sadico custode del palazzo. La sparizione dei cani - ad opera di Yoon-ju - mette in allarme una ragazza, Hyun-nam (Bae Doo-na, due anni prima di Mr. Vendetta), intenzionata a far luce sulla vicenda così da poter diventare, finalmente, famosa.
Bong Joon-ho: "La mia filosofia? Alzarmi ogni giorno e andare al lavoro"
Da Bong Joon-ho a David Robert Mitchell: attenzione al killer dei cani!
Se è qualcosa di inconsueto recensire retroattivamente un film, è invece sorprendente quanto Cane che abbia non morde non soffra mai del fattore tempo. Talmente congeniale e talmente preciso, che quello di Bong Joon-ho riesce ad essere tutt'ora un film attuale. Tanto per tematiche, quanto per preparazione registica. Una regia parallela alla location, e parallela a qui personaggi che popolano la scena. Uomini e cani, intanto che il pretesto dei rapimenti (mortiferi) diventa via via un riuscito espediente. Espediente simile a quello poi adottato vent'anni dopo da David Robert Mitchell in Under the Silver Lake, immaginando una sorta di killer dei cani che si aggira per Hollywood. Dunque, ecco che l'autore premio Oscar, che ha scritto Barking Dogs Never Bite insieme a Song Ji-ho e Derek Son Tae-woong, non sfrutta meramente le terrificanti uccisioni, bensì le pospone in funzione di una metafora che punta il dito verso coloro che professano rigore ma poi accettano il gioco delle mazzette; punta il dito verso una società pronta tutto (anche uccidere dei cani) pur di ottenere quello spazio ritenuto "di diritto".
Non si risparmia Bong Joon-ho (all'epoca dell'uscita raccontò che l'ispirazione proveniva da un trauma infantile: un cane morto e la paura che gli addetti alla sicurezza lo mangiassero, seguendo un aberrante e perversa tradizione locale), come non si risparmierebbe un regista all'esordio. Dunque, il volume è altissimo (e che meraviglia la colonna sonora jazz di Lee Eun-soo) e l'esposizione risulta volutamente esagerata, tuttavia graffiante e già raffinata nella distinguibile estetica del regista sudcoreano. Un'estetica che allude al titolo originale, - rispondendo per contrappasso - ossia il romanzo Il cane delle fiandre di Marie Louise de la Ramée del 1872, molto conosciuto in Asia e considerabile un classico per bambini. In quel romanzo, una storia sentimentale e di empatia (con un finale emotivamente distruttivo): quella di un bambino e di un cane trovatello. In questo senso, il pensiero di Bong Joon-ho nei confronti di Yoon-ju (e in parte nei confronti di Hyun-nam) è diametralmente opposto alla sua sfumata citazione, risultando invece fulminante e spietato verso quegli umani mostruosi e ridicoli, nonché privi di qualsiasi luce.
Conclusioni
Come detto nella nostra recensione, l'esordio di Bong Joon-ho (tardivamente arrivato in Italia dopo 20 anni), è un oggetto cinematografico molto interessante. Cane che abbaia non morde, infatti, è una commedia nera e grottesca che, tramite un espediente terribile ma efficace, mette in scena i riflessi più egoistici e ridicoli di una ridicola società votata all'auto-realizzazione.
Perché ci piace
- La regia di Bong Joon-ho.
- La colonna sonora jazz.
- Una narrazione spietata nei confronti dell'uomo.
Cosa non va
- Alcune sequenze potrebbero ragionevolmente urtare la sensibilità del pubblico.