Tragedia, disperazione, platealità, circo mediatico. Il nuovo film del geniale regista de La comunidad - Intrigo all'ultimo piano, Il giorno della bestia e del bellissimo Ballata dell'odio e dell'amore, vincitore del premio Osella per la Migliore Sceneggiatura e del Leone d'Argento per la Miglior Regia a Venezia '67, ruota attorno alla figura di Roberto, un pubblicitario freelance la cui carriera, lanciata tanti anni prima dallo spot della Coca Cola in cui si paragonava la gustosa bevanda ad una scintilla, a "la chispa de la vida" (letteralmente la scintilla della vita, intesa nel film anche come 'colpo di fortuna'), è purtroppo arrivata al capolinea. La crisi economica sta mettendo a dura prova le condizioni finanziarie della sua famiglia e Roberto è in profonda crisi. Senza lavoro, senza soldi per pagare le rate del mutuo e gli studi dei suoi ragazzi, Roberto è sull'orlo della disperazione e decide di fare un ultimo colloquio chiedendo aiuto ad un suo vecchio amico. L'ennesima porta chiusa in faccia fa piombare Roberto in un profondo sconforto. Per risollevare la giornata decide di fare comunque una sorpresa alla moglie Luisa andando a Cartagena per prenotare un soggiorno nell'hotel della loro luna di miele. L'ennesima triste verità con cui Roberto dovrà fare i conti è che l'hotel è stato demolito e al suo posto è stato costruito un museo. Affranto per l'ennesima delusione, mentre cerca disperatamente l'uscita, l'uomo rimane vittima di un assurdo incidente che cambierà per sempre la sua vita. Immobilizzato a terra con un tondino di ferro infilato nel cranio, Roberto attirerà su di sé gli occhi indiscreti di avvocati e grandi manager, nonché di tutti i media che in ogni modo possibile cercheranno di strumentalizzare l'incidente scatenando una vera e propria corsa allo scoop. Una società malata quella raccontata da Álex de la Iglesia ne La Chispa de la Vida (titolo internazionale As luck would have it) in cui perpetua la legge del più forte e regna sovrana la spettacolarizzazione del dolore. Abbiamo incontrato il regista Álex de la Iglesia, giunto a Berlino insieme agli attori protagonisti Salma Hayek, a Berlino con una mise blu notte davvero deliziosa, José Mota che interpreta Roberto e Carolina Bang, giovane attrice spagnola già splendida protagonista della Ballata dell'odio e dell'amore, qui nei panni della giornalista di una tv locale che non cede alla tentazione dello scoop rinunciando alla 'sua' chispa de la vida.
Perchè per il ruolo della moglie del protagonista ha scelto proprio Salma Hayek, un'attrice messicana, e non un'attrice spagnola? Álex de la Iglesia: La Chispa de la Vida è una pellicola ambiziosa piena di riferimenti all'attualità, che tratta tanti argomenti importanti che rispecchiano la società moderna. E quando ti prendi la responsabilità di raccontare storie così ricche di significato devi poter scegliere il meglio per riuscire a dare il meglio di te. E poi erano tanti anni che volevo lavorare con Salma, volevo un'attrice che non fosse troppo coinvolta nella realtà spagnola rappresentata nel film. Avevo bisogno di freschezza, di uno sguardo piuttosto distaccato dalla situazione attuale europea e Salma ha rappresentato la scelta perfetta.Come avete lavorato insieme sul set? Ha contribuito al suo ruolo o ha seguito senza discutere le sue istruzioni? Álex de la Iglesia: Per me è sempre molto importante il dialogo con gli attori, ho adorato i suoi suggerimenti sul set riguardanti il personaggio ed il film nella sua globalità, mi è stata di grande aiuto nel cercare quel particolare guizzo che potesse amplificare l'effetto che avevo in mente. E' stata molto generosa con me, non si è mai risparmiata, non è quel tipo di attrice egoista che pensa solo ad apparire bella e in forma sullo schermo, mi ha aiutato anche lei ad ottenere il risultato che volevo. E' anche vero che non c'era mai possibilità di una tregua, doveva sempre e comunque dire la sua su ogni cosa (ride).
Com'è stato per Salma Hayek lavorare con Álex de la Iglesia? Salma Hayek: E' stato meraviglioso lavorare con lui, per un attore lavorare con un regista che cerca in ogni modo di facilitarti il compito e di essere quanto più preciso possibile su quello che vuole vedere sullo schermo, è come un sogno che si avvera. Molti registi mentre giri ti dicono "sì, va bene, tutto ok" ma non sono realmente soddisfatti di come è venuta una scena, lo leggi dalla loro espressione. Álex è completamente diverso, prima si preoccupa di chiederti cosa pensi della scena e poi cerca di portarti nella giusta direzione. Quello che adoro di lui è la sua delicatezza nel costruire i personaggi, è un regista che si preoccupa di come essi rispondono alle sue sollecitazioni. In tutti i suoi film traspare sempre una grande imprevedibilità perché è la vita ad essere imprevedibile, ogni giorno lo è, tutti noi lo siamo. Come attrice mi ha messo in situazioni in cui non avrei mai pensato di potermi trovare.Qual'è stata la cosa più complicata con cui ha dovuto fare i conti durante le riprese? Salma Hayek: Ho impiegato molto tempo a capire quale fosse realmente il mio posto ed il mio ruolo in questo film. La Chispa de la Vida è un film con tanti personaggi ben caratterizzati e che raggruppa tanti generi cinematografici diversi e non sai mai cosa ti può capitare quando arrivi sul set. Considero i film di Álex molto vicini alle opere teatrali e quando è così per dare il meglio devi riuscire a capire qual'è la chiave giusta per affrontare il tuo personaggio nel modo migliore e riuscire a dare il tuo contributo affinché il risultato sia un successo. Ero tranquilla però quando guardavo Álex in volto avevo la netta sensazione che avesse un assoluto e perfetto controllo della situazione.
