Benvenuti a Mostropoli!
Ci troviamo di fronte ad una nuova favola Disney. Però questa volta non è una favola vera e propria, ma rappresenta quello che per la Pixar c'è "al di là della favola".
Tutto si svolge a Mostropoli, dove lavorano una serie di mostri che popolano le fantasie più terribili dei bimbi della Terra, mostri che, nottetempo, attraversano porte collegate agli armadi dei piccoliallo scopo di spaventarli. In realtà non sono cattivi, anzi, il loro è soltanto un lavoro (la Monsters & Co è una sorta di fabbrica che produce energia) e le urla dei pargoli servono soltanto per generare energia elettrica necessaria a mandare avanti la città. A rendere ancora più paradossale la situazione il fatto che i mostri sono addirittura vulnerabili alle loro "vittime": un semplice contatto con i bimbi potrebbe risultare fatale, e mettere in pericolo la popolazione di Mostropoli. Ed è così che scoppia il vero e proprio disastro, quando una bimba riesce ad entrare nel mondo di Mostropoli da una delle porte incriminate...
Al di là della trama, molto semplice per certi versi, il film non delude le aspettative, anzi tiene incollati gli spettatori per tutta la durata della pellicola, soprattutto a partire dal colpo di scena che, però, arriva quasi alla metà del film, dopo una comunque neravigliosa prima parte più introduttiva e focalizzata sulla descrizione della società di Mostropoli e dei suoi abitanti. I personaggi sono caratterizzati benissimo e sono molto carismatici, in particolare il divertentissimo Mike, il mostriciattolo verde monocolare spalla di Sulley (una specie di Yeti blu), per non parlare della dolcissima Boo, la bimba che sconvolgerà la vita di questa ridente cittadina di mostri.
Una doverosa menzione per i doppiatori della controparte americana del film, attori del calibro di John Goodman, Billy Crystal, Steve Buscemi e James Coburn, mentre in italiano si fa notare la voce del perfido Randall, Daniele Formica, che ha avuto anche una nomination come miglior voce caratterista al Festival del doppiaggio di Sanremo.
Come dicevamo prima, la seconda parte del film assume una carica emotiva e visiva maggiore e mette in luce anche il grandissimo lavoro svolto dai programmatori e artisti della Pixar: tutto in quel mondo è credibile, la vita scorre in maniera realistica e tutte le trovate, nella loro "follia", sono d'effetto: i personaggi sono creati in modo magistrale e tutti i dettagli frutto di un processo curato in ogni sua piccola parte. In particolare stupisce la pelliccia di Sulley (piu di 100 mila peli, ognuno realizzato e animato singolarmente) con le sue sfumature, fonti di luce e colori, e la moltitudine di sorprendenti modelli 3D creati dalla Pixar che rendono ancora più appetibile il progetto e dimostrano la cura maniacale che sottende ad esso.
Altra chicca realizzativa è la presenza durante i titoli di coda finali di tutti i "bloopers", a mò di scene tagliate, in cui incappano i personaggi durante le immaginarie "riprese", che servono a creare un senso di realismo ancora più efficace.
Il mix è fondamentalmente ben riuscito, tralasciando i minuti iniziali di "riscaldamento", e produce nello spettatore un senso di tensione e sospensione dell'incredulità che a pochi cartoni animati moderni è riuscito di raggiungere.