Dopo una lunga carriera come regista di spot televisivi, il britannico Lawrence Jacomelli mette insieme tutta la sua voglia di fare cinema, costruendo quello che è, tecnicamente, il più classico dei b-movie ideato sullo schema dell'horror thriller. Girato nel 2023, Blood Star ha fatto il giro di diversi festival di genere, arrivando in Italia direttamente in streaming, negli store pay-per-view di Amazon, Sky, Apple. Un consiglio: oltre ai cataloghi on-demand delle varie piattaforme, date un'occhiata alle offerte a noleggio, ci sono chicche inaspettate e titoli inediti. Incuriositi dal plot, tanto banale quanto efficace, ci siamo lanciati nella visione, rimanendo sorpresi per l'utilizzo dello spazio scenico ben sfruttato dal regista.
Niente di celebrale, ci mancherebbe, ma comunque relativamente divertente nel costante e spudorato "saccheggio" narrativo di Jacomelli: è chiaro infatti che Blood Star sia la direttissima conseguenza di Duel di Spielberg, poi di Punto Zero di Sarafian del 1971, del dimenticato film tv La notte della paura e, soprattutto, di The Hitcher - La lunga strada della paura di Robert Harmon (di cui anche un remake del 2007) e de La macchina nera del 1977, di cui Blood Star riprende in pieno angolazione e location: il New Mexico. Il tutto, ovviamente, con la dovuta distanza (siderale) di paragone.
Blood Star: attenti allo sceriffo
E proprio il paesaggio del New Mexico, tra polvere, asfalto e dinner da quattro soldi, è il punto d'interesse del più classico thriller che gioca ad alternare preda e cacciatore. La protagonista è Bobbie (Britni Camacho) che, a bordo della sua Ford Mustang, attraversa il deserto per tornare dal suo inetto fidanzato, nonostante sua sorella, al telefono, le consigli di tornare indietro. Tuttavia, Bobbie prosegue dritta. Quando si ferma a far benzina, viene avvicinata dal viscido sceriffo Bilstein (John Schwab). Capiamo subito che c'è qualcosa che non va (anche perché il prologo mostra le reale intenzioni dell'uomo), tanto che lo sceriffo, dopo averla lasciata andare (non senza velate minacce), la fermerà più avanti, accusando Bobbie di aver danneggiato il lampeggiante della volante. La ragazza si ritroverà dunque braccata dallo sceriffo, lottando per la sopravvivenza.
Tra misoginia e iconografia americana
Come può, ma riuscendoci solo a tratti, Jacomelli prova a bilanciare la marcata iconografia di certi luoghi e di certe azioni seguendo la logica del survival movie, bagnato da un tema costante: la misoginia. Solo alla fine (che non vi riveliamo) scopriamo i motivi che muovono l'onda brutale e sadica di uno sceriffo asciugato della sua solita silhouette, facendolo diventare acronimo della più classifica figura orrorifica. Se la valvola della tensione non è sempre aperta al massimo (un mezzo peccato, perché la situazione l'avrebbe richiesto), Blood Star diventa interessante se ci soffermiamo proprio sul punto di vista e sul punto d'azione dello sceriffo Bilstein: Lawrence Jacomelli non lo rende solo l'ennesimo pazzo già visto nel cinema dei b-movie (e quindi non lo assolve), strutturandolo invece seguendo uno schema di pensiero lucido e vivido, cosciente rispetto alla scelta violenta perpetrata contro decine di donne incontrate lungo la striscia d'asfalto.
Dall'altra parte, la resistenza di Bobbie risulta nevralgica e fondamentale nell'economia del film (e Britni Camacho è stata una scoperta), in particolar modo nell'atto finale: niente passività, ma reazione diretta. Considerando la naturale sospensione dell'incredulità che deriva da certe svolte narrative (e qui a volte siamo ben oltre i limiti della credibilità). Certo è, nei suoi novanta minuti, Blood Star ci ricorda quanto certi paesaggi, tra i film e la letteratura, siano parte integrante dello spirito narrativo americano, dimostrandosi tanto affascinanti quanto selvaggi nella loro peculiarità scenica e immaginifica.
Conclusioni
Nonostante la tensione vacilli, e nonostante le svolte non siano sempre ben rodate e fluide all'interno del racconto, Blood Star di Lawrence Jacomelli è un survival thriller che intrattiene e convince, facendo il verso - letteralmente - al cinema di genere anni Settanta. Animo da b-movie, che non tradisce un'accennata profondità narrativa in cui si ragiona su quanto la misoginia non sia dettata dalla follia ma da una lucidissima consapevolezza.
Perché ci piace
- La location.
- Il finale.
- L'anima da b-movie duro e puro.
Cosa non va
- La tensione non sempre fluida.
- Alcune svolte al limite.