Quanto e perché è stato importante per lei realizzare La Chispa de la Vida? Álex de la Iglesia: Dopo diversi film ho avuto nuovamente l'opportunità di lavorare con una sceneggiatura non mia, un aspetto che mi ha permesso di dedicarmi interamente alla regia e di dare il meglio di me senza dimenticare alcun particolare. Nel film ho voluto raccontare la 'nuova dimensione' in cui tutti noi oggi ci troviamo, ho voluto regalare ai miei fan il film che non ti aspetti, sulla carta impossibile da pensare come una commedia ma molto più come una tragedia. Credo che il mix che sono riuscito a creare nel film rappresenti alla perfezione la vita vera, le sue sorprese inattese e le sue difficoltà. La realtà è che non possiamo mentire, non possiamo far finta che quello che ci sta capitando intorno non abbia cambiato o non stia per cambiare le nostre vite e il nostro modo di pensare al futuro. Di fatto siamo intrappolati, ogni giorno limitati nella nostra libertà, assuefatti ad una barbarie che fa venire i brividi. Credo che il tubo di ferro infilato nella testa del protagonista sia una splendida metafora di quello che ci sta accadendo.Nel film il protagonista è un pubblicitario disoccupato e precario che si ritrova a non avere più i soldi per mantenere la sua famiglia, non è un po' troppo cinica a suo avviso la rappresentazione di questa realtà? Álex de la Iglesia: Io stesso, nella mia vita, mi sono trovato più volte nella nella stessa condizione. Ho amici, parenti, conoscenti che sono in questa situazione, e lo stesso vale per la maggior parte dei giovani in Europa. Quella che viviamo è una grande crisi globale e quella che si vede nel film è una situazione difficile in cui tutti improvvisamente potremmo ritrovarci catapultati. Gli equilibri mondiali sono divenuti vulnerabili alla minima scossa, in ogni Paese si da ormai poco valore ai lavoratori e la realtà che dopo tanti anni le aziende ti buttano nella spazzatura come se nulla fosse. So che a volte posso sembrare eccessivamente cinico nelle mie stravaganze ma è pur vero che la vita di tutti i giorni ti mette di fronte a scelte difficili che possono segnare per sempre la tua vita e quella dei tuoi cari. La cosa più importante che vorrei rimarcare è che non bisogna mai perdere l'allegria e la dignità anche quando le cose si fanno difficili, nessuno ha il diritto di toglierci la speranza e la voglia di credere che il futuro sarà migliore del presente.
Qual'è stata la sfida più grande per José Mota nell'interpretare il ruolo del protagonista del film Roberto? José Mota: Sicuramente l'ostacolo più difficile da superare per me è stato quello di non poter usare il linguaggio del corpo per esprimere tutto quello che avevo dentro, potevo muovere solo la testa e mutare unicamente le espressioni del volto. Nei tre mesi di riprese del film ho dovuto sopportare di tutto, dalle 12 alle 13 ore al giorno ero disteso al freddo per terra senza potermi muovere e senza la possibilità di avere il riscaldamento durante il ciak perchè il calore avrebbe modificato la luce giusta necessaria al direttore della fotografia e allo scenografo. E' stata una grande sfida fisica per me che sono un attore di televisione non abituato a certi ritmi e a certi tour de force. Quello ne La Chispa de la Vida è stato senz'altro il ruolo cinematografico più importante della mia carriera che ha anche segnato il mio ritorno sul grande schermo dopo tanti anni. Voglio ringraziare tutti i miei colleghi che insieme ad Álex mi hanno sempre sostenuto e hanno creduto in me sin dal primo giorno.Qual'è stata la chiave di lettura che l'ha aiutata ad affrontare il suo ruolo nel modo migliore? José Mota: Avevo la responsabilità di raccontare la difficile situazione del mondo attuale attraverso il personaggio di Roberto, mi attirava moltissimo l'idea di raccontare come molti episodi della nostra vita siano in definitiva determinati unicamente dalla casualità. Di certo il mio intento non era quello di far ridere lo spettatore, nonostante spesso sia quasi impossibile non farlo di fronte al film, ma di spingerlo a fare i conti con la società odierna, con il menefreghismo imperante, con l'assoluta mancanza di umanità.