Augure - Ritorno alle origini, la recensione: verità e inferno nel cinema lisergico di Baloji

La recensione di Augure - Ritorno alle origini: una pellicola complessa, visivamente spettacolare e dalla forte connotazione politica quella diretta da Baloji. Al cinema.

Augure - Ritorno alle origini, la recensione: verità e inferno nel cinema lisergico di Baloji

Una storia che tratta un ipotetico ritorno alle origini parte da qualcosa che mira al racconto di una riscoperta di se stessi, puntando ad un'integrazione tra il passato, presente e futuro. Ecco, Augure - Ritorno alle origini, al cinema dal 18 aprile 2024 con I Wonder Pictures, è praticamente l'opposto di tale concetto. Il titolo arriva infatti a proporre una destrutturazione di questo genere di racconto, combattendo una battaglia di denuncia contro il colonialismo moderno e affermando l'impossibilità di poter sanare certe fratture.

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Augure, lo sguardo cinematografico di Baloji

Premiato al Festival del Cinema di Cannes 2023, la seconda pellicola da regista di Baloji (anche attore, cantante e musicista) dopo Zombie parla di una storia che esaspera (anche visivamente) il gap culturale tra Africa e Europa (i due continenti che si dividono l'anima del protagonista nel caso specifico) al punto da registrare una evidente impossibilità di conciliazione e, anzi, mostrando come uno sforzo in questo senso rischi di sfociare in un vano tentativo di riempire un vuoto. Nel farlo, il film utilizza un linguaggio totalmente proiettivo, trasformando il viaggio verso le proprie radici un odissea all'interno di un caotico, colorato e brutale mondo parallelo. Il tutto raccontato attraverso diversi personaggi e mischiando generi e registri differenti (neorealismo magico e horror in primis). Una pellicola strutturalmente anarchica, visivamente estrema, idiosincratica nei toni e nelle attitudini, come una fornace pulsante di immagini in continua evoluzione pronta ad inghiottire lo spettatore.

La parabola dello "zabolo prodigo"

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Lucie Debay e Marc Zinga, i protagonisti

Una delle poche cose che rispecchia lo scheletro tradizionale di questo tipo di racconto è la premessa autobiografica: Baloji, come Koffi (Marc Zinga), il protagonista di Augure - Ritorno alle origini, ha infatti deciso di abbandonare la Repubblica Democratica del Congo per andare a cercare fortune economiche in Belgio. La pellicola parte proprio da qui, mostrandoci il ragazzo africano nella tranquillità della sua vita quotidiana insieme alla compagna Alice (Lucie Debay), futura madre dei suoi figli. Una relazione sana e felice, che i due giovani hanno deciso di coronare con il matrimonio, ma prima di compiere il grande salto Koffi vuole tornare nella sua terra natale per presentare la ragazza alla sua famiglia e portare la dote a suo padre.

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Augure: ritorno alle origini, un frame del film

Un modo per rispettare le tradizioni del suo Paese e anche per fare pace con un passato difficile, rappresentato dai suoi genitori, dai zii e dalle sue sorelle, che lo hanno sempre rinnegato, costringendolo infine a fuggire, come marchiato da una vergona insanabile. A ben vedere il ritorno non è infatti di quelli più felici, dato che il padre è introvabile da giorni, costretto a rimanere nelle miniere dove lavora, mentre la madre (Yves-Marina Gnahou) e gli altri parenti riservano a lui e alla sua fidanzata bianca un'accoglienza che definire "gelida" è poco. Le cose tra l'altro peggiorano ulteriormente a causa di un piccolo incidente che rivela come Koffi sia stato sempre considerato dai suoi cari uno zabolo, ovvero una persona posseduta da una sorta di spirito maligno.

Ecco rivelato il trauma nascosto nel ragazzo, il quale, ancora una volta cacciato, troverà rifugio presso sua sorella Thsala (Eliane Umuhire), l'altra pecora nera della famiglia, in attesa dell'aereo per tornare in Europa. I giorni rimasti prima del volo saranno per lui un modo per riflettere sulla frattura maturata dentro di lui, attraverso un'indagine interiore e la conoscenza di uno strano ragazzo di strada vestito come una principessa delle favole.

Catabasi di un Paese intero

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Lo sguardo lisergico di Baloji

La pellicola di Baloji è così ambiziosa nella sua complessità da essere quasi incosciente, eppure ha una forza visiva e una potenza epidermica straordinarie. Il protagonista compie quella che si potrebbe definire una "catabasi junghiana", un viaggio nel proprio inferno personale dove affrontare i propri demoni per uscirne vincitori e rigenerati. Discesa che il regista decide di sfruttare per ampliare il proprio raggio d'azione, utilizzando altri personaggi per parlare di questioni politiche, sociali e religiose.

Il buco nero al centro dell'anima e della vita di Koffi, simbolo di una maternità negata da parte di una madre vittima di tradizioni crudeli, diventa l'entrata della miniera dove lavora il padre. Quella che lo inghiottirà, impedendo al figliol prodigo di avere il suo incontro risolutore, come ha inghiottito tanti altri lavoratori di una generazione africana costretta dagli europei a morire con l'illusione di poter cambiare il futuro del Paese. Un Paese che ora è in preda allo smarrimento più totale, come tutti i ragazzi che ci vivono o che hanno deciso di abbandonarlo con un peso gigantesco nel cuore, costringendosi ad una lacerazione insanabile.

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Baloji: alla ricerca dell'idenitità perduta

La meraviglia di Augure - Ritorno alle origini non sta solo nella ricostruzione di questo viaggio pieno di sovrastrutture, ma anche e soprattutto la restituzione di questo mondo in crisi di identità attraverso una dimensione a metà tra realtà e immaginazione. Un mondo steampunk, lisergico, fiabesco, orrorifico, post-apocalittico, violento e imprevedibile. Tale visione potrebbe risultare illogica, confusionaria, distruttiva e a tratti anche stereotipata, quando invece ruota intorno al desiderio di raccontare la verità, unico modo per prendere coscienza di chi si è e di chi si è stati e poi guardare finalmente verso il futuro.

Conclusioni

Nella recensione di Augure - Ritorno alle origini vi abbiamo parlato della seconda pellicola da regista di Baloji, musicista, cantante e attore. Un film complesso che destruttura il tradizionale racconto del ritorno alle origini per presentarci un trattato politico, storico e sociale sottoforma di un viaggio in un mondo infernale. Un titolo che gioca con i generi, gli stereotipi e i registri linguistici e che vanta una ricchezza visiva fuori dall'ordinario al punto da assumere la forma di una fornace di immagini pronta ad inghiottire lo spettatore.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • La ricchezza immaginifica, viva e imprevedibile.
  • La capacità di mischiare generi e toni differenti.
  • Il racconto di un viaggio tra realtà e magia.
  • La denuncia politica precisa e significativa.

Cosa non va

  • Una pellicola complessa e a tratti caotica.
  • Il continuo cambio di tono e punto di vista può confondere.