Invecchia come il buon vino il nostro Marco Bellocchio, autore dell'eccellente Il regista di matrimoni, il suo ultimo film, dal prossimo 21 aprile in 201 sale italiane. Presentando il film alla stampa romana, in compagnia dell'attore protagonista Sergio Castellitto e di numerosi altri componenti del cast tecnico ed artistico, il regista piacentino ha avuto modo di chiarire molti elementi della sua pellicola, come del suo generale modo di intendere il cinema, in un vivace incontro con i giornalisti. Il film (in attesa dell'ufficializzazione della presentazione internazionale al prossimo festival di Cannes) racconta la fuga disperata di un ex regista di matrimoni, incompreso da sua figlia e stanco del suo costante incedere quotidiano, tra provini, strane indagini sulla sua persona e un inutile film sui Promessi Sposi.
Riguardo alle numerosi questioni sollevatesi rispetto alle possibili interpretazioni di un film dallo stile ricercato ed onirico come quello di Il regista di matrimoni, Bellocchio sostiene: _ Il mio film procede quasi sempre per scene e sequenze non finite. Nonostante si sostenga su una drammaturgia interna presente e coerente, il tutto appare sospeso_. Proseguendo, il regista italiano afferma una vera e propria urgenza rappresentativa: _ non mi interessa spiegare ogni immagine secondo il modello del cinema americano, dove ogni elemento ha un senso. Volevo assolutamente allontanarmi dalla struttura narrativa e drammaturgia più tradizionale. In questo senso abbiamo scelto di operare con un montaggio molto complesso, che favorisse questa esigenza_. Inoltre, prosegue il regista, _ il plot si adattava a questa urgenza. Si tratta di un percorso semplice, da fabia: un uomo che vuole fuggire da un progetto fallimentare e si ritrova in un altro contesto circondato da personaggi che lo rimetteranno alla prova e lo costringeranno a lottare per qualcosa_. Sulla questione interviene anche l'attore Castellitto che individua un'interessante continuità tra il suo personaggio e quello interpretò in L'ora di religione - Il sorriso di mia madre.
Anche in questo caso si parla della crisi di un uomo e di un artista. In L'ora di Religione il mio personaggio però faceva i conti con un passato, mentre qui è il presente ad angosciarlo. Un presente che lo porta a decidere di fuggire; un gesto, quello della fuga, che non è da vedere come negativo perché sceglie di rifiutarsi di fare quel film, per finire su un altro girone dell'inferno, un altro set.. In questo percorso l'attore italiano vede la grande forza del film di Bellocchio: Fuggendo mette in scena il riappropriarsi dell'esistenza, postula che la vita è più importante dei personaggi che vengono rappresentati.. E' per questo, che più che una fiaba, il film è un racconto sull'Italia, solo che è un racconto visto dal retropalco, narrato attraverso codici rappresentativi più complessi di quelli usualmente utilizzati. Un omaggio generoso e giustificato, quello fatto al regista, che si fa ancora più chiaro quando Castellitto, pungolato a faree un giudizio di Bellocchio aggiunge:la grande autorevolezza di Marco sta nel lavorare sui dubbi e sulle incertezze. Sul set, come in sala montaggio. La crisi, in un artista è il suo momento cruciale, la sua forza. Se si avesse perfettamente chiaro quello che si vuole fare in ogni momento, difficilmente il film emanerebbe questa grande potenza di suggestione. Non è un caso, infatti, che un regista ateo come Marco, scelga me, uomo credente, per i suoi personaggi, amplificandone le contraddizioni.
Il tema della religione, dei simbolismi rappresentativi, come l'autobiografismo sono altri temi da sempre accomunati al regista piacentino e su cui ci si è soffermati molto anche in questa occasione. Per ciò che concerne il tema della religione, Bellocchio si sofferma solo leggermente, sostenendo: sul tema della religione mi sono espresso spesso. Affermare il proprio ateismo, in periodi in cui tutti, da destra a sinistra, si rivendicano credenti, è decisamente fuori moda. Quello che auspico è comunque una tolleranza maggiore, almeno la stessa che ho io da non credente; un riconoscimento di questa possibilità in altre parole. Più insistite le questioni in merito agli elementi autobiografici presenti nel film. Bellocchio, è chiarissimo anche in questa occasione: in un certo modo tutto è autobiografico; dipende cosa si vuole intendere con questo concetto. Non solo, dipende anche dalla qualità della propria autobiografia, in pratica dalla propria vita, formazione, cultura. Se non suscitano interrogativi od interesse non valgono neanche degli spunti autobiografici. Un film è autobiografico nella maniera in cui è essenzialmente molto personale, ma questo non significa che i fatti pratici del personaggio rispecchiano miei esperienza di vita concreta, quanto piuttosto che abbiano valore simbolico.