Brividi e lacrime
Gregg Araki è stato finora noto come un regista "estremo", specializzato nel mettere in scena con occhi impietoso situazioni limite riguardanti sessualità, droga, violenza ed eccessi di varia natura. Dichiaratamente omosessuale, ha fatto spesso e volentieri dei suoi film un mezzo per raccontare l'universo gay: il razzismo, le ingiustizie e le malattie con cui gli omosessuali di tutto il mondo devono confrontarsi, ma anche l'orgoglio di essere quello che si è senza menzogne o mezze verità. E quasi sempre nel raccontare le sue storie, l'estremismo dei temi era rispecchiato dall'anarchia e dall'aggressività quasi punk della forma. Ora Gregg Araki torna nelle sale con un film che, pur raccontando una storia struggente, disturbante e riguardante temi più che scottanti come la pedofilia e la sessualità infantile, lo fa con toni e con uno stile meno "arrabbiato", meno "estremo", più sereno, come se il regista abbia raggiunto una consapevolezza più completa e rassicurante di se stesso e del proprio cinema.
La storia di Mysterious Skin è quella tratta da un omonimo romanzo di Scott Heim e racconta le vicende di due ragazzi di diciotto anni apparentemente agli antipodi come situazione familiare e carattere ma accomunati da un passato che li ha segnati entrambi. Il primo, Brian Lacey, è convinto di essere stato rapito dagli UFO da quando a otto anni si è ritrovato nella cantina di casa, il sangue che gli colava dal naso e nessuna memoria di quanto gli era accaduto nelle ore precedenti; da allora è timido, insicuro, rifugge la sessualità e soffre di terribili incubi. Il secondo, Neil McCormick, è un ragazzo ribelle ed affascinante, sprezzante nei confronti di sé stesso e degli altri, con l'esclusione della madre e di un'amica, che per trovare i soldi per soddisfare i suoi vizi vende senza remore né traumi il suo corpo, sognando al tempo stesso di ritrovare il rapporto che aveva a otto anni con l'allenatore della sua squadra di baseball. Brian capirà che Neil è l'unico in grado di aiutarlo a capire cosa è realmente accaduto quando era bambino e anche Neil sarà costretto a fare i conti con il suo passato, eccessivamente idealizzato.
Mysterious Skin ha come protagonisti due ragazzi alla ricerca di loro stessi, entrambi segnati da eventi traumatici ma rielaborati in maniera opposta, splendidamente interpretati da Joseph Gordon-Levitt e da Brady Corbet. Racconta di un'infanzia violata e delle sue ripercussioni sul presente, dell'orrore della pedofilia, senza mai tirarsi indietro quando c'è da affrontare il tema spinoso della sessualità dei bambini. Se da un lato abbiamo un personaggio, Brian, il cui incontro prematuro e derivato dall'inganno col sesso ha sconvolto la sua vita, segnandolo profondamente e per sempre, dall'altro ne abbiamo uno, Neil, che ha scoperto altrettanto presto ma autonomamente la sua sessualità, e che di fronte all'inganno dell'adulto che ne abuserà si convince di aver effettuato scelte consapevoli e coscienti.
Araki racconta le storie e l'umanità di Brian e Neil con commovente partecipazione, alternando i flashback riguardanti la loro infanzia con la quotidianità del loro presente, mostrandone le piccole felicità e i grandi dolori, i tormenti interiori e le manifestazioni esteriori. Tutto senza mai cadere nel didascalismo o in un facile pietismo, senza moralismi né voglia di regalare facili scandali o sensazionalismi gratuiti. Il regista losangelino rimane fedele ai suoi temi e a riferimenti postmoderni come quelli visivi e narrativi che tirano in ballo e scherniscono la cultura pop degli ultimi decenni, smussando però gli spigoli più appuntiti e le ruvidità non necessarie del suo stile, realizzando così il suo film più bello, toccante e maturo: non si tratta di normalizzazione, ma di rinuncia ad un ribellismo a tutti i costi che sarebbe stato sterile e controproducente; senza però al tempo stesso scendere a nessun compromesso.
Etereo, allucinato eppur concretissimo, arioso ma al tempo stesso claustrofobico, Mysterious Skin ricorda nelle atmosfere un altro bellissimo film come Belli e dannatidi Gus Van Sant. Quello di Araki è un film che entra sottile, impercettibilmente ma profondamente sotto la pelle, un film che lascia privi degli usuali punti di riferimento e conduce in territori nuovi, bellissimi e spaventosi, un film che fa rabbrividire e colpisce allo stomaco per la crudeltà e l'assurdità delle storie che racconta e che commuove per la sensibilità con le quali le racconta. Un gioiello cinematografico da non lasciarsi scappare.