Black Tea, recensione: poetica e struggente, ma non priva di ambiguità la love story interrazziale di Sissako

Black Tea è la nuova pellicola diretta dal regista africano Abderrahmane Sissako, che torna alla regia dieci anni dopo Timbuktu. In sala.

Han Chang e Nina Melo in una scena sensuale

Storia d'amore interrazziale e interculturale, l'ultimo film di Abderrahmane Sissako è una pellicola che parla direttamente all'anima, come spiega la nostra recensione di Black Tea. Il regista originario della Mauritania fa ritorno dietro la macchina da presa a un decennio di distanza da Timbuktu per raccontare l'incontro tra due individui separati da etnia, famiglia e trascorsi, ma uniti dalla coscienza di voler rivendicare il proprio impegno alla ricerca della felicità. Ma piuttosto che esplicitare, il film lavora per ellissi e per suggestioni affidando alla raffinatezza del linguaggio filmico e alla bravura degli interpreti il compito di esplicitare il non detto.

Black Tea Nina Melo Han Chang Piantagione
Han Chang e Nina Melo nella piantagione di tè

Chiarissima, invece, la volontà di Aya (Nina Melo), protagonista di un intenso incipit ambientato in Costa d'Avorio. È un secco no della donna, che rifiuta di sposare il fidanzato fedifrago e abbandona il paese natale per cercare la sua strada in Cina, a inaugurare il suo percorso di emancipazione. Ma il film di Sissako è anche e soprattutto un ponte tra due culture visto che, dopo una lunga dissolvenza incrociata, ritroviamo Aya perfettamente integrata a Guangzhou, nel vivace quartiere di Chocolate City, popolato da una minoranza proveniente dall'Africa Occidentale. Come i suoi concittadini, Aya si esprime in un fluente mandarino pur conservando le tradizioni natie nelle acconciature vistose e negli abiti colorati che sfoggia, ma il suo incontro con l'Oriente ci apre gli occhi su forme di immigrazione ben più controllate di quelle occidentali di cui sappiamo poco o niente.

La sensualità insita nella cerimonia del tè

Black Tea Nina Melo Han Chang Pej Jen Yu
Black Tea: Han Chang, Nina Mélo e Pei-Jen Yu al negozio di tè

A Guangzhou, Aya sembra aver trovato la sua dimensione nel negozio di tè di Cai (Han Chang), dove apprende i segreti della cerimonia del tè grazie ai pazienti insegnamenti dell'uomo. Le loro lunghe sedute nel retrobottega, tra preparazione della bevanda, esplorazione degli aromi ed esecuzione perfetta dei gesti che vanno a comporre il rito, acquistano il sapore di un corteggiamento. In un film che racconta una relazione tra due persone negando alla vista qualsiasi manifestazione affettiva, le lezioni impartite da Cai ad Aya sono intrise di una profonda sensualità che si sprigiona nei gesti e negli sguardi.

Black Tea Dettaglio
La cerimonia del tè

Ma è il film in toto a sostituire l'azione con piccoli dettagli significanti, mettendo alla prova lo spettatore meno ricettivo. Abderrahmane Sissako privilegia i silenzi alle parole e i gesti dei personaggi sono spesso più esemplificatori dei dialoghi, poetici, ma misurati. Ogni singola parola sembra celare un mondo di emozioni, che gli interpreti evocano passando con fluidità dal mandarino al francese, dall'inglese al portoghese, motivo per cui il film va visto in lingua originale per non perdere la ricchezza di sfumature delle loro performance.

Ascoltare e guardare per comprendere la magia del cinema

Black Tea Nina Melo
Nina Melo versa il tè

Ondivago e introspettivo, Black Tea è un film dal passo languido che celebra la poetica delle piccole cose e della connessione tra individui attraverso la ricerca delle bellezza. Bellezza che si manifesta nelle variopinte vesti africane indossate dai personaggi, nell'elegante composizione del quadro, nelle musiche melanconiche e nella fotografia nitida e ricca di toni caldi dell'eclettico Aymerick Pilarski. La pellicola di Abderrahmane Sissako ci regala un'immersione nell'universo emotivo dei due protagonisti e nella loro concezione di amore, reciproco o di Cai nei confronti del figlio adolescente e della figlia perduta, con cui si ricongiungerà in un incontro tanto struggente quanto fugace vero o semplicemente sognato.

Black Tea Ke Xi Wu Michael Chang
Ke-Xi Wu e Michael Chang a tavola

Nonostante il dominio del sentimento, il regista non rinuncia ad affrontare temi sociali a lui cari quali immigrazione e integrazione. A infrangere l'armonia tra popoli conquistata attraverso l'incontro tra le culture di Chocolate City, che nella visione idilliaca del regista sembrano attratti da una sorta di fascinazione reciproca, intervengono gli anziani genitori dell'ex moglie di Cai in una tirata razzista contro gli africani a cui si oppongono dapprima l'appassionata arringa del figlio ventenne (il regista sembra identificare la speranza del cambiamento nelle nuove generazioni) e poi il canto melodioso di Aya, nascosta da Cai in camera da letto per non turbare con la sua presenza la fragile armonia familiare.

Il dominio del patriarcato non si scalfisce?

Black Tea Nina Melo Africa
Nina Melo decide di lasciare la Costa d'Avorio

Ancora una volta la bellezza viene valorizzata come forza suprema in grado di sconfiggere ignoranza, ottusità e odio, ma la scena risulta talmente estranea dal contesto da sembrare forzosamente "appiccicata" per portare avanti il discorso socio-politico che sta a cuore al regista. Con un'eccelsa confezione e l'adesione a una simbologia tipica del cinema orientale, Sissako sembra legittimare la discutibile morale di Cai, impegnato più ad autogiustificare gli errori commessi in passato che a costruire un futuro possibile con Aya, in un finale criptico e circolare dal retrogusto amaro che solleva molti interrogativi.

Conclusioni

Pellicola introspettiva fatta di gesti, sguardo e dettagli significanti, Black Tea omaggia il cinema orientale, da Wong Kar-Wai a Stanley Kwan, raccontando una storia d’amore attraverso suggestioni cinematografiche di grande bellezza. Nel labirintico scavo psicologico dei personaggi, magistralmente incarnati da Nina Melo e Han Chang, tali e tanti sono i sentimenti espressi o semplicemente evocati da rendere difficile la comprensione di ogni sfumatura agli spettatori meno ricettivi. Lascia perplessi il finale ambiguo dal sapore dolceamaro.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'eleganza della confezione.
  • Le incredibili performance degli interpreti, in particolare Nina Melo.
  • La fotografia suggestiva.
  • La rappresentazione dell'integrazione tra cinesi e africani.

Cosa non va

  • Il finale, ambiguo e discutibile.
  • L'abbondante non detto rende difficile districarsi nel vortice di suggestioni.
  • Alcuni momenti volutamente fuori contesto per ragioni ideologiche stonano nell'insieme.