Con la recensione di Antigone ritorniamo ad altri tempi, più tranquilli, tempi in cui manifestazioni come il Toronto International Film Festival (dove la pellicola ha debuttato nel settembre del 2019, vincendo il premio come miglior titolo nazionale) e la Festa del Cinema di Roma (dove ha avuto il suo primo passaggio italiano un mese dopo la proiezione canadese) si potevano svolgere senza limitazioni o condizioni particolari (Toronto, che solitamente accoglie una fetta nutrita di stampa internazionale, ha spostato le ultime due edizioni su un'apposita piattaforma web per quanto riguarda gli addetti ai lavori). Tempi in cui non ci interrogavamo più di tanto sul destino post-festival di un film come questo, scelto anche per rappresentare il Canada agli Oscar nel 2020, che ora arriva nelle sale, due anni dopo la tappa romana, per dare un segnale forte circa l'offerta disponibile al cinema per chi non si interessa ad alieni, supereroi e agenti segreti. Certo, anche qui ci si ricollega a un testo con una lunga storia dietro, ma di tutt'altra fattura rispetto ai franchise che dominano il botteghino oggigiorno.
Fratello, che hai fatto?
Antigone aggiorna al Canada di oggi la celebre tragedia di Sofocle, raccontando la storia di una famiglia di immigrati di origine algerina. Per l'esattezza, a Montréal arrivano Méni e i suoi quattro nipotini, Eteocle, Polinice, Ismene e Antigone, costretti a fuggire dal loro villaggio in Algeria dopo la morte dei genitori dei ragazzi. L'adattamento alla nuova vita sul continente nordamericano è molto diseguale: Antigone è una studentessa modello, mentre Polinice si dà alla delinquenza con un gruppo di giovani criminali, chiamati Habib. Un giorno interviene la polizia, e in quell'occasione Eteocle muore, mentre Polinice viene arrestato e, non avendo ancora la cittadinanza canadese, rischia la deportazione. Convinta che lui non sopravvivrebbe nel villaggio natale, Antigone cerca di escogitare uno stratagemma con l'aiuto dell'amico Emone, e la sua causa diventa un fenomeno virale sui social. Ma l'aiuto della rete sarà sufficiente per salvare il fratello?
Giustizia contemporanea
La regista e sceneggiatrice Sophie Deraspe, al quinto lungometraggio, ha deciso di mescolare gli elementi del testo di Sofocle (l'amore fraterno e la giustizia del cuore contro quella tradizionale) con l'adattamento libero di un fatto di cronaca nera risalente al 2008, quando un immigrato honduriano fu ucciso da due poliziotti, rimasti impuniti nonostante la morte del giovane fosse immotivata. Ed è proprio quando si discosta maggiormente dal canovaccio greco e si concentra sulle falle del sistema giudiziario del Québec che il film mette in evidenza la propria forza espressiva, rappresentata principalmente dalla grande performance di Nahéma Ricci, veicolata soprattutto attraverso strazianti primi piani. Solo in alcuni punti si percepisce la natura parzialmente teatrale del progetto, ma questi non diluiscono più di tanto l'impatto emotivo di una pellicola che mette a nudo le ingiustizie di oggi partendo da una tragedia di secoli fa. E lo fa con una forza tematica e visiva che giustifica pienamente andarlo a scovare in sala, dove si troverà in una posizione di svantaggio per come il pubblico odierno è stato abituato ma, come la giovane Antigone, non per questo demorderà.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Antigone sottolineando come si tratti di un'affascinante rilettura del testo di Sofocle che mette a nudo le ingiustizie di oggi in ambito canadese e rivela il grande talento della giovane attrice Nahéma Ricci.
Perché ci piace
- L'aggiornamento della tragedia greca è fatto con criterio e intelligenza.
- Nahéma Ricci è di una bravura straziante.
Cosa non va
- Alcuni punti sono un po' troppo teatrali.