Era il 2009 quando la "brava moglie" Julianna Marguiles approdava in tv dando un bello scossone al genere legal con The Good Wife e portando l'attualità nella trama come mai visto prima. Ora 11 anni dopo c'è un nuovo giudice in città, e risponde al nome di Lola Carmichael a cui presta il volto Simone Missick, di cui vi parliamo in questa recensione di All Rise, la nuova serie in arrivo dal 16 ottobre su Premium Stories. Siamo sempre in casa CBS ma questo legal drama cattura non solo per l'attenzione ai temi d'attualità come la questione razziale, molto cara allo show, ma anche per il nuovo punto di vista del racconto, quello di un giudice, di solito guest intrigante o personaggio sullo sfondo, qui invece al centro della scena.
SBATTI IL GIUDICE IN PRIMA PAGINA
Fin dalle prime scene All Rise ("tutti in piedi", ciò che dice il cancelliere all'inizio di un processo per far entrare il giudice in aula) mostra la vita prima professionale - e personale - di Lola Carmichael, fresca di nomina come giudice della Corte Suprema di Los Angeles, donna di colore che ha sempre combattuto per la propria posizione e il proprio ruolo nella sua "scalata" al sistema giudiziario. Da subito la vediamo dover abituarsi al nuovo ruolo e alle regole che esso comporta, e che sono diverse da quelle di un avvocato. Da subito inizia un simpatico rapporto conflittuale con l'assistente assegnatale, la quale non crede nella creatività dei giudici ma piuttosto nella praticità e nell'efficienza. "L'aula è mia" dirà spesso Lola durante lo show ma non in senso possessivo, piuttosto con quel tono materno di calore familiare e di protezione verso i propri cuccioli.
Suo migliore amico è il vice procuratore distrettuale Mark Callan (Wilson Bethel), idealista nonostante la sua posizione sia diversa da quella di un avvocato, e quindi sottostante a determinate regole, e che aiuta Lola ad affrontare questa "transizione" da avvocato a giudice. Gli altri sguardi inediti fra le aule di tribunale e fra i suoi meccanismi in All Rise li troviamo fra gli altri protagonisti: dal vice sceriffo Luke Watkins (J. Alex Brinson), poliziotto di colore, responsabile di far entrare le persone in aula per Lola, alla stenografa Sara Castillo (Lindsay Mendez), dolce e dal sorriso sempre pronto. Quello di Lola non è quindi l'unico punto di vista del racconto, poiché anche gli altri personaggi ne forniscono altrettanti, sulle stesse tematiche. Ciliegina sulla torta l'ex CSI Marg Helgenberger nei panni del "mentore" di Lola, il Giudice Lisa Benner (senza dimenticare il santino nell'ufficio di Lola, Uhura di Star Trek).
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L'AULA DI TRIBUNALE COME DOVREBBE ESSERE
Aaron Sorkin aveva scritto "una lettera d'amore al giornalismo" col suo The Newsroom, e All Rise sembra fare lo stesso con l'aula di tribunale. Il serial non solo è fortemente legato all'attualità, ma vicino soprattutto ai casi di immigrazione e razzismo, cercando di mostrare sempre ciò che il sistema giudiziario dovrebbe fare o riuscire a fare, e non ciò che spesso la realtà, i cavilli e altre questioni pragmatiche portano come risultati in tribunale. Tra i personaggi infatti figura anche il difensore pubblico Emily Lopez (Jessica Camacho), spesso vicina ai casi di immigrazione, per non dimenticare il punto di vista dell'avvocato ma legarlo a una tematica specifica. All Rise unisce l'attenzione al realismo e all'attualità di The Good Wife, all'idealismo di The Newsroom, raccontando come il sistema giudiziario dovrebbe essere, e di come dovrebbe proteggere tutti, sempre.
Ciò che aveva già fatto Giudice Amy con i casi minorili, All Rise lo fa con quelli razziali, legati all'immigrazione e non solo. È inoltre una delle poche serie che è riuscita in corso d'opera a "sfruttare" la caratteristica "creativa" del giudice Lola Carmichael per affrontare un caso a distanza quando si è presentata la pandemia di Covid-19 nella realtà, girando e affrontando un caso virtualmente. Un legal drama che sicuramente nella prossima stagione, dopo quanto avvenuto con la morte di George Floyd e il movimento Black Lives Matter, dovrà fare i conti anche con casi inerenti il pregiudizio razziale della polizia, che viene già mostrato in questo primo ciclo attraverso il personaggio di Luke.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di All Rise felici di vedere un prodotto generalista che sa raccontare qualcosa di nuovo, o comunque con un nuovo punto di vista, quello del giudice così come della stenografa o del cancelliere. Capace di rinverdire un genere come quello del legal drama. La passione, la determinazione e la dolcezza di Simone Missick traspaiono tutte nella sua Lola Carmichael ed è altrettanto avvincente vedere i casi di puntata affrontati in modo “creativo”, e con un’attenzione particolare all’attualità. Senza il cinismo di The Good Wife ma piuttosto con l’idealismo “donchisciottesco” di The Newsroom, rappresentando come il sistema dovrebbe essere piuttosto che di com’è in realtà.
Perché ci piace
- I protagonisti ottimamente scelti, a cominciare dalla carismatica Simone Missick nei panni di Lola Carmichael.
- I casi di puntata, creativi, legati all’attualità e a tematiche importanti.
- Il ritmo veloce, fresco e divertente pur trattandosi di un legal drama.
Cosa non va
- La serie resta comunque legata al “caso della settimana”, mostrando una trama orizzontale per i protagonisti più debole se vista nel quadro generale.