Benvenuti a EarthSea
Grande attesa al Festival per l'esordio di Goro Miyazaki, che cerca un posto al sole lontano dall'ombra ingombrante del grande Hayao, maestro indiscusso dell'animazione incoronato nel 2005 a Venezia con il Leone alla carriera. Da amministratore delegato del Museo Ghibli a regista, il passo non è stato immediato, ma una volta entrato nell'orbita del Gedo Senki, realizzato dalla squadra più giovane dello Studio Ghibli, ha finito per dirigerlo anche contro la volontà di papà Hayao che non lo riteneva ancora pronto e sufficientemente esperto per guidare in porto un film d'animazione. Per il suo debutto alla regia, Goro ha optato per un progetto che gli permettesse di basarsi su una solida e ricca base narrativa su cui innestare lo sviluppo grafico e artistico.
Tratto, infatti, da una saga fantasy di grande successo come quella dell'autrice californiana Ursula K. Le Guin, sulla quale Hayao aveva già messo gli occhi non riuscendo però mai a concretizzarlo, il film si concentra in particolare sul terzo volume del ciclo, La spiaggia più lontana. Il racconto prende le mosse dal tentativo del potente Arcimago Sparviere di scoprire chi turba l'equilibrio nel mondo di EarthSea (Terramare) rendendo sempre meno efficaci le sue magie. Nel corso del suo cammino incontra il Principe Arren, fuggito da casa dopo che una forza misteriosa e incontrollabile ha preso su di lui il sopravvento portandolo alla drammatica uccisione del padre. Grazie anche all'aiuto della maga Tenar e della giovane Therru, dal passato doloroso e solitario a causa dell'ustione che le ricopre metà del viso, Sparviere e Arren fronteggeranno Lord Cob, il viscido e androgino mago pronto a ricorrere a tutto
pur di riuscire a realizzare la sua ossessione: la vita eterna, l'eterna giovinezza che dominerà e cancellerà per sempre la paura della morte.
Dotato di quella valenza universale che lo Studio Ghibli riesce da sempre a imprimere alle sue produzioni, nonostante esse siano radicate e permeate nella cultura giapponese in cui sono state concepite e create, Gedo Senki è un'opera che si mantiene in qualche modo legata all'eredità paterna per lo spunto ecologista, la predilezione per la materia fantasy, la tematica della stretta connessione che esiste tra il nome e l'identità di una persona, così come il richiamo al character design dei protagonisti di tanti manga e poi anime di Hayao come Nausicaa della Valle del Vento e Conan, percitare solo due titoli.
A dispetto dell'animazione fluida e del character design accurato, il film di Goro non raggiunge mai le vette artistiche, inventive e narrative dei lungometraggi del padre, anche se è senz'altro ingiusto porli come pietre di paragone di questo lavoro, che rimane un prodotto fantasy allo stato puro rivolto nei contenuti e nelle tavole in particolar modo al pubblico più giovane - giapponese prima di tutto, ma non solo - che vive in uno stato di perenne precarietà nei confronti del presente e del futuro, paralizzato dalla paura di morire ma soprattutto di vivere. La scelta di concentrare le vicende avventurose, magiche ed emotive della trama su pochi personaggi si è rivelata in questo senso una scelta felice, perché uno degli aspetti meglio riusciti del film è la caratterizzazione del principe Arrean, il quale incarna molti dei disagi e delle insofferenze che gli adolescenti provano nel momento in cui sono - giocoforza - costretti a diventare adulti. La crescente consapevolezza della responsabilità delle proprie azioni e l'animo tormentato del giovane, simbolicamente ma anche concretamente diviso tra rabbia e saggezza, oscurità e luce, è uno degli elementi più moderni e poetici di Gedo Senki.
Manca, invece, l'umorismo che accompagnava le opere del maestro Hayao ma, vista la voglia di Goro espressa a Venezia di continuare a dirigere in un prossimo futuro avendone l'opportunità, si spera che questo sia solo l'inizio di una lunga e magari più personale carriera di cartoonist.