"Più che da critici questo film dovrebbe essere analizzato da uno psicanalista...", così il venticinquenne Brando De Sica, figlio di Christian e nipote di Vittorio, ha aperto la conferenza di presentazione del suo Parlami di me. Si tratta di un docu-film teatrale presentato in concorso a questa terza edizione del Festival del Film di Roma per omaggiare e raccontare su pellicola l'omonimo musical interpretato da Christian De Sica nei più grandi teatri d'Italia. Grande successo di pubblico (280 repliche, 11 milioni di incasso) e di critica, lo show teatrale scritto da Enrico Vaime e Maurizio Costanzo è stato il secondo spettacolo in assoluto per la carriera di Christian: 90 minuti in cui l'attore balla, canta, recita monologhi comici e drammatici ma soprattutto ricorda suo padre con parole di commozione e gratitudine, cantandone i brani più famosi e parlando direttamente con lui puntando il dito e lo sguardo verso il cielo.
Prodotto (come lo spettacolo) dalla madre di Brando, Silvia Verdone, e distribuito da Luigi e Aurelio De Laurentiis (ancora non si sa se al cinema o per altre vie, "dipenderà dall'accoglienza del pubblico"), Parlami di me segna l'esordio in regia di un ragazzo che il cinema ce l'ha nel dna e sta provando in tutti i modi a tirare fuori il suo marchio di fabbrica. Obiettivo primario laurearsi alla USC, la University of Southern California, dove sta attualmente studiando, e poi finalmente cimentarsi in un horror (da sempre la sua grande passione) oppure in un film drammatico di alto potenziale emotivo. Accompagnato dai genitori e dal padrino Aurelio, quasi dovesse andare a sposarsi, Brando ha risposto alle domande dei giornalisti con il piglio e l'entusiasmo di un romantico principiante dalle idee molto chiare sul suo futuro e soprattutto sul suo passato.
Com'è nata l'idea di confezionare un film che raccontasse dall'inizio alla fine lo spettacolo teatrale?
Brando De Sica: "Non ho mai conosciuto mio nonno dal vivo ma solo attraverso i suoi film, testimonianze indelebili della sua grande energia di artista. Questo film è una lettera d'amore a lui ed è dedicato a mia nonna Maria che ora è molto anziana ma felice di questo regalo. Ma sono cresciuto anche con i film di papà, con gli Yuppies e le Vacanze di Natale; io e mia sorella eravamo ragazzini e quando tornavamo da scuola il pomeriggio ce li vedevamo. Per noi era come un cartone animato. Vederlo emozionarsi ogni sera parlando del padre sul palcoscenico è stato davvero toccante".
Il film uscirà in sala oppure no?
Aurelio De Laurentiis: "Valuteremo stasera durante la proiezione col pubblico, quando vedremo le loro emozioni. Nel caso decidessimo di farlo, il pubblico dovrà essere guidato da noi e mai ingannato su ciò che si reca a vedere in sala.
A quale film di nonno Vittorio sei più legato? Brando De Sica: "Il mio preferito è senz'altro Umberto D., perché racchiude ancora oggi la sua sensibilità e la sua bontà d'animo di fondo, in un momento in cui il cinema non è altro che violenza bisognerebbe riscoprire certi capolavori. Come diceva Orson Welles "Ogni film rispecchia l'uomo che c'è dietro". Mi rendo conto di non avere avuto un nonno tradizionale, di quelli che ti leggono la storiella prima di dormire, ma i suoi film, come Ladri di Biciclette o Miracolo a Milano, sono state le mie favole della buonanotte".
Com'è stato lavorare insieme a tuo padre sul set? Brando De Sica: "Mio padre è meticoloso, rigido e rispettoso sul set. Avrebbe potuto prendersi delle libertà visto che sono suo figlio, ma non l'ha fatto, anzi nel backstage mi chiedeva sempre "Come sono andato?". Come risponde alle polemiche sul nepotismo rivolte al Festival scatenate dalla presenza del suo film insieme a quello di Maria Sole Tognazzi che è stato presentato nei giorni scorsi? Brando De Sica: "Noi 'figli di...' non abbiamo affatto la strada spianata, tutt'altro. E' stato proprio per evitare simili accuse che a 18 anni ho lasciato casa e per andare a studiare a Los Angeles. E' una cosa che accade solo da noi questa di 'criticare' tanto i figli d'arte, perché in America non è così, basti pensare ai Coppola, ai Fonda o ai Douglas. D'altronde in ogni mestiere c'è una linea che unisce i discendenti di una famiglia, succede con i ristoratori, con i medici, con i giornalisti. Mi piacerebbe parlare della mia casa come quella casa in cui si fa cinema dal 1901, data di nascita di mio nonno".
Perché Christian De Sica decide di tornare al teatro e di proporre la regia del film 'teatrale' ad un giovane regista come Brando?
Christian De Sica: "Mi hanno convinto Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime, ma soprattutto mia moglie Silvia. Le abbiamo pensate tutte: all'inizio si pensava a un omaggio a Garinei e Giovannini, poi Costanzo mi propose di raccontare in scena la mia vita artistica. Eravamo pronti a debuttare al Sistina quando Pietro Garinei passò a miglior vita senza riuscire a vederlo. Fu un successone e ci venne l'idea di farne un film. Brando aveva realizzato degli interessanti cortometraggi horror e musicali, e così abbiamo scelto lui, che ci sembrava un giusto compromesso tra novità e affettività familiare."
Quale sarà la sua prossima sfida di papà Christian? Christian De Sica: "Ho 57 anni, più di novanta film alle spalle, quest'anno ho anche pubblicato un libro (l'autobiografia Figlio di papà, edita da Mondadori ndr). Sono soddisfatto della mia carriera e sogno di chiuderla in bellezza. Magari con un ruolo drammatico come quello in cui mi cimenterò ad aprile nel film L'età dell'oro diretto da Aurelio Grimaldi, prodotto da Domenico Procacci e tratto dall'omonimo romanzo di Edoardo Nisi. Ho diversi progetti in cantiere, tra cui anche un film insieme a mio cognato Carlo Verdone e il prequel di Amici Miei. Vi rivelo anche che sia Paolo Sorrentino che Pupi Avati mi vorrebbero in un loro film, staremo a vedere..." E quella di Brando? Brando De Sica: "Da sempre sono innamorato dall'horror e da due anni mi documento sugli omicidi del mostro di Firenze sulla base dell'inchiesta condotta da Michele Giuttari, divenuta un libro dal titolo Il Mostro. Anatomia di un'indagine. Vorrei raccontare quello che Giuttari ha scoperto dell'assassino, ovvero un terzo livello, un qualcosa di assai più grande di Pietro Pacciani che era solo la punta di un iceberg, una pedina mossa dai potenti. Mi piacerebbe tantissimo occuparmi di un horror oppure di questi aspetti, dalla massoneria, dei poteri occulti dell'antistato e di tutti i risvolti esoterici del caso".
Aurelio De Laurentiis l'ha detto senza peli sulla lingua: è pronto a produrre il prossimo film di Brando De Sica, a prescindere dalla natura del mostro.