Bolero, recensione: un biopic in costume privo di mordente

Ricostruzione storica didascalica, scrittura scolastica e messa in scena elementare per una pellicola che si concentra sulla vita di Ravel e la genesi della sua opera più importante, senza brillare in nessuna delle due cose. In sala.

La locandina di Bolero.

Non esiste un balletto più riconoscibile nella storia della musica classica del Boléro di Maurice Ravel. Basti guardare all'enorme quantità di artisti che hanno deciso di farne una versione propria, rielaborandola e facendola diventare una sorta di inno universale, in grado di attraversare non solo le epoche, ma anche i generi e le culture.

Bolero Photo Una Sequenza Credits Pascal Chantier
Il protagonista di Bolero.

Anne Fontaine parte dalla forza della composizione e il biopic sul suo autore lo intitola infatti Bolero per poi costruire tutto l'impianto narrativo intorno alla sua genesi. Le note entrano nelle sequenze sin dai primi minuti, quindi ben prima che si arrivi al momento della sua creazione fattiva, elevandosi così a metafora della creatività del protagonista e promessa di una vitalità che si cela dietro i suoi altrimenti gelidi occhi.

Promessa che mantiene in realtà molto poco, visto che il film non riesce praticamente mai a portare a regalare un brivido, un sussulto (che sia emotivo o che sia, perché no, riflessivo) allo spettatore all'interno di uno spartito monocorde e prevedibile, dedito solamente alla ricostruzione, neanche troppo meritevole di entusiasmi, di una opera comunque grandiosa.

I dolori del giovane Maurice

Bolero Photo Credits Pascal Chantier Una Scena Del Film
Le donne e Maurice.

Il muscolo che Maurice (Raphaël Personnaz) adopera di meno è senza dubbio il cuore, questo fa di lui un uomo che non riesce a lasciarsi andare né in materia di relazioni con l'altro sesso né quando si tratta di dar vita alle sue composizioni. Un artista stracelebrale e un amante immobile. Eppure egli è invece molto amato, tanto dalle donne della sua vita (molte e importantissime) quanto dalla dea della creatività.

Sia chiaro, lui è il primo ad essere frustrato dal suo non essere per nulla in grado di uscire dalla propria rigidità, ma il fatto è che, semplicemente, non può farne a meno, altrimenti ne viene subito sopraffatto. In quel caso se gli va bene sviene, mentre se gli va male rischia di gettarsi da una finestra. Eppure sa di non avere scelta, se vuole dare un senso al suo talento dovrà lasciarsi andare.

Bolero Photo Credits Pascal Chantier Una Sequenza
Le donne e Maurice.

A sbaragliare le carte arriva l'ossessione (la migliore amica di ogni artista), che porterà nella sua vita lo straordinario motivo di un balletto nel pieno dell'ennesimo blocco artistico davanti all'ennesimo lavoro su commissione. Un motivo capitato lì quasi per caso, un motivo che si è presentato al suo uscio in modo educato, quasi come fosse sempre stato lì. Non lo abbandonerà mai più.

Un Bolero senza musica

Bolero Photo Credits Pascal Chantier Unimmagine
Il successo dopo l'esecuzione de il Bolero.

Bolero parte con un flash forward che anticipa l'evento catalizzante della pellicola e in poco tempo ne racchiude l'essenza e il suo motivo d'essere, facendo venire subito il dubbio se si stia per assistere a qualcosa sulla composizione o sul suo creatore. In un certo senso questo è un interrogativo che rimane sempre, visto che egli, anche complice la scelta di un biopic didascalico e a tratti pedissequo, sembra rimanere sempre in disparte, anche se è al centro della scena.

Tutta la struttura narrativa è pensata per risolvere il conflitto interiore di un uomo estremamente impaurito da quello che sente da non riuscire ad esprimersi in nessun modo, nonostante le figure femminili che lo adorano (inspiegabilmente) e che infine troveranno la chiave per appianare questo dualismo tra un esterno apatico e un interno in tempesta. Il problema principale del film è che lo trovano su carta, visto anche nel momento della liberazione, tutto rimane comunque algido e mai coinvolgente.

Bolero Photo Credits Pascal Chantier Un Frame
La prima de il Bolero.

Una criticità che si rispecchia praticamente in ogni aspetto di Bolero, dalla scrittura che è sempre urlata e dichiarata, il ritmo compassato, le interpretazioni poco incisive e una messa in scena nozionistica esattamente come le scelte che muovono la ricostruzione storica. Tutte cose che non depongono per nulla a favore di una pellicola biografica, figurarsi per una che è in costume e figurarsi (ancor di più) per una che dovrebbe portare in scena il clima degli "années folles" a Parigi. Il risultato invece è un film piuttosto dimenticabile.

Conclusioni

Bolero di Anne Fontaine nasce dall'idea di raccontare il conflitto interiore di Maurice Ravel attraverso la genesi della sua composizione più importante, non riuscendo nel suo intento se non su carta. La colpa è del suo essere un biopic algido, sempre monocorde, dalla messa in scena e dalla scrittura. Un film che vorrebbe narrare la genesi di un'esplosione artistica, metafora del sentimento della sua epoca, ma che invece rimane sempre scolastico e non è mai coinvolgente.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La ricostruzione è ordinata.
  • La vita (interiore e non) di Ravel è spiegata.

Cosa non va

  • Troppo scolastico, rigido e algido.
  • Non trasmette mai il sapore dell'epoca che porta in scena.
  • Fa venire il dubbio su cosa voglia raccontare realmente.