Recensione Black Tide: gli adulti sono tutti colpevoli

La recensione di Black Tide: tratto dal romanzo Un caso di scomparsa, il film di Érick Zonca è un thriller indeciso nel tono, con un ingombrante Vincent Cassel.

Colui che dispera degli avvenimenti è un vile, ma colui che spera nella condizione umana è un pazzo.

Black Tide Romain Duris
Black Tide: Romain Duris in una scena del film

Questa frase di Albert Camus racchiude alla perfezione un profondo senso di disillusione in cui il thriller ama specchiarsi spesso. Un clima di pessimismo nei confronti dell'essere umano che non colpisce soltanto serial killer e sociopatici, ma è anche capace di contagiare le figure di legge. Quegli uomini e quelle donne chiamati a far vincere il Bene sul Male. Da Seven a True Detective (soltanto per rimanere dentro tempi recenti), l'investigatore chiamato a trovare il colpevole rimane invischiato nell'orrore con cui è costretto a convivere, ne viene contagiato sino a diventare il primo dei disillusi. Ecco, seguendo con molto rigore questa lunga scia di detective oscuri e imperfetti, Black Tide ci presenta un investigatore che si trascina di caffè in whisky, un uomo scurrile, un marito fallito e un padre fallimentare.

Una persona respingente chiamata a risolvere il delicato caso di un adolescente scomparso. Questo è l'identikit del "comandante" François Visconti, protagonista di un thriller vecchio stampo in cui ogni topos e ogni stereotipo del genere viene rispettato con educata diligenza. Tratto dal romanzo Un caso di scomparsa di Dror Mishani, diventato un best seller, Black Tide assomiglia davvero la marea nera che ospita nel titolo: risucchia in un vortice oscuro quasi tutti i suoi personaggi. Un vortice di errori, orrori e nefandezze in cui è davvero difficile trovare qualche anima innocente.

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Black Tide: Vincent Cassel e Romain Duris in una scena del film

La scomparsa del giovane Danny, figlio di una famiglia borghese e ragazzo spensierato in apparenza, diventa così un pretesto per puntare il dito non solo contro il rapitore o l'assassino di turno, ma contro la natura umana. E allora, forse, aveva ragione Camus.

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Il fallimento degli adulti - Una sceneggiatura masochista

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Black Tide: Vincent Cassel e Sandrine Kiberlain in una scena del film

Per atmosfere plumbee e caratteri messi in scena, Black Tide avrebbe anche la parvenza del noir. Però, nonostante un contesto urbano grigio e una Parigi totalmente svestita del suo poetico fascino romantico, il film di Érick Zonca (che vent'anni fa si era fatto notare con il notevole La vita sognata degli angeli) non affonda mai il colpo nel cuore marcio che vorrebbe esplorare. Succede per colpa di un tono troppo poco realistico e mai davvero drammatico, che ondeggia tra il grottesco e un umorismo totalmente fuori contesto. Peccato, perché l'indagine dell'ispettore Visconti intriga dall'inizio alla fine, ma è quasi sabotata da una sceneggiatura autolesionista, piena di distrazioni e depistaggi che distolgono l'attenzione dalla parte più interessante della trama. L'inserimento del figlio problematico di Visconti, infatti, risulta una scelta fatale che non aggiunge nulla di significativo al vissuto del protagonista, dando forma a una sotto-trama vuota e fastidiosa da seguire. A mancare è anche un'ambientazione funzionale al racconto. Tutto in Black Tide è freddo ma mai davvero disturbante, sciatto ma mai davvero sporco e nauseabondo come dovrebbe e vorrebbe essere. Gli amanti del thriller avranno comunque il loro mistero di cui venire a capo. Un nodo che si scioglie lentamente sino al colpo di scena finale. Un colpo di scena davvero stupefacente solo per chi di thriller non ne ha visti poi così tanti.

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Vincent Cassel - Troppo personaggio per una persona

Black Tide Romain Duris Vincent Cassel
Black Tide: Vincent Cassel e Romain Duris in un momento del film

Il vero paradosso di Black Tide è che il suo presunto punto di forza diventa il suo inaspettato punto debole. Sì, perché il talento del carismatico Vincent Cassel questa volta non si presta alla nobile causa di un regista che ne perde totalmente in controllo. Questo perché la star francese si aggira per il film come una figura troppo ingombrante. Preda di una irrefrenabile smania di protagonismo, il commissario Visconti di Cassel ci è parso troppo sopra le righe e stonato con gli intenti drammatici del film. Troppo personaggio e poco persona, Visconti si presenta come un investigatore trasandato, scurrile e burbero, un uomo segnato da delusioni cocenti e pieno di imperfezioni verso cui, però, il pubblico non prova né empatia, né condanna. Resta lui l'emblema assoluto di un mondo adulto che esce dalla storia con le ossa rotte in ogni dove. Tutte le figure guida di questi giovani incompresi, sfuggenti oppure già deragliati sono fallimentari. Che siano genitori, insegnanti o poliziotti, gli adulti di Black Tide sono prede delle loro maree, troppo presi da se stessi per dare qualcosa agli altri. Lo stesso vizio di un film troppo adagiato su vecchi stereotipi per lasciare qualcosa che non sia il faccione sporco di un Vincent Cassel mai così vittima di se stesso.

Movieplayer.it

2.5/5