L'Argentina della dittatura militare. La Svizzera dei banchieri e affaristi. Il regista ginevrino Andreas Fontana esplora il connubio tra questi due mondi in Azor, felice opera d'esordio che, dopo il passaggio ai Festival di Locarno e Londra, è disponibile in streaming su Mubi dal 3 dicembre. Per raccontare questa discesa negli inferi in giacca e cravatta, Fontana si affida a un perfetto alter-ego, l'italo belga Fabrizio Rongione, che interpreta un banchiere svizzero intento a far visita ai suoi facoltosi clienti in Argentina dopo la misteriosa scomparsa del suo socio. Il banchiere, accompagnato dalla moglie bella e mondana, si muove in un mondo di agi e connivenza per riconquistare la fiducia (e il denaro) dei suoi clienti in un paese stretto nella morsa di una dittatura strisciante, che molti membri dei ceti alti sostengono senza clamori.
Scandito da cinque capitoli, Azor offre uno sguardo impietoso sulla connivenza tra potere, ricchezza e violenza in una nazione lacerata raccontando le vite di coloro che non sono stati toccati, se non in minima parte, dagli orrori del regime. Il film aderisce, però, al punto di vista di uno straniero, il ginevrino Ivan, che sperimenta una sorta di oscuro percorso di formazione, mettendo a tacere ogni remora morale per proteggere i suoi affari. "Ho scelto di raccontare questa storia per esplorare una figura mai raccontata nel cinema, quella del banchiere privato" ci racconta Andreas Fontana in collegamento da Londra. "Di questo mestiere mi ha sempre impressionato la capacità di conoscere i segreti più intimi dei clienti. E poi mio nonno era banchiere privato a Ginevra, anche se nel film non c'è niente di biografico. La mia storia familiare è stata una porta d'accesso a un mondo in cui è difficilissimo entrare".
Gli ingredienti della tensione narrativa
Seppur dominato da un'atmosfera carica di tensione, Azor fa la scelta di non mostrare mai gli orrori e le violenze della dittatura. Il film si limita a mostrare una serie di incontri tra Ivan e i suoi clienti, ma sui party sfarzosi e gli aperitivi a bordo piscina aleggia un senso di inquietudine. "Howard Hawks diceva che un buon dramma consiste in un personaggio messo in una situazione di pericolo" ci spiega Andrea Fontana. "La tensione è insita nella situazione. Il contesto della storia non è così vicino a noi perciò mi sono posto il problema di come raccontare questa storia. Forse i giovani non sanno molto della situazione dell'Argentina della dittatura, ma io ho scelto di concentrarmi sul punto di vista del banchiere senza occuparmi di ciò che ritenevo superfluo". Il regista si è posto, inoltre, un problema legato alla moralità della storia e dello stile. "Da spettatore, amo i film d'azione ricchi di violenza" ammette. "Ma in questo film fare della violenza uno spettacolo sarebbe stata un'oscenità e in una storia come questa l'oscenità sta altrove".
Per amplificare la tensione in Azor, Andreas Fontana si è avvalso dell'aiuto del compositore Paul Courlet, che ha firmato una colonna sonora tesa e inquietante, musiche che si sposano alla perfezione con la storia narrata. Per Fontana, "Paul non ha ancora avuto il riconoscimento che si merita, forse perché se ne sta nel suo paesino nel Giura. Io lo avevo ascoltato dal vivo in alcuni concerti, ma questa era la sua prima esperienza col cinema. Gli ho chiesto di poter ascoltare dei materiali inediti e sono rimasto impressionato. Ho pensato 'Ci siamo, questa è la musica del film'". Fondamentale, inoltre, l'apporto del protagonista Fabrizio Rongione, il cui metodo di lavoro consiste principalmente nel "creare una relazione col regista. Quando sente di avere la fiducia del regista, è pronto ad andare in qualsiasi direzione e a provare di tutto. Non abbiamo mai parlato della psicologia del suo personaggio, Ivan, e non ha usato il metodo americano. Ivan è principalmente una proiezione dello spettatore".
Azor, la recensione: Don't Spy On Me, Argentina
Quando il passato riaffiora
La storia familiare di Andreas Fontana gli ha fornito fonti di prima mano a cui poter attingere per ricostruire i rapporti commerciali tra la Svizzera e l'Argentina della dittatura militare. A questo know how si sono aggiunti due anni di ricerche storiche in Argentina e in Svizzera. "Ho parlato con clienti delle banche, professori universitari e giornalisti" ricorda il regista "ma soprattutto ho esplorato i luoghi che vedete nel film, gli hotel, l'ippodromo. Ho scattato molte fotografie che mi sono servite per costruire l'aspetto visivo. Gli spazi, nel film, sono fondamentali, sono spazi in cui si tengono incontri privati perciò devono essere silenziosi e un po' segreti. Le location mi hanno influenzato molto in fase di ripresa".
Fontana ammette di non aver avuto grandi difficoltà ad accedere a questi luoghi del potere argentini in virtù della buona relazione con la Svizzera: "Non ho avuto problemi perché ho un passaporto svizzero e sono molto educato. In Argentina siamo molto ben visti, quasi idealizzati". Diversa la ricezione di Azor da parte del pubblico svizzero. Il motivo? "Non siamo ancora venuti a patti con questa parte della storia. Per me è un po' come mostrare l'elefante nella stanza, e poi non è ancora finita. In Svizzera non abbiamo una tradizione polemica e non amiamo parlare di scandali. L'Argentina invece è un paese molto più sanguigno e conflittuale". A conclusione di questo viaggio alla scoperta del male, impossibile non citare Cuore di tenebra di Joseph Conrad, evocato nel capitolo finale del film, intitolato Lazarus, da un viaggio notturno sul fiume. Citazione tutt'altro che causale: "Non posso nasconderlo. Con molta modestia mi sono chiesto 'Cosa avrebbe fatto Conrad nella mia situazione?' Ne ho fatto una trasposizione ed è stato molto stimolante confrontarmi con la letteratura coloniale di questo valore".